Ciao a tutti, cari lettori, rieccoci al nostro appuntamento bimensile con la rubrica di VMAG dedicata ai capolavori Disney: Disney Diary. Nell’ultimo capitolo abbiamo parlato dell’elefantino che ha rubato i cuori di tutto il mondo fin dal primo momento della sua uscita nelle sale cinematografiche, Dumbo. Quest’oggi il protagonista sarà un altro adorabile animaletto (come molti personaggi principali dei lungometraggi disneyani) che, se è concesso dirlo, ha forse superato, in termini di emozioni e dolcezza, il personaggio sopracitato; stiamo parlando di Bambi, il cerbiatto dagli occhi inverosimilmente grandi che ha conquistato, primo tra tutti, il cineasta stesso, il quale considera l’intera produzione “oro puro”. Il film è il quinto classico prodotto dalla Walt Disney Productions, datato 1942. Scopriamo insieme i retroscena della pellicola.
Da romanzo a pellicola cinematografica
Si mormora, dai tempi della sua produzione, che l’ideatore di questo lungometraggio fu lo scrittore Thomas Mann, il quale incontrò Walt Disney negli Stati Uniti e a cui propose la lettura del romanzo di un autore ungherese, Felix Stalten, che aveva come protagonista un cerbiatto: “Bambi, la vita di un capriolo”. Estasiato dalla lettura, nel 1937 Walt decise di avviare un vero e proprio adattamento cinematografico della storia e decise di acquistarne i diritti, a quei tempi detenuti dal regista Sidney A. Franklin, il quale glieli concesse con molta difficoltà. La realizzazione di Bambi è contemporanea a quella di Fantasia, Dumbo e Pinocchio, ma tra questi fu l’ultimo ad essere distribuito a causa delle difficoltà che incontrarono gli animatori, sia in termini di dispendio economico che di elaborazione e creazione dei personaggi stessi. Il film dovette superare parecchie difficoltà: fu in stallo per ben 4 anni, poiché in quello stesso momento la compagnia era concentrata a rifinire il capolavoro di Fantasia. Lo stesso Disney non prestò la minima attenzione a quest’opera, inizialmente. Solo quando vennero ultimati i dettagli del terzo classico, il produttore creò il team che realizzò, in seguito, uno dei film d’animazione più amati fino a quel momento.
Il rapporto tra mondo animale e umano
La particolarità di Bambi risiede nel fatto che è un film costituito da elementi decisamente delicati e profondi, a partire da temi come il lutto di una persona cara, come la propria madre, alla semplice ma chiara descrizione del ciclo della vita. Il contenuto è, tradotto in minimi termini, il racconto del naturale succedersi degli eventi che costituiscono la vita di un individuo e delle avversità che un cucciolo deve affrontare fino all’età adulta; alcuni aspetti possono essere riscontrati nel precedente capitolo di Dumbo, il quale a sua volta narra di come le difficoltà della vita ti rendano più forte e ti facciano crescere. In Bambi, seppur il filo conduttore sia molto simile, viene mostrata, e qui sta la differenza, la totale e fedele riproduzione del ciclo dell’esistenza, umana o animale che sia, accomunata allo stesso modo da tragici eventi e felici incontri, entrambi avvenimenti che segnano il percorso di vita di ognuno. La metafora di tale realtà, in Bambi è riscontrabile proprio nel fatto che il protagonista sia un cerbiatto che, in seguito alla morte improvvisa della madre, si rende conto che deve affrontare il proprio cammino da solo; rappresenta in questo modo un bambino che muove i primi passi verso il mondo esterno, un gattino che viene svezzato e che riesce mano mano a privarsi dell’ombra della figura materna. Insomma, il rapporto tra il mondo umano e animale in questo classico non manca di certo. Non mancheranno inoltre le figure che aiuteranno il protagonista a crescere e a gioire delle piccole cose della vita, tamponando in qualche modo una mancanza per tutti incolmabile: tra queste ci sono il coniglietto Tippete, la puzzola Fiore e la cerva Faline, la quale rappresenterà per Bambi l’amore.
Uno sguardo ai dettagli
Passiamo alla parte “estetica” della pellicola. Uno dei motivi principali che tardarono la distribuzione di Bambi nei cinema di tutto il mondo, fu proprio il concepimento dei personaggi, i quali dovevano essere tanto realistici quanto possedere delle caratteristiche “umane”. Vennero, come fu per Dumbo, studiati negli stessi studi di produzione i movimenti e le caratteristiche principali di cervi e altri animali della foresta. Bambi venne disegnato con la stessa fisionomia degli animali dalle lunghe corna ma a rendere il suo aspetto più dolce furono i grandi occhi e il grande muso che lo fecero diventare in qualche modo più simile ad un bambino. Elemento decisivo, gli occhi, anche per quanto riguarda i personaggi femminili del classico: lo sguardo premuroso e materno della mamma di Bambi non è ugualmente riprodotto in Faline, la cerva dalle lunghe ciglia e dallo sguardo molto più incisivo rispetto all’adulta. Solo quando entrambi i cerbiatti cresceranno, ella possederà le stesse qualità materne sopra citate. Per quanto riguarda gli ambienti e gli sfondi della produzione, essi vennero minuziosamente ricreati; i disegnatori si ispirarono ai boschi orientali e i dettagli vennero concentrati tutti al centro della scena e meno ai bordi, proprio come nei classici dipinti in Oriente. La qualità dei movimenti e il realismo dei disegni erano talmente perfetti che ancora oggi sono rimasti un modello costante.
L’Effetto Bambi e La sindrome di Bambi
La pellicola venne distribuita nelle sale americane durante la seconda guerra mondiale e proprio per questo motivo raggiunse l’Italia nel tardo 1948; fu candidato a tre premi Oscar, vinse un Genesis Awards come Miglior Classico e un Golden Globe dedicato a Walt Disney. Fu accolto da molti positivamente, mentre da tanti altri venne profondamente criticato, soprattutto per quanto riguarda l’elemento dei cacciatori che uccidono la mamma del cucciolo all’interno dell’opera. Ma ciò che vi è di più curioso è che dalla pellicola si evinsero degli aspetti psicologici omonimi al film: L’effetto Bambi, secondo cui la morte di un animale “esteticamente” più bello viene presa maggiormente in considerazione rispetto a quella di uno meno amato, e La sindrome di Bambi, la quale ci porta ad avere compassione per la sorte degli animali e ci spinge ad aiutarli, senza però sapere che potrebbe essere un’arma a doppio taglio. Difatti, prestando soccorso ad un animale che il più delle volte potrebbe cavarsela per contro proprio, potremmo sancire il suo isolamento da parte del suo gruppo di appartenenza, il quale, avvertendo l’odore umano, non lo accoglierebbe più.
Siamo arrivati anche oggi alla fine di questo capitolo. In conclusione, Bambi racchiude tutto ciò che uno spettatore può desiderare da una produzione cinematografica, il vestito perfetto per grandi e piccoli, in grado di emozionare, di far ridere e riflettere sul senso della vita. È un film che mette in evidenza il rapporto e l’armonia che si crea tra natura e mondo animale, in una simbiosi che forse sancisce la differenza che vi è con il mondo umano. È un capolavoro che, per la prima volta nella storia Disney, propone scene tragiche e sofferenti, capaci di far commuovere anche il più restio a lasciarsi andare alle emozioni. Capolavoro consigliatissimo e che, come tutti i film firmati Walt Disney, non ci delude, anzi, ci insegna ancora una volta qualcosa. Adesso tocca a voi dire la vostra, esprimete il vostro parere senza freni inibitori e fate quante più domande volete. Il prossimo incontro con Disney Diary è fissato per la fine del mese con la prima principessa Disney: Cenerentola. A presto.
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