I creatori di Doors of Silence: “La VR segna un confine netto”

Doors of Silence non è un horror come tutti gli altri. L’esperienza è riuscita già a far parlare di sé, grazie a uno stile improntato più verso il terrore psicologico che costruito sugli spaventi a basso costo. Ah, e tutto questo è stato realizzato in Italia. Curiosi di saperne di più? Abbiamo parlato con Giuseppe Belfiore, ideatore di Doors of Silence, che ci ha svelato degli interessanti retroscena sul gioco e su cosa significhi sviluppare in realtà virtuale.

Innanzitutto, ci piacerebbe sapere qual è il vostro rapporto con la realtà virtuale e perché avete deciso di sviluppare per questo medium.

Da appassionati di videogiochi e nuove tecnologie, quella della VR non poteva certo passare inosservata. C’è entusiasmo ed anche la gioia nel sorprendersi, le possibilità di utilizzo sono certamente molteplici. Ogni giorno hai qualcosa di nuovo da capire e la possibilità di sperimentare è sempre molto stimolante.

Da questi stimoli e sensazioni è nata la decisione di avviare lo sviluppo di un progetto, intendendo la VR come una scatola magica che apre porte su nuovi mondi che possono andare dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande.

Cosa pensate di Oculus Rift come hardware? Quali sono i suoi punti di forza e le sue debolezze?

Oculus ha avuto il merito di “resuscitare” la realtà virtuale per renderla fruibile alla massa con una tecnologia a basso costo. I punti di forza sono sicuramente l’ampio campo visivo del visore che permette un grado di immersione elevato e l’head tracking introdotto con il DK2 che consente il rilevamento della posizione rispetto ad un punto fisso (telecamera IR).

Sono ancora da migliorare la risoluzione dello schermo, non sufficiente ad evitare la visualizzazione della matrice di pixel, la visione periferica non ottimale e il motion sickness che può essere indotto quando non si riesce a raggiungere la frequenza ottimale di aggiornamento (75 Hz per il DK2). Speravamo di vedere qualcosa di nuovo al recente GDC ma purtroppo non è stato rivelato nulla di nuovo rispetto a quanto già si sapeva sulla commercial version 1.

Il vostro gioco si è distinto per avere un livello grafico molto elevato, a differenza della maggior parte delle produzioni per Oculus Rift. Come siete riusciti ad ottenerlo?

Innanzitutto la scelta del motore grafico: Unreal Engine 4 (UE4). Non avevamo dubbi sulle enormi potenzialità di questo engine, qualche perplessità l’avevamo nell’impiego per la VR soprattutto dopo aver provato le prime demo che lo sfruttavano. Quasi tutte giravano non a risoluzione piena e soprattutto non riuscivano a reggere i 75 FPS necessari per avere con il DK2 un’esperienza virtuale fluida e confortevole. Abbiamo studiato a fondo le routine di gestione della VR per trovare un giusto compromesso al fine di ottenere un’esperienza che, dal punto di vista visivo, non si discostasse molto da quelle offerte dagli attuali giochi per console o PC. Abbiamo quindi dato priorità alla qualità delle texture, al material design e al numero di poligoni, il resto (luci, postprocessing e opzioni di shading) è stato oggetto di ottimizzazioni spinte. Il risultato finale è stato sorprendente anche per noi.

Avete avuto modo di provare Project Morpheus? Se sì, pensate che possa essere un rivale per Oculus Rift?

Non abbiamo avuto modo di provare il visore Sony, ma da quello che abbiamo visto in rete e da quanto mostrato nei giorni scorsi al GDC, possiamo affermare che si tratta di un buon prodotto. I limiti probabilmente dipenderanno dall’hardware della PS4. Garantire 120 fps (perché tale è la frequenza scelta da Sony per ridurre il problema latenza/sickness) in rendering stereoscopico a 1080 p non sarà facile per una scheda video che fatica a reggere i 60 fps con giochi non VR. Da quanto abbiamo capito il visore Sony sarà in grado di garantire i 120 fps anche per giochi progettati per girare a 60 fps, probabilmente con un processo di interpolazione che avverrà grazie all’hardware presente nel visore, sgravando di fatto la GPU della console. In ogni caso, come dimostrato dalla nostra demo, il lavoro di ottimizzazione, sia lato software che hardware, paga e quindi vedremo sicuramente dei giochi notevoli anche su Morpheus. Il pericolo per Oculus potrebbe arrivare anche da altri competitor, in primis Valve che ha spiazzato tutti con Vive il visore creato in collaborazione con HTC che uscirà a fine 2015. Per noi sviluppatori e utenti finali queste notizie non possono che rallegrarci perchè la concorrenza non può che far bene a questo settore in rapida crescita ed espansione.

doors of silence

Cosa pensate invece del visore portatile Gear VR? Sviluppereste contenuti per questa piattaforma mobile?

Samsung, forte della partnership con Oculus, spinge molto verso la VR mobile; ciò, secondo noi, sta rallentando i piani di sviluppo previsti per il visore originario pensato da Palmer Luckey e soci. Del resto la conference al recente GDC su questo argomento tenuta dal guru John Carmack la dice lunga sulle intenzioni di Oculus nel supportare appieno questa piattaforma. Sicuramente il Gear VR è un hadware interessante ma per ora non sarà facile tirare fuori qualcosa di forte impatto visivo come Doors of Silence. In ogni caso anche qui sarà questione di tempo, quindi non ci precludiamo alcuna strada anche perché Unreal nella sua ultima versione (4.7) ha introdotto una plugin di supporto per questo visore.

Come si inserisce la realtà virtuale all’interno della vostra filosofia di design? In che modo la VR vi permette di comunicare meglio il senso dell’orrore?

Con la consapevolezza che esistono due tipi di tecnologia, una che consente di agire su aspetti audio-visivi dell’immagine ed un’altra con la quale si possono concepire nuovi modi di interagire, la VR fa entrambe le cose.
Il coinvolgimento in VR può cambiare per ogni singola persona, questo aspetto ci ha portato a pensare che alzando il livello di fedeltà e di cura della rappresentazione, il numero di persone che si sarebbero sentite coinvolte nel nostro mondo sarebbe aumentato.

Sul progetto in sviluppo Doors of Silence, l’approccio è partito lavorando molto sull’osservazione che il cervello del giocatore è l’organo più ricettivo alla profondità dell’immagine, e che la percezione implica una mediazione nel rapporto con l’immagine.

Anche la percezione del suono viene influenzata dal grado di immersività e a sua volta contribuisce ad aumentare la percezione dell’atmosfera che avvolge il giocatore. La musica dolce ed infantile in netto contrasto con l’ambiente circostante utilizzata all’inizio del gioco è stata composta ed ispirata proprio da un viaggio virtuale che il compositore del gruppo ha fatto nell’ambiente di gioco. Così come il background sonoro è una sorta di traduzione del respiro ansiogeno del giocatore, che noi stessi abbiamo provato durante la creazione degli ambienti e della storia.

[su_quote]La profondità, l’altezza, il senso volumetrico degli ambienti, sono aspetti che contemplano nuove idee di legame tra giocatore e videogioco[/su_quote]

La realtà virtuale impone di cambiare completamente l’approccio al game design: quali pensate che saranno i vantaggi e quali gli ostacoli causati da questa tecnologia?

Non tutto quello che siamo abituati a vedere sui nostri monitor potrà essere fatto in maniera confortevole sui visori VR e ciò dipenderà anche da fattori non tecnologici o di design. Una persona che soffre di vertigini, continuerà sempre a soffrire di vertigini anche in realtà virtuale, quindi se la poniamo sul bordo di un precipizio in VR, cosa accadrà?

Crediamo dunque che il punto di partenza debba essere innanzitutto quello di sviluppare contenuti che non diano squilibri al giocatore, e allo stesso tempo, sperimentare nuove soluzioni di gameplay. La profondità, l’altezza, il senso volumetrico degli ambienti, sono aspetti che contemplano nuove idee di legame tra giocatore e videogioco, questo è innegabilmente un grande vantaggio che ci offre solo la realtà virtuale e noi abbiamo lavorato molto in questo senso su Doors of Silence.

Siamo agli inizi di qualcosa di nuovo, osserviamo e sperimentiamo le enormi potenzialità, c’è entusiasmo e ci sono tante nuove idee, qualcosa potrà funzionare subito, altre cose avranno bisogno di più tempo.

Pensate che Oculus Rift abbia già gli strumenti giusti per aprirsi a un’adozione di massa? E, al contrario, quali pensate che potrebbero essere i principali ostacoli alla diffusione di tale tecnologia?

Pensando al DK2 saremmo propensi a dire di no, per una diffusione di massa ci vorrà un visore più leggero, più facile da configurare ed utilizzare, che non affatica la vista dopo lunghe sessioni e che non induce motion sickness. Noi siamo ottimisti e siamo sicuri che Oculus sarà in grado di tirare fuori qualcosa di incredibile che stupirà tutti. Poi il resto lo farà tutta la filiera di ricerca e sviluppo, sia hardware che software, di supporto alla VR, ossia lo sviluppo di schede video sempre più performanti e pensate per la realtà virtuale, le nuove DirectX 12 di microsoft, gli studi di intel sui nuovi processi di rendering stereoscopico e l’eye tracking che probabilmente sarà già implementato nella CV1. Per finire dovranno essere sviluppati dei sistemi di controllo innovativi ad alta precisione e sensibilità basati sul rilevamento del proprio corpo o almeno delle mani. Su questo ultimo aspetto le prime mosse sono già state fatte da Sony e Valve che venderanno il proprio visore in abbinamento ad un sistema di controllo proprietario che permetterà di interagire con l’ambiente virtuale attraverso l’uso di movimenti naturali.

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Quale pensate che sarà l’impatto della realtà virtuale sul mondo della tecnologia e sulla società in generale?

La tecnologia ha sempre contribuito alla trasformazione della vita sia in ambito professionale che in quello privato ed il suo contributo in questo senso lo darà sicuramente anche la realtà virtuale. Il cambiamento se verrà sviluppato bene potrà realmente trasformare tantissime cose della società per come siamo abituati a viverla ora. Da un punto di vista tecnologico segnerà un confine netto, la VR sta agendo sul rapporto fra osservatore ed oggetto osservato, si sta abbandonando il rapporto frontale, in quanto l’osservatore, a differenza del cinema, della fotografia o di un monitor, è totalmente immerso nel mondo che si sta rappresentando.

Cosa pensate dell’acquisizione di Oculus VR da parte di Facebook?

L’acquisizione di Oculus da parte di Facebook ha spiazzato un po’ tutti e deluso coloro che avevano creduto in un progetto aperto e condiviso, sostanzialmente partito dal basso con campagne di crowdfunding di enorme successo. Noi pensiamo che la solidità finanziaria di cui ora gode la compagnia possa essere un fattore positivo per garantire quella tranquillità necessaria alla ricerca e allo sviluppo di tecnologie che siano sempre all’avanguardia. Sull’altro piatto della bilancia potrebbero esserci i piani commerciali di Zuckerberg, per ora non noti ma immaginabili e probabilmente meno orientati al gaming. Se pensiamo però che fra qualche anno sarà possibile incontrarsi virtualmente in un bar di Tatooine per ascoltare un pezzo dal vivo dei “Cantina Band” allora ci viene già la pelle d’oca.

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Quali pensate che potranno essere le applicazioni di Oculus Rift al di fuori del gaming?

La realtà virtuale senz’altro investirà diversi settori della società. Le discipline per le quali si ha una prevalenza dell’elemento visivo saranno le prime ad essere influenzate, ma quanto veloce sarà questo processo è difficile poterlo stimare. Per ora possiamo solo dire che il processo si è avviato. Volendo fare un esempio di applicazioni future più tangibile, possiamo pensare al campo dell’educazione. Per chi ha già provato la realtà virtuale, sarà più facile immaginarsi di come l’apprendimento potrà notevolmente essere semplificato mediante l’accesso diretto a dati in modalità VR. Siamo fiduciosi che il futuro ci riserverà delle belle sorprese.

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