1995 – Ogni cultore del mitico Barbarian della Palace si sarà senz’altro avventurato più volte nei cataloghi software dei sistemi più improponibili pur di trovare un titolo che sapesse ereditarne l’immediata brutalità. Come può testimoniare tranquillamente il sottoscritto, quella che parrebbe essere un compito piuttosto agevole, si trasformò purtroppo per molti in una vera impresa titanica, tanto da spingere i più a maturare una drastica conclusione e cioè che ‘solo Barbarian può eguagliare Barbarian’. Proprio quando la dichiarazione di resa era prossima a raggiungere la cattedra del dio dei Pixel, i ragazzi della Visual Concepts tirarono tuttavia fuori dal cilindro il possente Weaponlord che, spingendo ad estremi quasi grotteschi il concept del succitato classico, pose idealmente fine a una questua durata quasi un decennio.
Volendo riassumere in un solo concetto la natura intima dell’ipertrofico beat ‘em up all’arma bianca, si potrebbe in effetti attribuirgli i connotati di un belluino inno alla distruzione: un’orgia di muscoli, sudore acciaio e vene varicose che avrebbe visto 6 energumeni – 3 uomini e altrettante donne – intenti a sbudellarsi l’un l’altro nel tentativo di arrestare l’avanzata del Signore dei Demoni e liberare le terre desolate dal suo giogo. Esaltati da scenari di foggia preistorica, quasi a rievocare i più ancestrali istinti dell’essere umano, detti combattimenti sarebbero andati consumandosi sul filo di armi letali, il cui peso veniva ingigantito da animazioni tanto virili quanto spettacolose.
Mentre sprite degni di comparire sulla copertina di un disco dei Gwar si dimenavano sul selciato imbrattandolo di sangue, il giocatore avrebbe maturato ben presto la sensazione di trovarsi nel bel mezzo di un oscuro circo di sangue e avvertito l’irresistibile impulso di unirsi alla carneficina… Un’impulso tanto brutale da spingerlo a trascurare ogni eventuale limite proprio di un gameplay sì efficace, ma di certo lontano dalla complessità tattica di un qualsiasi Samurai Shodown. Grezzo e ignorante com’era, Weaponlord palesava in ogni caso sin dal Title Screen di non voler avere nulla a che fare con le sofisticate alchimie geometriche diel cult game della SNK: il suo unico scopo – raggiunto col medesimo impatto di un fendente d’ascia che spacca un cranio – consisteva d’altronde nel soddisfare il palato dei soli Unni del Pad; quelli che vogliono pestare duro, ai limiti del “button mashing”, senza doversi preoccupare troppo di barre d’energia, manovre evasive e posizioni difensive.
Più appariscente in versione SNES che nella comunque valida trasposizione Megadrive, Weaponlord approdò sul mercato in un momento storico probabilmente inadeguato: con la prima Playstation in procinto di far piazza pulita e le ormai vetuste console a 16Bit già belle che avviate sulla strada del declino, il gioco finì difatti col raccattare molto meno di quanto avrebbe potuto, se fosse arrivato sugli scaffali dei negozi ad inizio anni’90.
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