Recensione Uncharted: L’Eredità Perduta

La saga di Uncharted è da sempre una delle più amate del medium, in quanto una delle esponenti maggiori delle strabilianti capacità dei Naughty Dog, in grado sia di segnare per sempre il mercato videoludico che di creare una delle icone più importanti del mondo PlayStation: Nathan Drake. Difatti, dopo l’idolatrato Crash e l’insolita coppia di Jack and Dexter, l’altro grande volto concepito dal talentuoso team americano fu proprio quello dell’avventuriero, il quale riuscì a far definitivamente affermare lo studio californiano e, soprattutto, a permettergli di compiere lo step decisivo per divenire una della software house più apprezzate di sempre. Tutte le grandi storie d’amore, però, prima o poi giungono al termine, e nelle iniziali intenzioni di Naughty Dog vi era proprio la volontà di chiudere l’epopea di Drake con il quarto capitolo, concependo un finale chiuso e volgendo le proprie sapienti capacità in altri progetti. Prima della fine, si voleva realizzare un ultimo tassello, che mostrasse le peripezie di Clhoe Frazer, e desse una degna conclusione ad un personaggio amatissimo del franchise non inserito nelle avventure dell’ultimo episodio. Così nacque The Lost Legacy, prima nominato DLC, successivamente espansione e infine capitolo a sé stante, tanto le ambizioni dei developer erano cresciute con il tempo. E non a caso, questa maturazione vissuta con lo sviluppo de L’Eredità Perduta ha portato la stessa casa di sviluppo a non escludere possibili sequel, prendendo magari come protagonisti altri iconici personaggi del brand. Insomma, curiosi di capire cosa Nadine Ross e Clhoe Frazer avranno trovato nel loro viaggio in India? Scopriamolo insieme.

Di certo, pensandoci bene, i rischi erano molti sotto il profilo narrativo: difatti incentrare la trama su due personaggi tutto sommato secondari (come Clhoe e Nadine), escludendo totalmente la presenza di Nathan, vero fulcro della saga, era oggettivamente un missione quasi impossibile, ma non per i Naughty Dog, i quali, grazie alle loro indiscusse capacità nel realizzare trame di forte impatto, dai ritmi calcolati e condite con dei personaggi memorabili, sono riusciti nell’impresa, concependo una trama intrigante, volutamente leggera e spassosa, ma in grado comunque di appassionare. Si perché l’insolito duo ha saputo colpire nel segno nonostante i caratteri così opposti e differenti: Nadine calcolatrice, fredda e spietata, totalmente dedita alla propria società mercenaria e priva di apparenti sentimentalismi, mentre Clhoe impulsiva, giocherellona e, a tratti, sprovveduta, con un triste passato alle spalle a spingerla nella missione. Insomma, come sempre, la software house americana è stata in grado di tratteggiare egregiamente le personalità delle protagoniste, nonostante, comunque, una maggiore cura e attenzione sia stata posta nei confronti di Frazer rispetto alla propria partner, che quasi mai si ergerà oltre il ruolo di semplice spalla.

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Incentrare la narrativa su due personaggi tutto sommato secondari, escludendo totalmente la presenza di Nathan, era oggettivamente un missione quasi impossibile, ma non per i Naughty Dog.

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Parlando della narrativa, Clhoe deciderà, per motivazioni che non intendiamo rivelarvi, di intraprendere un ambizioso viaggio nelle splendide lande indiane, guidata dalla volontà di ottenere la Zanna di Ganesh: un millenario antico manufatto dalle proprietà mistiche. Peccato che alla ricerca del tesoro vi sia anche Asav, vecchia conoscenza di Nadine, il quale sarà pronto a tutto, dispiegando anche il proprio numeroso esercito, per ottenere l’oggetto dei desideri. Certo, se ci pensiamo bene, ci troviamo di fronte al classico stilema della saga, con il villain di turno che, sfruttando l’armata a disposizione, tenterà di uccidere i protagonisti ed a insaccarsi il bottino. Inoltre, a nostro parere, rispetto anche ad altri cattivi presentati dalle varie produzioni del brand, Asav forse è il più debole, tanto per carisma quanto per caratterizzazione, non riuscendo a colpire totalmente nel segno. Non stiamo certamente parlando di un character mal gestito o malamente realizzato, ma che forse sarebbe potuto rimanere più impresso in caso fosse stato maggiormente presente. In generale, anche la narrativa non appare convincente come, ad esempio, quella del quarto capitolo, sicuramente più lunga e con colpi di scena ad effetto, ma comunque assolutamente godibile e divertente.

Nel gioco sarà possibile scattare delle foto in alcuni punti specifici, potendo, successivamente, riosservare quanto catturato con il telefono.

Se sotto il profilo narrativo i cambiamenti, almeno per quanto riguarda i personaggi, sono stati più che significativi, per quel che concerne il gameplay, invece, ci troviamo di fronte ad un Uncharted in tutto e per tutto, caratterizzato dallo stesso feeling con le armi e da un sistema stealth come sempre ottimamente realizzato e perfettamente contestualizzato all’ambientazione scelta. Difatti, questa volta nei panni di Clhoe, potremo accovacciarci nella rigogliosa vegetazione indiana per sorprendere i nemici ignari della nostra presenza, oppure decidere, anche sfruttando il fidato rampino, di percorrere velocemente i vari ambienti di gioco per colpire, sempre senza far rumore, gli avversari. Tutto ciò, tra l’altro, sarà anche incrementato dalla presenza di armi silenziate, le quali renderanno, senza ombra di dubbio, gli attacchi silenti più strategici e divertenti. In caso siate player desiderosi di azione, ovviamente, potrete sfruttare il gargantuesco arsenale ottenibile nella produzione, diversificato nell’equipaggiamento e con un sistema di shooting in grado di divertire in ogni situazione. Partendo dalle pistole a colpo singolo, triplo o a grande gittata, passando per fucili di precisione, shotgun e d’assalto, e finendo con lanciagranate, RPG e mitragliatrici leggere: la scelta sarà semplicemente impressionante, con tantissime bocche da fuoco implementate proprio con questo nuovo episodio.

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 Per quel che concerne il gameplay, invece, ci troviamo di fronte ad un Uncharted in tutto e per tutto, caratterizzato dallo stesso feeling con le armi e da un sistema stealth come sempre ottimamente realizzato.

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Interessante, inoltre, l’introduzione di alcune casse di munizioni solitamente localizzate nei pressi di avamposti nemici, le quali potranno essere scassinate attraverso l’utilizzo di un grimaldello che risulterà essere semplice e immediato da imparare e usare, e appariranno perfette per aggiungere un minimo di esplorazione in più nella ricerca di armi speciali da impiegare poi in battaglia. L’elemento realmente intrigante, però, risulterà il fatto che, oltrepassate le due ore di gioco circa, ci troveremo nei lussureggianti territori indiani, e, come per la zona presente nel Madagascar, in cui sfruttando i servigi di un veicolo Nathan poteva liberamente esplorare una gigante porzione di terreno, ne L’Eredità Perduta saremo in grado autonomamente di scegliere l’obiettivo da raggiungere. Difatti, nella mappa, sempre consultabile con la semplice pressione di un tasto, avremo la possibilità di capire la posizione di tre grandi torri da visitare, le quali saranno fondamentali per proseguire nell’avventura. L’ordine di completamento, però, sarà a nostra discrezione, fornendo quella libertà decisionale che, in fin dei conti, era sempre mancata nelle produzioni targate Naughty Dog.

I paesaggi risulteranno essere davvero mozzafiato.

Insomma, incredibile che si sia voluto inserire un ambiente praticamente sandbox proprio in un contenuto stand alone, segno che la volontà degli sviluppatori fosse quella di fornire il prodotto migliore possibile, non disdegnando un’evoluzione della classica formula proposta. Anche l’intelligenza artificiale dei nemici ci è sembrata di grandissimo livello, con ronde continue una volta scoperti e, soprattutto, una grande attenzione alle azioni dei protagonisti. Da segnalare, invece, l’ormai annoso problema che attanaglia le produzioni della casa di sviluppo sull’invisibilità del nostro partner agli occhi dei nemici, i quali, nonostante si troveranno Nadine ad un palmo dal naso, la eviteranno bellamente come se nulla fosse accaduto. A nostro avviso, dopo più di quattro anni dalla presenza del problema, esattamente sorto da The Last of Us, forse è il caso di sistemare la faccenda, soprattutto considerando l’amore e il grande impegno che da sempre i developer dello studio americano impiegano nelle loro produzioni. Nota di merito, inoltre, per i fantastici puzzle ambientali, i quali risulteranno essere divertenti, ben congegnati, vari e anche piuttosto complessi, riuscendo a coinvolgere il player senza portarlo mai alla frustrazione.

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L’intelligenza artificiale dei nemici ci è sembrata di grandissimo livello, con ronde continue una volta scoperti e, soprattutto, una grande attenzione alle azioni dei protagonisti.

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Semplicemente straordinaria, poi, la cura maniacale nella realizzazione di un’ambientazione così stupenda, così splendida da vedere e da contemplare, capace di lasciare a bocca aperta il giocatore in ogni zona esplorabile. Davvero, è quasi difficile riuscire spiegarlo a parole, ma ciò che hanno fatto i Naughty Dog è da antologia dei videogiochi, un lavoro impressionante sotto tutti i punti di vista, dalla riproduzione di un territorio selvaggio, incontaminato e stupendamente unico, alla qualità grafica impiegata. Difatti la mole poligonale utilizzata è semplicemente senza precedenti, il livello dell’illuminazione da far accapponare la pelle, le animazioni e le espressioni facciali mai viste prima nel nostro amato medium se non proprio in Uncharted 4 e il frame rate assolutamente granitico (eccetto qualche piccolo calo) anche nelle situazioni più concitate: insomma, se non si fosse ancora capito, ci troviamo di fronte, a nostro avviso, al comparto tecnico più bello mai visto in un videogioco, superiore anche a quello di Horizon Zero Dawn, che purtroppo peccava abbastanza sull’espressività dei character. Per quanto riguarda il comprato audio, il gioco risulta perfetto: gli spari egregiamente riprodotti, gli effetti sonori perfettamente inseriti e il doppiaggio italiano di ottima qualità, anche se, a nostro parere, l’inglese la spunta anche questa volta.

In conclusione, Uncharted: L’Eredità Perduta è un nuovo capitolo della serie a tutti gli effetti che riesce a colpire e convincere totalmente, tanto per qualità complessiva della narrativa proposta quanto per una giocabilità ormai ampiamente rodata e perfetta nella sua semplicità. Difatti lo stealth riesce ancora a fornire grandi sensazioni, aiutato anche dalla costruzione di mappe davvero perfette, il feeling con le armi sempre di grande spessore, il rampino utilissimo in ogni situazione e, soprattutto, una libertà di azione difficilmente vista prima nella saga. Inoltre, la presenza di un’ambientazione straordinariamente caratterizzata come quella indiana, coadiuvata da un comparto tecnico che entra di diritto nella top tre della storia del medium, riesce ad elevare la produzione a vette ancora inesplorate dalle altre case di sviluppo. In più la longevità è particolarmente spiccata, con più di otto ore di gameplay se vi dedicherete alla raccolta dei classici tesori e alle monete speciali che vi permetteranno di ottenere un oggetto unico. Le uniche note dolenti provengono dal classico problema dell’invisibilità del vostro partner (che ormai colpisce le produzioni Naughty Dog) e da una trama divertente ma non strabiliante. Nonostante ciò, un peccato mortale farsi scappare un titolo del genere, che, essendo slegato dagli altri capitoli, potrà essere giocato e vissuto da tutti indistintamente.

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V007 Mensile