L’essere umano è pieno di paure, timori e preoccupazioni, molte volte recondite e nascoste all’interno di uno spesso strato di subconscio, a sua volta racchiuso nella parte più inferiore ed oscura della nostra psiche. Ma la vera fortuna è che, se esse sono frutto della nostra mente, non possono diventare reali ed è per tale ragione che siamo spinti a non curarcene troppo e a continuare ad andare avanti nella nostra vita. Almeno questo è ciò che credevano tutti i bambini di Derry, piccola cittadina americana e luogo di strane scomparse, le quali hanno come protagonisti proprio alcuni ragazzini. Una strana entità è apparsa: un clown che tutti vedono, ma di cui nessuno racconta: lo chiamano IT e sembra essere tutto, ma proprio tutto, tranne che divertente. Questo è l’incipit che abbiamo pensato per la nostra personale recensione di IT, il film uscito da pochissimi giorni nelle sale, basato sul romanzo best seller di Stephen King ed ora diretto da Andy Muschietti.
Ottobre, 1988: durante un giorno di pioggia, di incessante pioggia, di quelle che non vorresti mai mettere piede fuori per paura di bagnarti, il piccolo Georgie chiede al fratello Bill di costruirgli una barchetta di carta ed andare a giocare con lui all’aperto. Probabilmente stanco, o malato, o più semplicemente senza voglia, Bill realizza il giocattolo richiesto, lo cosparge di cera e lascia andare solo Georgie fuori. Pronto alla corsa, prende la barchetta e la lascia navigare sul ciglio della strada. Quasi impossibile da raggiungere, prende velocità, forse anche troppo, ed occupato a correre il bambino non vede una transenna e ci sbatte contro. Il tempo di rialzarsi, ma la barchetta è già caduta in uno scarico fognario. Andando a controllare, scorge una strana figura: è Pennywise, il clown ballerino. Dicendo a Georgie che la forte tempesta l’ha buttato giù dentro il tombino, gli fa notare che ha recuperato la barchetta ed invita il docile bimbo ad allungare un braccio per prenderla. Il clown lo morde, staccandoglielo e tra urla e gemiti strazianti, lo trascina giù. Con questo singolare evento, si apre la storia della pellicola, la quale riprende ben otto mesi dopo, durante l’estate del mese di giugno 1989.
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La vera domanda è: riuscirà a raggiungere quella grande soglia che farà gridare allo spettatore il tanto agognato “WOW”?
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Il film si apre così, quindi, come nel libro, lasciando intendere quale sarà l’esodo di tutta la storia e facendo capire che la pellicola, come il romanzo, non è affatto per bambini. Grazie ad un prodotto forte e ad una campagna marketing, forse, ancora più potente, vuoi o non vuoi, il lungometraggio risulta essere ricolmo di hype ed intriso di grande attesa, che l’utente vuole assolutamente colmare. La vera domanda è: riuscirà a raggiungere quella grande soglia che farà gridare allo spettatore il tanto agognato “WOW”?. Beh, a nostro parere, ci riesce eccome. Ma non è solo grazie a Muschietti, ma anche a tutta la troupe, gli attori e soprattutto gli sceneggiatori che ci sono dietro ad un ottimo prodotto con budget addirittura ridotto.
Una pellicola cinematografica che funziona, si nota subito dalla ricerca stilistica e grafica. In IT questa raggiunge la perfezione, e lo si può evincere da vari particolari che vediamo, ma a cui molte volte non facciamo caso o diamo troppo poco peso. Prima di tutti, il costume di Pennywise coglie ciò che il romanzo dello stesso King vuole trasmettere: inquietudine, ansia, spavento e paura, le quali non sono altro che emozioni di cui si nutre lo stesso IT. Anche se non vedremo mai una trasposizione della reale forma del mostro, a causa del poco budget affidato al regista, possiamo capire il perché IT sia un clown e non qualsiasi altra cosa, in cui può comunque tramutarsi. Il clown, da sempre, risulta essere quella sinistra figura che desta sospetto o simpatia in un bambino, quindi è facile capire questa sua mutazione: o per paura, o per simpatia, un bimbo viene attratto da lui, il quale si pone in modi inconsueti e mai ovvi, ma comunque con uno scopo finale che non cambia mai, ovvero divorare!
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I temi caldi e freddi, che fanno da contorno il più delle volte a delle scene che saranno padrone dei vostri più fervidi incubi, vengono di solito interrotti da un palloncino rosso fluttuante, mai messo a caso.
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Altre piccolezze le riscontriamo, senza ombra di dubbio, nella scenografia di tutto il film. Anche se le vicende nel romanzo ufficiale sono narrate negli anni ’50 (1957-1958), nell’opera di Muschietti sono ambientate, invece, negli anni ’80 (come detto in apertura). Ebbene, vedere quell’auto, o quel market, o più semplicemente quei vestiti che andavamo di moda prima, è un plauso a tutto ciò che si può definire cinema. Il giovane Muschietti, parlando di pellicole, viene già da un horror chiamato La Madre, uscito nel 2013. Anche lì la ricerca stilistica era ottima, ma in IT ha aggiunto un tassello in più, forse grazie anche quei palloncini rossi, tanto innocui quanto spaventosi. Le icone di IT, i palloncini per l’appunto, sono il distacco, sempre vivido, di quell’egregio contrasto tra chiaro e scuro, grigio e nero, della fotografia. Infatti i temi caldi e freddi, che fanno da contorno il più delle volte a delle scene che domineranno i vostri più fervidi incubi, vengono di solito interrotti da un palloncino rosso fluttuante, mai messo a caso.
Quando raccontavamo del plauso agli sceneggiatori era per narrare l’assoluta bravura che essi hanno avuto nel trascrivere, senza copiare (poiché impossibile), o snaturare del tutto, l’opera romanzata dal maestro Stephen King. Non solo tramite le battute ed i “motti”, passando il termine, dei personaggi, ma anche gli ottimi cameo che hanno inserito nella pellicola. Un occhio certosino e più attento, ma soprattutto un già rodato lettore dell’opera letteraria, noterà per esempio La Tartaruga, entità che rappresenta la controparte pacifica del mostro IT: è il bene, e riflette i colori di centinaia di galassie, soli e costellazioni. Risulta essere eterna e perfino più antica dello stesso demone. Un altro cameo, che richiama però la scorsa serie televisiva uscita nel corso del mese di novembre degli anni ’90, è la trasformazione in ragno, rappresentato da solo due zampe. Ma anche all’inizio del film, non può mancare la caratteristica scena degli occhi che illuminano la fogna dove Georgie si affaccia, i quali sono dapprima gialli e poi azzurri, scena ricreata perfettamente.
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Ciò che rende IT di Muschietti eccezionale, sono anche le interpretazioni da Oscar da parte della maggior parte del cast.
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Ciò che rende IT di Muschietti eccezionale, sono anche le interpretazioni da Oscar da parte della maggior parte del cast. Bill Skarsgård veste i panni di Pennywise, ma non è preso a caso: lui infatti non rievoca solamente le movenze, perfette, del clown, ma ricerca anche la parlantina, la cadenza ed il modo di porsi di IT, risultando essere egregiamente interpretato da un attore a cui sembra essere stato disegnato su misura questo particolare personaggio. I Losers non sono da meno: infatti sia Bill Denbrough (Jaeden Lieberher), che Richard “Richie” Tozier (Finn Wolfhard – Stranger Things) o anche la bella Beverly (Sophia Lillis), o perfino il dolce Ben Hanscom (Jeremy Ray Taylor) sono perfetti. Come nella vita reale, gli stessi ragazzini sono affiati nel film e questo lo si sente e vede benissimo all’interno dello stesso. La balbuzie di Bill, l’insicurezza di Beverly, o le battute schiette e tristi di Richie (che di volta in volta vi faranno sorridere), sono tutti sentimenti e modi d’essere, ripresi ottimamente dalle giovani promesse del cinema. Un’altra interpretazione, tra le perfette a cui vogliamo dare nota, c’è sicuramente quella del bullo Henry Bowers (Nicholas Hamilton), personaggio che odierete a prima vista.
Ad essere rilevante è anche il contrasto tra le musiche prettamente fantasy ed il genere del film, ovvero l’horror più puro. Benjamin Wallfisch, compositore delle soundtrack di Annabelle 2: Creation e Blade Runner 2049, ha realizzato delle tracce uniche, che raramente si trovano in pellicole come queste. Riescono a sdrammatizzare anche la più cruenta delle scene, non candendo mai, però, nel banale. IT non è un horror/splatter come i più recenti, magari diretti da un James Wan di quartiere, ma è molto più narrativo, così da risultare visibile a tutti i tipi di spettatori.
IT vuole andare a colpire quel target di utenti che sono rimasti scandalizzati, o spaventati, dalla vecchia trasposizione sul piccolo schermo del 1990. Ma i nuovi arrivati, troveranno un fresco cult, per niente noioso, che li terrà con l’ansia per tutta la durata del film. Un vero horror non è quello che mette paura facendo saltare con dei sempreverdi jump-scared (che non mancano in IT), ma quello che lascia inquietudine, spavento e voglia di non restare solo. Qui prende la sua massima esposizione, raccontando una storia di amicizia ed amore, paura e coraggio, fatta di strette di mano, con o senza sangue e legami che andranno avanti nel tempo, risultando essere infiniti. E voi, siete pronti ad affrontare le vostre paure? Perché se non lo siete, qui tutti galleggiano e lo spazio per i nuovi arrivati non manca mai…