Niente Bloodborne? Allora Non Sai Giocare

Bloodborne è il gioco del momento e su questo non ci piove. Che Bloodborne sia anche il miglior gioco attualmente disponibile sul mercato qualche dubbio in più ce l’avrei, ma non è esattamente questo il motivo che mi spinge a scriverne. A trasformare questo titolo nella scintilla di una delle più accese diaspore social degli ultimi giorni non è stata d’altronde la semplice volontà di stabilire se esso sia o meno il capolavoro che ci salverà dall’oblio, bensì l’assunto secondo cui chiunque non apprezzi il titolo From Software “non sappia giocare”. Catapultati di colpo nel cortile della più vicina scuola materna gamer di ogni età, credo e nazione s’affrettano a dire la propria in merito e non mancano certo coloro che, sfruttando le perplessità di quelli che hanno il coraggio di gridare “non fa per me”, dichiarano con amarezza che “il mercato si sia imbastardito e, con esso, i giocatori”. Secondo i più, il “gioco” costituirebbe pertanto un ennesimo banco di prova esistenziale, ai livelli del talamo nuziale, dove resistenza e minutaggio confermano una sana virilità… Roba che, a voler essere magnanimi, ricorda piuttosto da vicino quelle buffe riunioni di maschietti armati di righello pronti a competere per il più elementare dei primati.

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“Sarebbe il caso di imparare a giocare una volta per tutte!”: L’argomentazione tipo del talebano di From Software trasuda una certa supponenza, specie quando viene accompagnata dall’elenco delle ore passate a sconfiggere un dato boss o al garantuesco numero di morti accumulate per riuscirci.

Avendo sempre provato una certa indifferenza per i titoli From Software potrò anche apparire di parte o magari desideroso di vendicare l’onore ferito di chi crede che il videogame sia solo un piacere, che vada vissuto come tale e non come un odioso mezzo per rivendicare una sterile superiorità ideologica, ma continuo a trovare il modello di gioco di Dark Souls, Demon’s Soul e Bloodborne concettualmente autistico, per non dire “masturbativo”. Che sia chiaro, quando uso determinati aggettivi non faccio tanto capo alla proverbiale osticità del coefficiente di sfida – dettaglio che, a quanto pare, rappresenta comunque il valore aggiunto di questi prodotti – quanto alla stessa natura del gameplay. Questione di gusti – e ci mancherebbe altro – i quali non faranno tuttavia di me un gamer migliore o peggiore degli altri, così come platinare Bloodborne giocando bendati non riuscirà mai a trasformare un semplice appassionato di videogame come tanti in uno spirito eletto.

Ancora una volta, la mia speranza è che ci si limiti una volta per tutte ad approcciare questo medium con la serenità che si conviene al suo effettivo scopo, senza attribuirgli responsabilità, obiettivi o sottintesi che non ha e non dovrà mai avere.

Attivamente Impegnato nel settore editoriale dal 2003, ha scritto per le più note riviste videoludiche italiane, concentrandosi spesso nell'area Retrogaming. Dopo aver pubblicato il saggio Storia delle Avventure Grafiche: l’Eredità Sierra, svolge ruolo di docente presso l’Università degli Studi Link Campus di Roma in collaborazione con la Vigamus Academy rivestendo, in parallelo, la carica di Vice Direttore del mensile multipiattaforma V.