1993 – Ogni appassionato di titoli multi-genere sa bene quanto sia difficile trovare una produzione in grado riservare la medesima cura per i dettagli ad ogni aspetto del suo poliedrico gameplay. Nella maggior parte dei casi, concept di gioco di questo tipo finiscono per rovinare idee potenzialmente straordinarie, la cui natura viene svilita da equilibri starati e soluzioni strutturali raffazzonate.
Ancor prima di essere un esempio di coding, il masterpiece prodotto da Enix e firmato da Quintet Co. era comunque il frutto di una grande intuizione che trovava nell’amalgama di stili apparentemente antitetici come quelli proposti da Sim City, Populous e Rastan la formula più adatta a sostenere un’avventura di proporzioni divine. Affidandoci il controllo dell’Entità Superiore emblematicamente definita come Il Maestro, il director Tomoyoshi Miyazaki ci avrebbe di fatti affidato il simbolico atto di proprietà di un intero mondo da purificare e ricostruire: un compito di proporzioni titaniche da espletare, per l’appunto, lungo due distinte sessioni di gioco, la prima intagliata su canovacci cari alla sfera action-platfom, l’altra orientata a rispecchiare canoni di natura strategico-gestionale.
Rappresentate a dovere tramite il rispettivo impiego di una comoda prospettiva a scorrimento orizzontale ed un’altrettanto efficace mappatura frontale delle aree da ripopolare, questi due “momenti” avrebbero seguito ovviamente una logica sequenziale: nel corso delle sue scorribande in Terra, il dio avrebbe infatti estirpato il Male dai suoi panorami e, solo successivamente, si sarebbe dunque potuto dedicare a restituire la vivibilità ai luoghi mondati. Come accennato in apertura, a fronte delle sostanziali differenze grafiche che li contraddistinguevano, ognuno dei “volti” di Actraiser era tanto bilanciato da poter fare reparto anche da solo: qualità di certo encomiabile vista la mole di dati da gestire, cui avrebbero peraltro fatto da adeguata eco alchimie sonore alquanto evocative ed un design oltremodo ispirato, sia nella caratterizzazione degli sprite principali che nella configurazione dei livelli da esplorare.
Un’intelaiatura di gioco vasta quanto quella di Actraiser non poteva logicamente essere sviscerata nell’arco di una sola produzione. Nel tentativo di esplorarne in modo ancor più esaustivo le molteplici sfaccettature, Enix decise così di ritornare sul suo capolavoro a tre anni di distanza dal rispettivo debutto, regalando nuovamente a tutti i suoi accoliti l’ebbrezza della divinità. Pur concentrandosi principalmente sul potenziamento del comparto grafico che aveva comunque stupito gamer ed esperti anche in precedenza, Actraiser 2 si dimostrò senz’altro all’altezza del suo illustre predecessore, suggellando la piena maturità di un brand che potrebbe facilmente emergere anche in un contesto complesso quale quello attuale.
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