Nel corso della giornata di ieri abbiamo avuto l’occasione di provare la più recente delle build di The Witcher 3: Wild Hunt, in compagnia di CD Projekt RED, la casa di sviluppo polacca che negli ultimi anni è riuscita a portare su console e PC i romanzi di Andrzej Sapkowski e a conquistare una base d’utenza incredibilmente ampia. Tutta da soddisfare, tra l’altro. A due mesi dall’uscita, quindi, il nostro hands on ha preso vita nei panni di Geralt di Rivia, testando un lavoro che è figlio di quattro anni di sviluppo e che si prepara a raggiungere la pubblicazione il prossimo 19 maggio.
La missione che ci ha permesso di impegnare circa un’ora di gameplay è quella all’inseguimento del Grifone Reale, una ricerca facile, nonostante la sua complessità e il suo inanellare numerosi compiti da portare a termine, controbilanciata da un combattimento per nulla immediato: va da sé che ci siamo lanciati nella sfida senza eccessiva cura dei dettagli del nostro inventario e che, quindi, con maggior preparazione, soprattutto dal punto di vista dell’equipaggiamento avremmo risolto più rapidamente la battaglia. Ci sono voluti un paio di tentativi, invece, per battere il Grifone, ma soprattutto per trovare la strategia giusta, denotando qualche eccessiva legnosità nel gameplay offerto da The Witcher 3. Parliamo appunto dell’aspetto che strizza l’occhio al genere action, che persegue dei combattimenti dinamici fatti di colpi e schivate: è chiaro che ci troviamo dinanzi a un RPG, che non vuole assolutamente sposare la filosofia degli hack’n’slash, ma che si mostra impacciato in diverse soluzioni, soprattutto in fase di schivata. Poco apprezzabile anche l’aggiunta della balestra, la prima arma a distanza dell’intera saga: se all’inizio, infatti, sembrava la mossa più adeguata affidarsi ai suoi dardi contro il Grifone, al secondo tentativo, dopo il primo fallito, ci siamo accordi che era meglio affondare la nostra spada nella creatura alata, a costo di morire in un batter d’occhio, ma evitandoci un eccessivamente lento evolversi della battaglia. La stessa animazione di Geralt quando armato di balestra non ci è sembrata perfetta: il braccio armato compiva una strana rotazione, così come la testa, nel momento in cui si mirava a un obiettivo dietro la schiena o di lato. Tutti problemi che comunque giustifichiamo col fatto di trovarci dinanzi a una versione alpha del titolo e ai quali aggiungiamo anche qualche errore nella realizzazione degli hitbox, con colpi andati a vuoto, ma che comunque provocavano una reazione nel nostro avversario.
Geralt, in ogni caso, resta un cacciatore, resta un witcher che insegue incarichi e ricompense: soprattutto per questo aspetto si è deciso di focalizzarsi sulle cacce, sulla possibilità di inseguire creature e ottenere ricompense da parte del committente. Cacce che possono avere come obiettivo anche persone, uomini, criminali che meritano di essere consegnati alla gogna e che daranno sempre via libera e sfogo ai bivi narrativi che tanto hanno segnato la saga di The Witcher. Le missioni si presentano come variegate, almeno in questa ora a noi concessa, spaziando dalla ricerca del colpevole fino all’indagare all’interno di una casa, cercando dettagli che all’occhio umano potrebbero sfuggire, ma non ai sensi di witcher. Allo stesso tempo tutte le missioni sono accompagnate da intensi dialoghi, riproposti con un ottimo doppiaggio e che non sono mai banali: un lavoro che, anche stavolta, premia l’impegno di CD Projekt RED sottolineando la bontà in sede di narrazione. Un lavoro che si sposa perfettamente anche con la vastità del mondo che potremo percorrere, perché già soltanto quanto visto nel corso del nostro hands on era decisamente immenso, immaginarsi quindi quello che ci sarà nel titolo finale ci porta a realizzare un’iperbole concettuale: in questo enorme spazio Geralt non si perde mai, non vanifica il lavoro dei suoi sviluppatori perché riesce a giostrarsi al meglio tra la boscaglia e le campagne, sfruttando sia il sistema di raccolta degli oggetti disseminati tra i cespugli, sia l’interazione con l’ambiente. Attenti, quindi, a lanciare una magia di fuoco contro un avversario mentre vi trovate in un bosco: le conseguenze sono disastrose. Parliamo di magie, d’altronde, perché i Segni sono stati introdotti in The Witcher 3: magie che vengono scelte attraverso una ruota che rallenta vistosamente il tempo, dandoci la possibilità di compiere la nostra scelta e combinare la magia del momento con un eventuale fendente.
Un punto a sfavore, però, è rappresentato da Rutilia, il cavallo di Geralt: impacciato, macchinoso, legnoso, spesso ci ha spinti a preferire la corsa a piedi piuttosto che la convocazione del nostro destriero, capace di bloccarsi in piccoli anfratti e difficile da manovrare, se non negli spazi aperti e sui rettilinei della costa paludosa. Sarebbe impossibile, per esempio, cavalcare Rutilia tra le persone, nei piccoli villaggi disposti sul territorio, tutti caratterizzati in maniera eccellente, a partire dagli NPC: non si rischia di esagerare dicendo che The Witcher 3 è indubbiamente il titolo con i dettagli migliori per gli NPC, tutti perfettamente realizzati, con diversificazioni e con le espressioni facciali capaci di trasmettere sentimenti, di trasferire empatia. Allo stesso modo è altissima la realizzazione dei fondali, dell’ambiente, tutto realizzato manualmente e senza alcun tipo di post produzione ripetitiva. Dalla fisicità degli alberi, contro i quali sbattere e che ci bloccheranno l’avanzata, fino al muoversi dell’acqua durante la nostra corsa: non c’è effetto che ci faccia storcere il naso, non c’è delusione sul nostro volto, anzi.
Avremmo voluto passare più tempo con The Witcher 3, è indubbio, ma dopo aver sconfitto il Grifone Reale e dopo aver consegnato la testa non ci è rimasto altro da fare e da testare: non resta che attendere lo scadere del prossimo mese e mezzo, l’arrivo del 19 maggio e la possibilità, finalmente, di dedicarsi anima e corpo a un titolo che già nella sua tech demo risultava essere enorme, complesso e praticamente infinito.