La realtà virtuale sta ottenendo sempre più risalto anche all’interno dei media mainstream. Ne abbiamo un’ultima dimostrazione con una recente intervista che il quotidiano inglese Telegraph ha fatto nientemeno che a Palmer Luckey, il geniale creatore di Oculus Rift. Come già successo, ad esempio, con Wired, sembra che i media siano follemente innamorati della storia di un appena ventenne che sta per rivoluzionare il mondo. Un visionario, un ragazzo che è consapevole della portata di quello che sta realizzando ma che, allo stesso tempo, è rimasto umile e interessato a superare i propri limiti prima di ogni altra cosa. Riportiamo, quindi, le sue parole, pronunciate. durante l’intervista.
Luckey parla, riferendosi alla realtà virtuale, di un’industria che era: “Già morta. Non sono sicuro se… No, anzi, l’ho salvata dalla morte, l’ho riportata indietro dal mondo dei morti. Ma non è che ero il migliore in quello che stavo facendo; ero solo uno dei soli che ha perseverato. Nessuno è riuscito in questo. E poi… bam!”
L’intervistatore lancia poi un frammento d’informazione potenzialmente importantissimo, affermando che “Luckey stima un lancio per l’inverno del 2015”, il che va quindi a coincidere con quanto dicevamo proprio ieri.
Successivamente, l’intervista si concentra sugli usi della realtà virtuale, sulle sue possibili applicazioni nel campo della medicina o della psichiatria. Tuttavia, come afferma il Telegraph, gli scopi secondo Luckey sono più umili.
“In passato, prima dei telefoni e di Internet, tutta la comunicazione era svolta faccia a faccia. Ora la maggior parte è digitale, attraverso le email e i servizi di messaggistica. Se le persone iniziassero a usare la realtà virtuale sarebbe la quadratura del cerchio”. Con queste parole, Luckey immagina un futuro dove le caratteristiche della comunicazione digitale e di quella reale vanno a convergere. “Le persone di tutto il mondo potrebbero avere dei meeting semplicemente indossando un visore, ed entrare nella stessa stanza virtuale e sedere attorno a un tavolo: come avatar.”
L’intervistatore afferma che questa idea nasce dall’esperienza personale dello stesso Luckey, che per primo odia viaggiare per lavoro; parte della sua motivazione quindi è creare un futuro in cui non bisogna più andare a un incontro di lavoro nel mondo reale. Interrogato su quale applicazione del Rift è più emozionato, Palmer Luckey risponde, dissipando i molti dubbi che erano sorti intorno alla politica della compagnia:
“Videogiochi” risponde, ancora prima che finisca la domanda. “Sono una persona semplice. Voglio dire, ci sono tante applicazioni per cui spero sarà usata, ma in termini di entusiasmo personale si tratta dei videogiochi. Sono l’evoluzione dei libri e dei film. Non state semplicemente guardando qualcosa di fantastico: state recitando al suo interno e state compiendo il vostro destino. Per me è sempre stata una questione di controllare il mio destino. La VR è un modo per fuggire dal mondo reale ed entrare in qualcosa di più fantastico. Le persone lo fanno in molte forme da molto tempo, che sia raccontando le storie di esploratori che vanno in terre lontane o film di fantascienza dove i personaggi scoprono una nuova galassia”.
L’intervistatore, a questo punto, si chiede se Luckey ha inventato Oculus Rift per scappare dal suo mondo. Nulla di tutto questo, a quanto pare:
“Se fossi cresciuto nel ghetto renderebbe la mia storia molto più interessante… se avessi qualcosa da cui scappare. Ho avuto una vita piuttosto buona. I miei genitori non erano ricchi; non erano poveri. Non cercavo di scappare da niente. Per me era sempre l’inseguimento di qualcosa di più bello. Anche se hai un ottimo stile di vita in periferia, stai facendo sport, hai degli amici… alcune persone vogliono di più. Per questo guardano Transformers o leggono l’Iliade. Io ero uno di quelli, ma potevo rendere la mia vita più bella.”
A questo punto, una domanda verte su un punto piuttosto spinoso, ossia le accuse che la realtà virtuale sia il medium più antisociale di sempre. Luckey, tuttavia, ha la risposta pronta:
“Un tizio che siede solo nella sua stanza giocando ai videogiochi con qualcosa appiccicato alla sua faccia: capisco. Ma io direi che è esattamente l’opposto. Ha il potenziale di essere la tecnologia più sociale di tutti i tempi. Se ti siedi e leggi libri tutto il giorno questo è considerato salutare e produttivo; se fai lo stesso su internet o giochi ai videogiochi non lo è. Puoi spendere anni della tua vita leggendo spazzatura, o potresti passarli guardando cose inutili su internet. In ognuno dei due casi, ci possono essere delle cose che migliorano la vita, e puoi ottenerli da entrambi. Non ci dovrebbe essere quel pregiudizio. E se guardi alle persone che di base non sono brave a comunicare con gli altri, quelli che stanno nelle loro stanze tutto il giorno, guarda ai motivi per cui lo fanno: non si sentono a loro agio nel parlare alle persone, forse, perché non gli piace essere grassi o non amano il loro taglio di capelli. Con la VR, le persone possono rappresentare quello che vogliono essere, piuttosto che quello che il destino ha riservato loro.”
L’intervista ci permette di conoscere tanti altri dettagli sulla vita di Palmer Luckey. Apprendiamo per esempio che l’unico acquisto sopra le righe che ha fatto con i soldi di Facebook è una Tesla da 120,000 dollari, e questo perché rappresenta il meglio dell’industria americana “e il CEO della compagnia, Elon Musk, è un tizio davvero figo che merita i miei soldi”. Luckey, parlando dei suoi idoli, ossia Musk e Peter Thiel, il fondatore di PayPal, ragiona sul fatto che stiamo assistendo a un cambio a livello sociale. “Se guardate a chi le persone rispettano di più, non idolatrano i politici, idolatrano queste persone che fondano le compagnie, gli imprenditori che si sono fatti con le proprie mani, come Musk, Thiel e Zuckerberg. I CEo delle compagnie tecnologiche non fanno nulla di impopolare, come prendere soldi dalle persone o far passare delle leggi contro di loro. Stanno semplicemente fornendo loro servizi e beni che adorano. Scommetto che prima che morisse Steve Jobs aveva un tasso d’approvazione più alto di ogni presidente negli ultimi 50 anni.”
Anche Luckey è molto popolare, e questo deriva probabilmente dalla genialità della sua invenzione e dalla sua storia personale. Tuttavia, apprendiamo, Luckey pur considerando una benedizione l’attenzione mediatica, non vuole diventare il nuovo Steve Jobs, e spera piuttosto che sia la VR a fare la storia, non lui: “Ti dirò, in pochi anni non voglio essere la faccia della compagnia come Steve Jobs era per Apple. Voglio tornare nell’oscurità. Voglio essere più come Wozniak. Non si tratta di me, è qualcosa di molto, molto più grande, più grande forse di tutti noi”.