Basato su eventi realmente accaduti
“Lasciate che vi dica qualcosa di me. Sono uno dei tanti ultratrentenni multitasking del nuovo millennio: un po’ nerd, un po’ geek, il resto è censura, trascorro buona parte della mia giornata tipo davanti ad uno schermo – questo schermo – passando da un’anteprima a una rassegna stampa, fino alla stesura dell’ennesimo articolo. Quando riesco a spegnere il PC prima che i miei bulbi oculari sfoggino una preoccupante abbronzatura digitale, amo dedicare il tempo residuo ai videogame: un’oretta scarsa, forse due se mi dice bene. Quel tanto che basta per godersi i titoli cui si vorrebbe giocare per davvero e non soltanto quelli che si è tenuti a provare per soli motivi… professionali.
Fin qui tutto normale. O quasi.  Dopotutto, cosa potrebbe andare storto in un piano così lineare? La risposta, più severa del previsto, è arrivata molto presto. Da quando mi sono portato a casa una splendida console di nuova generazione quel comodo salotto che avevo ribattezzato da anni quale mia sala giochi personale si è infatti trasformato in una tetra sala d’attesa, dove ogni naturale pulsione videoludica viene frustrata sul nascere dall’obbligo di scaricare il sacro aggiornamento quotidiano. Capita così sempre più spesso che serate promettenti come quella di ieri l’altro prendano una piega a dir poco grottesca e che, prima di trovare un titolo che non necessiti di una copiosa iniezione di dati soverchi, il sottoscritto sia costretto a passarne in rassegna quattro o cinque, salvo poi ripiegare su una partitina volante al piccolo Guacameele… Che sarà anche un signor platform, ma non era certo la mia priorità .
Impossibilitato ad esercitare il più elementare dei diritti dell’acquirente; tristemente entusiasta di ingannare l’attesa guardando i video Twitch fatti da gente che è riuscita a giocare, ho successivamente trascorso un’oretta a fissare il vuoto siderale del soggiorno, filosofeggiando sulla paradossale condizione del gamer del 21° secolo: non il tagliaerbe onnipotente che avevamo tutti in mente, bensì l’ostaggio di una macchina infernale che – un po’ come fa il T9 quando ritiene di sapere meglio di te ciò che hai intenzione di scrivere – decide arbitrariamente come, quanto e a cosa tu possa giocare. Prima di aggiornarsi di nuovo.”