Prima di Oculus Rift: Virtual Boy, la VR secondo Nintendo

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Se Nintendo è sinonimo di videogioco allora innovazione è sinonimo di Nintendo. E sì, perché quando pensiamo allo sviluppo di una nuova tipologia di gameplay o di un nuovo add-on per le nostre console non possiamo non pensare alla casa di videogiochi nipponica. Da sempre nella sua storia, mamma Nintendo ha cercato di proporre nuove tipologie di gioco e ha spesso investito e rischiato in progetti che non sempre si sono rivelati un successo di mercato. Questo è il caso del VR-32, meglio conosciuto come Virtual Boy.

Nell’epoca in cui le gloriose console a 16bit (SNES e Mega Drive) sparavano le loro ultime cartucce e in cui il Game Boy spopolava nel mercato delle console portatili, il leggendario Gunpei Yokoi, general manager del dipartimento Ricerca e Sviluppo della grande N,  annunciò nel novembre del 1994 il progetto Virtual Boy, presentato poi ufficialmente in Giappone il 21 luglio del 1995 (e un mese dopo negli States). Il Virtual Boy vantava di essere la prima console mainstream a utilizzare una tecnologia di realtà virtuale che permettesse di videogiocare totalmente immersi nell’azione, promettendo una strabiliante grafica con illusione del 3D (non dimentichiamo che fu la prima console Nintendo a 32bit, ovvero potente come la prima Playstation), e soprattutto di poterlo fare a casa propria a differenza, ad esempio, del Virtuality che prevedeva un grosso cabinato ed era presente quasi esclusivamente nelle sale giochi.

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Dal punto di vista hardware il Virtual Boy presentava un visore e un controller. Il visore era composto da due specchi oscillanti che servivano a realizzare l’effetto 3D, uno slot per le cartucce di gioco, due altoparlanti (uno per lato), lo slider per la messa a fuoco e l’attacco del controller. Quest’ultimo dava l’idea di essere davvero innovativo, infatti sembrava essere composto da due controller uniti, avendo quattro pulsanti, di cui due grilletti posteriori, e due croci direzionali oltre ai classici tasti select e start, e ogni lato doveva controllare un particolare movimento all’interno del gioco in 3D. Lo stile del controller del Virtual Boy fu poi ripreso dalla stessa Nintendo per dar vita a quello del GameCube… ma questa è un’altra storia.

Il Virtual Boy utilizzava un effetto noto come parallasse in modo da dare l’impressione che gli oggetti visualizzati sul display si spostassero anche in profondità. Qualcosa di molto simile a quello che viene usato oggi per il portatile 3DS. Nintendo scelse di riprodurre le immagini solo in rosso e nero per accentuare l’effetto 3D, scelta che se da un lato dava vita ad un’estetica particolarissima e affascinante, affaticava non di poco la vista degli utenti. Questo, assieme al prezzo elevato e alla scomoda posizione in cui si era costretti a giocare, ossia con un supporto di ferro da sistemare su di una superficie piana, furono tra le cause principali del fallimento commerciale della console e della prima vera caduta di stile dell’azienda di Kyoto. Come abbiamo già avuto modo di trattare in precedenza, proprio questi sono i due principali ostacoli alla commercializzazione di massa che Palmer Luckey intende risolvere con il progetto Oculus Rift.

Inoltre, nell’anno di vita del Virtual Boy furono prodotti solamente 22 giochi (contando sia le uscite giapponesi che quelle statunitensi, compresi i porting da altre console), di cui solo quelli prodotti dalla stessa Nintendo erano degni di nota. Tra i giochi più interessanti della piattaforma abbiamo Mario Clash, una sorta di versione in 3D del classico Mario Bros., il gioco dove Mario è impegnato a sconfiggere tartarughe all’interno delle fognature. Assolutamente degno di nota anche Wario Land, trasposizione da Game Boy del gioco con protagonista la nemesi di Super Mario. Il fallimento del Virtual Boy, console evidentemente messa in commercio in via prematura, fu imputato al povero Gunpei Yokoi che fu costretto a lasciare l’azienda.

A distanza di vent’anni abbiamo l’occasione con Oculus Rift di sperimentare quanto già di buono c’era alla base delle idee Nintendo, ovvero fornire un sistema di VR accessibile a tutti. Grazie ad una tecnologia matura e un retroterra di infiniti esperimenti, come quello della stessa Nintendo, il sogno del gioco immersivo oggi è terribilmente vicino.

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