Anteprima Vampyr

I ragazzi di Dontnod Entertainment sono da sempre un team di sviluppo molto talentuoso e creativo, autori di titoli che, in un modo o nell’altro, hanno sempre catturato l’attenzione dei giocatori: impossibile non citare l’apprezzato Remeber Me o il celeberrimo Life is Strange, capace di conquistare milioni di player attraverso una trama profonda e mai banale, sottile ed efficace, perfetta nel riuscire a colpire trasversalmente tanto gli utenti più navigati e maturi quanto quelli più giovani e inesperti. Sicuramente il vero punto di forza della software house è la costruzione dell’intelaiatura narrativa, l’abilità di scrivere storie credibili e concepite attorno a personaggi semplicemente memorabili, caratterizzati egregiamente e dotati di un carisma travolgente. Sotto il profilo del gameplay, invece, lo studio di sviluppo non ha mai convinto totalmente, facendo emergere qualche possibile limite nell’edificazione di una giocabilità completa, in grado di resistere ampiamente all’impetuosa forza della narrazione. Proprio per questo, alla visione di Vampyr le speranze di un perfetto equilibrio delle due componenti sono schizzate alle stelle: un titolo dal fascino unico, contraddistinto da un importante focus sulla storia, non disdegnando, però, un’attenzione certosina per il gameplay. Insomma, la concretizzazione di quello che lo studio aveva sempre ricercato: una giocabilità elaborata e raffinata per essere al completo servizio della narrazione.

Controllare le pulsioni omicide o assecondare la propria sete di sangue? Trucidare gli individui addentandoli alla carotide, oppure dileguarsi prima che l’istinto animale prenda il sopravvento? Probabilmente sono questi i costanti dilemmi che affliggono il protagonista di Vampyr, Jonathan Reid, umano trasformato in vampiro per un motivo ancora sconosciuto in continua lotta con sé stesso, dilaniato da un conflitto interno feroce e corrosivo, capace di proiettarlo in uno stato di aggressività e brutalità tale da condurlo alla completa distruzione dei propri ideali. Difatti egli è un dottore, e come tale, anche per via del vincolo impostogli dal giuramento di Ippocrate, dovrebbe perseguire il bene, condurre i malati ad una salvezza certa, risparmiargli dolori e sofferenze, non essere l’agente patogeno in grado di sterminare civili innocenti pur di ottemperare alla propria natura sanguinolenta. Questo, con tutta probabilità, sarà il focus della trama principale: la spasmodica ricerca di autocontrollo e serenità, tentando anche di scoprire le motivazioni della sua metamorfosi vampirica, svelando un mistero apparentemente privo di un qualsiasi nesso logico. Tutto questo nell’oscura e tenebrosa Londra del 1918, afflitta e consumata dalla piaga dell’influenza spagnola, la quale sta decimando completamente la popolazione anglosassone.

Addentare i nemici porterà enormi vantaggi al gameplay.

Uno degli elementi maggiormente interessanti presenti nella produzione sarà il fatto che nella grande città di Londra, divisa in quattro distretti, saranno presenti esclusivamente sessantaquattro personaggi non giocanti, ma ognuno di essi avrà la propria storia, caratterizzazione e trascorso, rappresentando di fatto un unicum nel medium. Solitamente siamo abituati a vedere quantità esorbitanti di NPC che affollano le gigantesche mappe dei titoli open world ma, per ovvie ragioni, nessuno viene approfondito e mostrato al giocatore sotto un’ottica differente dal semplice abitante della metropoli; in Vampyr, invece, ciò sarà esattamente il contrario, in quanto è stata posta un’attenzione maniacale per la realizzazione di ogni singolo character, i quali influenzeranno in maniera decisiva le sorti della città e della trama, proprio come se ci trovassimo in un reale centro abitato. Uccidere uno di essi, infatti, non altererà semplicemente lo status da “Eroe” a “Malvagio”, ma produrrà delle conseguenze interne alla metropoli e agli altri abitanti; insomma, un lavoro potenzialmente strepitoso, il quale, ovviamente, dovrà essere testato a fondo per comprenderne le reali potenzialità, ma che, almeno idealmente, simboleggia una svolta al classico concetto di intelligenza artificiale all’interno di una comunità. A ciò, da ottimo titolo moderno che si rispetti, oltre alla trama principale dovremo aggiungere un buon quantitativo di missioni secondarie, le quali, sempre apparentemente, avrebbero l’importante finalità di permettere al giocare di comprendere totalmente il microcosmo concepito dai developer, arricchendo ed espandendo un background già di per sé peculiare, e non rappresentando, quindi, un mero mezzo per dilungare inopportunamente la longevità della produzione.

Vampyr
Il comparto estetico concepito dalla software house ammalia e convince.

L’interessante dicotomia che affligge il protagonista di Vampyr, lacerato tra impulsi omicidi e volontà salvifiche, la ritroveremo concretamente anche nel gameplay, profondamente scisso in due mansioni diametralmente opposte ma saldamente connesse alla perfetta godibilità del titolo: l’esplorazione e i combattimenti. Frequentemente, infatti, ci troveremo a girovagare per le splendide e al tempo stesso oscure vie di Londra, con l’intento magari di scovare qualche indizio fondamentale per avanzare in una quest line, oppure investigare alla ricerca di informazioni utili per scoprire l’origine della piaga e della presenza dei vampiri. Questa meccanica, se ben strutturata e collocata in momenti strategici all’interno dell’avventura, potrebbe rivelarsi, di fatto, uno strumento straordinario per garantire al player di godersi contemporaneamente la narrazione e gli oscuri segreti celati nella città. Certo, il rischio che le fasi esplorative siano ridondanti e soverchianti è effettivamente dietro l’angolo, ma non possiamo non confidare in uno studio di sviluppo così profondo conoscitore dei meccanismi narrativi, in grado, come ha già dimostrato, di saper gestire ottimamente azione e tempi morti.

La Londra immaginata dai ragazzi di Dontnod è cupa e decadente.

Come riferito poc’anzi, l’altra componente centrale del gameplay di Vampyr sarà, ovviamente, il combat system, il quale apparirà strategico, tattico e cadenzato, dove ogni singolo colpo sembra avere la sua rilevanza, e ogni schivata un’importanza decisiva. Il sistema di combattimento, difatti, sarà appunto strutturato sia sulla grande mobilità del protagonista, il quale grazie ai poteri di vampiro possederà la facoltà di spostarsi molto velocemente, che sul giusto tempismo di concatenazione di combo, capacità soprannaturali e attacchi mediante le bocche da fuoco. Reid potrà, inoltre, nel corso dell’avventura, ottenere equipaggiamenti inediti per entrambe le categorie sopra citate (armi bianche e polvere da sparo), le quali modificheranno sensibilmente il moveset, i tempi di recupero e la velocità di offesa; insomma, un’ottima personalizzazione che di certo non reinventerà nulla della classica formula degli action RPG, ma riassemblerà il tutto secondo la filosofia della produzione. Per quel che concerne le abilità vampiresche, in base a quanto intravisto nei vari video, avremo la possibilità di potenziare Jonathan attraverso un parco talenti suddivisi in attivi e passivi: i primi ramificati nelle categorie Difensivo, Aggressivo, Tattico e Ultimate, mentre i secondi in Corpo, Sangue, Morso e Scienza. Oltre a questo, potremo monitorare le condizioni del protagonista attraverso tre barre specifiche: salute, stamina e del sangue, attraverso cui lanciare gli attacchi speciali o eseguire azioni soprannaturali. A diversificare gli scontri, poi, troveremo differenti categorie di nemici presenti nelle varie zone che andremo ad esplorare: gli Ekon, ovvero i succhia sangue aristocratici, i Skals, abitanti delle fogne, i Vulkod, molto vicini ai licantropi, e i Nemrod, vampiri assetati del sangue dei propri simili.

L’utilizzo della armi sarà fondamentale per sconfiggere i vigorosi vampiri avversari.

Per quel che concerne il comparto tecnico, la produzione non sembra di certo la pietra miliare in grado di rivoluzionare i parametri a cui siamo abituati, ma di certo restituisce un ottimo colpo d’occhio generale, fornendo sensazioni positive e gratificanti. Anche la direzione artistica appare molto curata e particolarmente ispirata, con sì una ricostruzione certosina della Londra dell’epoca, ma questa volta logorata e consumata da una piaga dilagante e feroce. Ciò che invece convince leggermente meno è la qualità delle espressioni facciali, non propriamente eccellenti e in grado di stupire il giocatore; sicuramente nulla di eccessivamente grave, ma comunque capace di infrangere leggermente l’immersione.

In conclusione, Vampyr potrebbe realmente essere la concretizzazione di ciò che Dontnod Entertainment ha sempre ricercato: un’unione indissolubile di gameplay e narrativa, perfettamente connessi e in grado di valorizzarsi a vicenda. La trama concepita risulta essere dark al punto giusto, perfetta nell’incuriosire il giocatore e spingerlo ad addentrarsi negli oscuri vicoli di una Londra contaminata da vampiri e licantropi; il gameplay anch’esso ben strutturato e divertente, capace al contempo di unire scontri all’arma bianca con i poteri soprannaturali del protagonista, e, infine, la profondità della costruzione degli NPC apparentemente innovativa e rivoluzionaria, in grado di stupire per ramificazione e realisticità. Ormai il conto alla rovescia è quasi terminato, e la sete di sangue sempre più incontrollabile e irrefrenabile.