Non ci stancheremo mai di ricordarvi come la realtà virtuale abbia applicazioni in diversi settori, come videogames, cinema, architettura e soprattutto ricerca scientifica. Dopo avervi mostrato come grazie alla VR si conducano studi su come prevenire le violenze sessuali, dall’Università Ludwig-Maximilians di Monaco arriva invece una ricerca sull’ecolocalizzazione umana.
Per chi non lo sapesse, l’ecolocalizzazione è un “sonar” biologico attraverso il quale gli animali riescono a determinare la presenza e la distanza di oggetti e ostacoli emettendo suoni e analizzando il rimbalzo degli echi. Questo sistema è utilizzato specialmente da pipistrelli e animali non vedenti per orientarsi e percepire l’ambiente intorno a loro, e anche noi umani siamo in grado di utilizzarlo, ma maniera meno efficiente. Lo scopo dello studio dell’Università di Monaco è proprio quello di quantificare questa capacità e quali parti del corpo vengono coinvolte, e per riuscirci si sono serviti della realtà virtuale.
L’esperimento si svolge in due fasi. Nella prima, ad un gruppo di volontari è stato chiesto di percorrere un corridoio bendati ed emettendo dei suoni mentre camminavano, e dopo settimane di prove le persone erano in grado di determinare in base all’eco dei suoni la distanza dalle pareti e perfino attraversare il corridoio senza guardare e senza aiuti. Nella seconda fase ai volontari era chiesto di sedersi in una workstation che simulava una camminata nello stesso corridoio ma in realtà virtuale ed emettere gli stessi suoni che avevano usato in precedenza. Nella simulazione i ricercatori hanno variato l’esperienza, ad esempio impedendo alla testa dei volontari di girarsi, così da non poter avere diversi angoli di ricezione del feedback dell’eco.
Analizzando i risultati si è scoperto che la maggior parte dei soggetti perdeva la loro abilità di ecolocalizzazione quando i loro movimento erano limitati, infatti spesso correvano contro le pareti anche in situazioni che invece riuscivano a gestire senza troppi problemi se liberi di muoversi, dimostrando così che il solo uso delle orecchie e dell’udito non sono sufficienti. I ricercatori sono ancora al lavoro per quanto riguarda il quantificare nello specifico il nostro livello di ecolocalizzazione, ma sostengono che l’utilizzo della realtà virtuale è sicuramente un grande passo in avanti e la via giusta da seguire. Non resta che attendere ulteriori sviluppi, e nel frattempo chissà in quali altri modi la VR potrà essere utile in campo scientifico…secondo voi quali sono possibili applicazioni?
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