“I limiti, come le paure, spesso sono soltanto un’illusione”. Se mi chiedete cosa penso di poter trovare all’ingresso degli studi di Visual Concepts, mi immagino una teca gigantesca sulla quale campeggia la citazione rubata a His Airness, Michael Jeffrey Jordan, che centra perfettamente il pensiero dei ragazzi che lavorano al titolo cestistico targato 2K. Si, perché sono anni ormai che, ogni qualvolta viene lanciato sul mercato un prodotto sportivo a cadenza annuale, la domanda è sempre la stessa: “Come si può migliorare in maniera tangibile un gioco uscito appena un anno fa?”. Tutto ciò viene accentuato nel caso di titoli come quelli della saga di NBA 2K, ormai da tempo al top per quanto riguarda il proprio settore, poiché se già è complicato migliorare un prodotto con poco tempo a disposizione, impresa ancora più difficile è superare sé stessi quando si è già i migliori. La capacità dei ragazzi di Visual Concepts è questa, ogni anno raggiungono dei limiti per poi superarli, come se fossero una semplice illusione: benvenuti in NBA 2K18.
Da dove si parte per migliorare qualcosa già di pregevole fattura? Ovviamente si conferma quanto di buono si era visto, ritoccando verso l’alto e perfezionando le piccolezze: negli ultimi due anni 2K è riuscita a portarci con i piedi sul parquet, sfruttando al massimo le capacità del motore di gioco e ricreando fedelmente ambientazioni e movimenti. In quest’edizione ritroviamo tutto ciò che di buono era stato creato, con l’aggiunta di piccoli ulteriori dettagli che fanno tuttavia la differenza.
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NBA 2K18 conferma quanto di buono si era visto, superandosi.
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La fisica dei giocatori è ulteriormente migliorata, obbligando l’utente ad adattarsi alle capacità del player: se saremo in possesso di palla con Magic Johnson o Larry Bird, potremo compiere azioni che usando un giocatore di livello inferiore non saremo in grado di fare; anche sotto il punto di vista degli 1vs1, soprattutto in post, Visual Concepts ha affinato la qualità: la stazza di un atleta ha un’importanza sempre maggiore, dando agli scontri fisici un realismo sempre più alto e obbligando l’utente a scegliere con attenzione la tattica da utilizzare: quando si chiamerà un Pick ‘n’ roll, è bene che venga effettuato da un giocatore di peso, altrimenti si rischierà di vanificare il blocco, con la conseguente perdita di secondi preziosi sul cronometro.
Quando meno di due mesi fa i Cleveland Cavaliers e i Boston Celtics hanno ufficializzato la trade dell’anno, l’umore negli studi della 2K non deve essere stato favoloso: Isaiah Thomas, Jay Crowder e Ante Zigic si sono mossi in direzione Ohio, mentre la tratta inversa è stata fatta da Kyrie Irving, protagonista assoluto degli ultimi anni in maglia Cavs e, per quanto ci riguarda, uomo di copertina di NBA 2K18. Con il gioco in fase molto avanzata e le pubblicità andate ormai in onda, lo scambio poteva creare più di un problema a Visual Concepts: una situazione complicata, gestita però alla perfezione e sfruttata per dare ancora più realismo al titolo. Capiterà infatti, nelle partite dei Cavaliers o dei Celtics, di sentire in sottofondo Shaquille O’Neal e Kenny Smith, presentatori di NBA 2KTV, discutere della trade che ha agitato il mercato americano.
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La trade fra Cavs e Celtics ha permesso a 2K di dare ancora più realismo al titolo
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Il team che ci racconterà le fasi di gioco non è cambiato: oltre ai già citati The Jet e Shaq, troveremo Ernie Johnson in conduzione e l’hall of famer David Aldridge a collegarsi da bordocampo ad ogni singola partita, ricreando il team di TNT, uno dei network americani che trasmette la pallacanestro a stelle e strisce. Qui uno dei pochi aspetti negativi del titolo: i siparietti sono divertenti, ma dopo un po’ di tempo diventano stucchevoli e ripetitivi; fortunatamente, 2K ha inserito la possibilità di saltarli, feature che dopo qualche partita viene usata frequentemente.
Se finora abbiamo parlato di piccoli ritocchi che hanno perfezionato aspetti già ottimi dei titoli precedenti, quest’anno Visual Concepts ha deciso di rivedere completamente la modalità principale di NBA 2K18, ovvero la MyCareer, nella quale, al solito, ci si metterà nei panni della giovane promessa della pallacanestro e si affronterà la dura strada che porta alla gloria. Negli ultimi anni sono stati fatti parecchi tentativi, alcuni andati male (non ce ne voglia nessuno, ma la storia scritta e diretta da Spike Lee era ai limiti del tollerabile), altri andati meglio (come lo scorso anno, quando la vita di Pres ci aveva decisamente appassionato). Quest’anno si è virato su una rivoluzione totale, cambiando non solo le basi della storia ma, soprattutto, la gestione della vita di DJ, il nostro alter ego virtuale.
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Il quartiere è la grande novità di questo NBA 2K18
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“Vita di quartiere”, in inglese è “Run the Neighborhood”: il nome rende perfettamente l’idea di ciò che andremo a fare durante la nostra carriera. La storia di DJ è diversa rispetto a quelle di Freq nel 2016 e Pres nel 2017. Gli ultimi due erano ragazzi del college pronti ad essere draftati da una franchigia random dopo una grande carriera universitaria. Questa volta invece si parte dalla strada, senza passare per i classici canali: DJ è una giovane promessa che ha deciso di tornare a giocare a basket dopo aver tentato, senza successo, di seguire la strada della musica; il richiamo della palla a spicchi e del parquet però è troppo forte e, partendo da un piccolo torneo di quartiere, tornerà ad inseguire il proprio sogno.
La prima novità che salta all’occhio è che non saremo più ingaggiati da una squadra casuale, ma sceglieremo noi stessi, all’inizio della carriera, la nostra franchigia preferita, che sarà di conseguenza quella che deciderà di puntare su di noi su indicazione di uno scout venuto a seguirci al campetto. Una scelta curiosa, che esce dai canoni del basket americano giovanile, ma che da al giocatore la libertà di scelta che tanto era stata invocata. Piccola chicca che si ripresenta dopo anni: quando creeremo il nostro giocatore potremo scegliere da dove proviene, senza obbligatoriamente inserire un college, avendo finalmente la possibilità di selezionare la nazionalità, anche quella italiana. Dall’arrivo in NBA in poi saremo noi a gestirci attraverso il quartiere, in una zona social che ricalca quella vista in titoli di genere totalmente diverso come Destiny, ma in un ambiente che sa molto di Grand Theft Auto.
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Negozi di scarpe, barbiere e tatuatore: di tutto e di più nel quartiere
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Nel quartiere di NBA 2K18 avremo a disposizione negozi come quello della Foot Locker, dove potremo andare a comprare scarpe, magliette e accessori, oppure semplicemente a tenere una sessione di autografi con i fan; volete cambiare taglio di capelli? Niente panico, c’è Doc e il suo piccolo barber shop, pronto a soddisfare ogni nostra richiesta; l’inchiostro sulla vostra pelle scarseggia? Alley-Oop è la bottega che fa per voi, con decine e decine di tatuaggi diversi pronti per essere realizzati. Il tutto con un solo obiettivo in testa: la strada verso il 99, ovvero la valutazione massima che il nostro giocatore può raggiungere per poter dire di aver toccato vette appartenute a pochi eletti come Michael Jordan, Magic Johnson, Bill Russell o Wilt Chamberlain. Per perseguire questo traguardo non saremo, volendo, neanche obbligati a scendere in campo nelle gare di NBA, ma potremo anche decidere di giocare solamente online con gli altri player che frequentano il quartiere: ogni giocatore potrà decidere come e quando migliorare le proprie abilità, senza essere guidato nella sua crescita. Cambiata anche la gestione dei cartellini, ovvero quelle caratteristiche tipiche del giocatore a seconda dell’archetipo scelto: avranno un avanzamento visibile, e più faremo azioni legate alla singola capacità, più crescerà la nostra esperienza, portandoci dopo un po’ di pratica a maneggiarla con maestria.
Le altre modalità di NBA 2K18 non sono state modificate in maniera sostanziale: MyTeam si aprirà come di consueto con uno starter pack composto da qualche giocatore di livello più basso e un top player in prestito, che potrete scegliere all’inizio della vostra avventura. Man mano che si gioca si accumuleranno crediti e VC (la valuta speciale del gioco) che vi permetteranno di acquistare giocatori, contratti e allenatori sul mercato oppure di aprire i pacchetti nella speranza di trovare le carte più adatte al vostro stile di gioco. Come lo scorso anno, anche le superstar a inizio anno sono “depotenziate”, in maniera tale da dare ancora più peso alle carte Momenti: versioni speciali che verranno rilasciate durante l’anno a seconda delle prestazioni reali dei giocatori. Per quanto concerne invece la modalità MyGM, essa non presenta feature uniche differenti rispetto alle edizioni precedenti, se non le premesse di partenza: in seguito ad un brutto infortunio, il vostro giocatore della modalità carriera decide di appendere le scarpette al chiodo passando dietro la scrivania, iniziando a gestire una franchigia da General Manager.
In definitiva, riprendo le parole con cui avevo aperto questa recensione: “I limiti, come le paure, spesso sono soltanto un’illusione”. In casa 2K non esistono evidentemente nessuno dei due, perché più passano gli anni, più sono in grado di prendere un prodotto di alto livello e portarlo un gradino più su, dove si pensava che non si potesse arrivare. Un miglioramento continuo che passa per il duro lavoro e la voglia di primeggiare. Non penso di esagerare quando dico che, ad oggi, siamo di fronte ad uno dei titoli sportivi più completi di sempre e sempre più vicino alla perfezione totale. La sfida si rinnoverà anche il prossimo anno e sarà sempre più dura, ma siamo convinti che sapranno superarsi di nuovo. Nell’attesa, godiamoci questo NBA 2K18 a pieno: scarpette, calzettoni, pantaloncini e canotta, si scende in campo e ci si prende il quartiere!
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