Arriva una nuova opera del famoso scrittore di fantascienza William Gibson, ispiratore e guru del mondo della realtà virtuale (e non solo), conosciutissimo per il suo Neuromancer (1984), è ormai un classico per gli appassionati del genere. Gibson, negli ultimi anni, si era leggermente distaccato da uno stile di scrittura totalmente cyberpunk e futuristico, interessandosi all’analisi del forte cambiamento culturale impresso dalle nuove tecnologie. Nel 2010 ha, infatti, concluso la trilogia Blue Ant, una serie di romanzi ambientati nel recente passato, trilogia così piena di strane conoscenze high-tech e top-secret da essere considerata praticamente un nuovo tipo di fantascienza.
Gibson ci fatto un preziosissimo dono, tramite le sue passate opere, coniando il termine “cyberspazio” permettendo così l’inizio dell’esplorazione di quello che una volta era un immaginario sconvolgente, profetizzando anche l’implementazione della attuale rete di computer che oggi connette l’intero globo.
Adesso, per la prima volta dopo 15 anni, l’autore è tornato a scrivere sul nostro futuro.
Il viaggio nel tempo è uno degli argomenti di discussione più comuni nelle fantasie letterarie del cyberpunk e il nuovo libro di Gibson, The Peripheral, cerca di ripercorrere quello che riguarda questo cardine dello Sci-Fi, senza però ricorrere forzatamente a spiegazioni o ipotesi scientifiche che per teorizzarlo ma, piuttosto, cercando di unire pezzi di presente, passato e futuro letterario, senza creare paradossi ed incongruenze.
Il romanzo si snoda in due periodi di tempo distinti, nel passato e nel futuro, rievocando, in un certo senso, i luoghi che Gibson ha descritto per decenni: da un lato si narra di un futuro riempito da prodotti di massa e una società iper-connessa, dall’altro si parla di arte, business e tecnologia, il tutto legato da una maglia di relazioni cospirazionistiche.
Gibson ha anche rilasciato alcune dichiarazioni, esprimendo opinioni sulla sua opera e sul nostro futuro:
“Mi piaceva raccontare la storia che due dei miei amici avevano pubblicato negli anni ’80, aggirando i paradossi legati ai viaggi nel tempo, proponendo la teoria secondo la quale si raccontava che ogni volta che qualcuno entrava in contatto col passato si creava una nuova linea temporale. Più di parlare di viaggio nel tempo, dunque, potremmo parlare di una realtà alternativa. The Peripheral permette al futuro di far risorgere il passato. In quella storia, dal titolo ‘Mozart in Mirrorshades’ di Shiner e Sterling, il futuro sfruttava le risorse fisiche di innumerevoli realtà alternative senza prendersi cura di quello che sarebbe accaduto agli abitanti di quei mondi. Dubito che ciò sia possibile dal punto di vista della fisica, ma trovo la teoria parecchio interessante. Il lento dissolversi della nostra geografia nel digitale, sembra avvicinarsi al concetto. Se, infatti, ci si può sedere in un hangar in Kansas e pilotare un drone che sgancia bombe in Pakistan, ed avvisare lo stesso jet lag di chi pilota veramente un caccia, chi comanda il drone dove si trova realmente?
Parlando di realtà virtuale, poi, l’autore confessa:
“Solo recentemente, circa due mesi fa, ho provato l’ultima versione di Oculus Rift. Non l’ho potuto godere appieno, perchè essendo miope non posso avere una visione perfetta durante l’uso del dispositivo ma, in qualche modo, ho capito e ho chiesto a chi mi ha aiutato durante la prova: “Perchè ciò non è stato inventato e non è avvenuto negli anni ’80 o’90, quando sarebbe rimbalzato nelle copertine di tutte le riviste? Essenzialmente si sta guardando uno smartphone, ma i cellulari si sono evoluti a tal punto da portare la VR al suo utilizzo globale in pochi mesi”.
Con la voglia di costruire, come Gibson, un futuro che faccia risorgere il passato, anche noi di Oculus Rift Italia ci auguriamo di poter viaggiare nel tempo, magari con un DK2.