Inutile negarlo. Ogni bambina cresciuta a pane e VHS ha nutrito dentro di sรฉ il sogno di vedere Cenerentola animata trasformata in Cenerentola in carne e ossa. Negli anni, la Settima Arte ci ha piรน o meno accontentate, restituendoci la protagonista della Favola per eccellenza in una dozzina di versioni moderne ispirate o liberamente tratte dalla celebre fiaba di Perrault. Ma niente da fare. Noi che ai lunapark, tra tutte le giostre, sceglievamo (e ci contendevamo) la carrozza rosa di Cenerentola, noi che credevamo nella reale โindossabilitร โ di un tacco 12 di cristallo non ci siamo mai accontentate delle strizzatine dโocchio. Nemmeno quando a vestire i panni dei protagonisti sono state due icone adolescenziali come Hilary-Lizzie McGuire-Duff e il bellissimo Chad Michael Murray. Noi volevamo Cenerentola esattamente cosรฌ come zio Walt lโaveva donata al mondo. Solo piรน vera. E, proprio come suggeriva la canzone, tu sogna e spera fermamente e il sogno realtร diverrร , il nostro desiderio si รจ avverato: habemus remake.
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Una vera e propria sfida quella di confrontarsi con un classico tanto amato: il rischio di deludere le aspettative o di annoiare un pubblico che conosce a memoria la trama era altissimo. Ma fortuna ha voluto che il compito di dirigere la pellicola toccasse al regista shakespeariano Kenneth Branagh, aiutato dallo sceneggiatore Chris Weitz (Z la formica, About a Boy) e da quei geni di Dante Ferretti e Sandy Powell, premi Oscar per la scenografia e i costumi.
Ciรฒ che Branagh e il suo team di cavalli di razza della cinematografia mondiale sono riusciti a creare รจ un mondo fantastico che rispetta e, anzi, supera le aspettative. Questo grazie a una scelta totalmente azzeccata del cast, in cui spicca su tutti una Cate Blanchett/Lady Tremaine fascinosa e agghiacciante, con un aplomb e un guardaroba da diva del muto. Una dark lady che non ha niente a che vedere con le piรน moderne villain del cinema fantasy, da Charlize Theron ad Angelina Jolie.
A controbilanciare il peso di sua magnificenza Blanchett, troviamo la grazia genuina di Lily James (Downtown Abbey) nei panni di Cenerentola, una ragazza che ha fatto della gentilezza e del coraggio le potenti armi per affrontare le angherie di matrigna e sorellastre.
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Epurata dalla componente musicale, la Cenerentola di Branagh punta tutto sulla sontuosa collocazione. La maestosa opulenza degli ambienti e dei costumi rievocano lโimmaginario tedesco medievale e i deliri di Ludwig di Baviera; il gran ballo ci riporta al Gattopardo di Luchino Visconti e allโOttava Meraviglia di Alexander Hall.
Una goduria per occhi e cuore sono le cult scene che piรน creavano attesa: dallโincantesimo della fata madrina (unโadorabile Helena Bonham Carter in vesti pompose) alla rocambolesca fuga dal ballo, con la carrozza dorata che, lanciata a tutta velocitร al rintocco della mezzanotte, si ritrasforma in zucca, i lacchรจ in lucertole, il cocchiere in anatra e i cavalli in topini. Spettacolo puro.
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Nel diventare live, infatti, anche i caratteri e i sentimenti dei personaggi hanno acquisito tridimensionalitร .
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Con una mano autoriale incisiva e un occhio attento alle atmosfere edulcorate dellโinfanzia, Branagh dร vita a un tripudio di immagini patinate e ammalianti, caratterizzate da raffinati giochi cromatici e da barocchi effetti speciali, con un occhio sempre attento al messaggio e alla soliditร delle caratterizzazioni. Insomma, ci troviamo di fronte a una favola romantica, divertente e moderna, che non lascia niente al caso.
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Nel diventare live, infatti, anche i caratteri e i sentimenti dei personaggi hanno acquisito tridimensionalitร . Cosรฌ, Cenerentola non รจ piรน la povera fanciulla fastidiosamente rassegnata e ossequiosa, ma una portatrice sana di virtรน e ottimismo. E la matrigna non รจ piรน solo una donna gelosa e cattiva, ma una madre e una moglie con il cuore indurito dagli eventi. Le sorellastre? Due ragazzine boccolute non maligne, ma puerili. Non odiose, ma bisognose dโaffetto.
Infine, Branagh riconosce dignitร e spessore alla figura sbiadita del principe (Richard Madden), a cui vengono dati un copione e un nome. E se รจ vero che cโรจ un poโ di Shakespeare in tutte le storie del mondo, nella Cenerentola di Branagh lโereditร delle opere del Bardo รจ palpabile. Pensiamo al Re Lear e al suo invito โSii paziente e ferisciโ, qui ribaltato in โSii gentile e abbi coraggioโ, o ancora al ruolo del Granduca. Non ha niente dellโansioso e insicuro Monocolao, lโastuto braccio destro del re, che qui ha il volto inquietante di Stellan Skasgรฅrd (e chi se non lui?).
Niente รจ scontato in questa Cenerentola 2.0, e anche alla fine, quando accoccolati sulla poltrona โ tra ansia e trepidazione – penserete di sapere esattamente come andrร a finire, non illudetevi troppo, perchรฉ vi sarร concesso un ultimo colpo di scena. E forse รจ proprio questa la grandezza dellโopera di Branagh (e di ciรฒ che definiamo classico, in generale): quella capacitร di farci rivivere unโesperienza meravigliosa e di insegnare qualcosa di nuovo a chi pensava di aver giร visto tutto. Ma lโincantesimo svanirร non appena questa fiaba sarร destinata a essere narrata di nuovo.
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