Recensione Inner Chains

Un mondo devastato, in cui i principi di libertà ed evoluzione si sono da tempo perduti, dove la tecnologia, ormai dimenticata, degli esseri umani gli ergeva a dominatori indiscussi del loro pianeta, ora la natura ha reclamato il suo potere. Il mondo di Inner Chains dipinge un futuro post apocalittico e distopico, un mondo in cui la natura ha assimilato parte della tecnologia dando vita a nuove forme di biomeccanica ed in cui l’umanità ne ha persa ogni di evoluzione sociale, tornando ad una società basata sulla schiavitù e sul fanatismo religioso alimentato dalle caste reggenti che hanno saputo manipolare l’ambiente circostante per divenire oggetto di devozione.

Inner Chains, titolo che ha raccolto in appena un mese 18.000$ su KickStarter, si presenta come un FPS Horror, che di entrambi i generi ha però ben poco. I livelli di gioco risultano infatti essere molto più simili ad un puzzle game, dove la maggior parte del tempo è impiegata nell’attivazione di dispositivi, macabramente rappresentati con teste umane deformate, per poter disattivare le barriere che ci separano da quelli successivi, ma procediamo con ordine. L’opera ci sorprende da subito con un filmato introduttivo che risulta essere quello del trailer di lancio, quest’ultimo, decisamente suggestivo, ci da un’idea su quello che sarà il mondo in cui vivremo la nostra avventura.

[su_quote]

Tutto il primo arco di gioco porterà il giocatore ad avanzare senza poter effettivamente interagire con l’ambiente attorno ad esso.

[/su_quote]

Al termine della non breve sequenza cinematografica, ci ritroveremo in una sorta di catacomba che in breve tempo abbandoneremo per iniziare il nostro viaggio in un mondo ricco di insidie. In un primo momento noteremo come l’ambiente sia oscuro ed inospitale, e se da subito questa nota appare molto suggestiva, dopo diversi minuti in cui non potremo fare altro che camminare cercando di evitare delle sporadiche trappole sotto forma di piante bio-meccanicamente mutate, il tutto porterà ad un perpetuo senso di frustrazione.

Tutti gli esseri umani che incontreremo nella prima fase di gioco sembreranno morenti o in preghiera.

La storia, altrimenti incomprensibile, è spiegata sulla pagina del negozio di Steam, e ci narra che il personaggio da noi interpretato non è altro che uno dei tanti pellegrini che attraversano questo viaggio per fuggire dal loro mondo morente. A causa di un evento fortuito ci ritroviamo a vagare per i sotterranei del tempio a cui eravamo diretti, e siamo costretti a combattere contro delle creature riconducibili a degli zombie con innesti biomeccanici. In primo luogo il combattimento risulta essere frustrante, a nostra disposizione avremo soltanto un bracciale che indicherà con delle barre il quantitativo di vita a nostra disposizione, ed i pugni come arma.

[su_quote]

Per ricaricare l’energia delle nostre armi ed i nostri punti vita dovremo interagire con delle postazioni fisse, sparse per tutti i livelli del gioco.

[/su_quote]

La componente FPS ha i suoi albori quando poco dopo ci ritroviamo ad imbracciare un’arma che emette dei fulmini, questa ha un effetto paralizzante sui nostri nemici e ben presto risulterà essere un elemento chiave anche nel completamento di alcuni livelli, nei quali le piattaforme per disabilitare le barriere appaiono in locazioni a noi inaccessibili, ma attivabili tramite la suddetta spara fulmini. Utilizzarla ne consuma l’energia, se questa viene esaurita avremo comunque la possibilità di adoperarla spendendo però punti vita. Per ricaricare l’energia delle nostre armi ed i nostri punti vita dovremo interagire con delle postazioni fisse, sparse per tutti i livelli del gioco. Ognuna di esse è ricaricabile solo sulle piattaforme del loro stesso colore.

Per procedere attraverso i livelli dovremo disattivare delle barriere, per farlo dovremo attivare le relative postazioni.

Il gioco ci spingerà a combattere sempre più nemici, cercando di farli cadere vittima delle piante sparse lungo i livelli, o combattendoli in prima persona, rischiando però di restare senza munizioni. L’avanzamento attraverso di loro, che avviene grazie ad un sistema di check point, ci porterà ad ottenere altre due armi: un lanciafiamme, che ben presto troverà il suo utilizzo nel bruciare mura di rovi per permetterci di avanzare, ed una spara dardi, unica arma fine a se stessa senza dirette funzionalità per l’interazione con l’ambiente di gioco. Per quanto Inner Chains cerchi di definirsi un FPS, anche la semplice eliminazione dei nemici avviene in modo tanto macchinoso e schematico, da risultare un elemento più puzzle che action. 

[su_quote]

In tutto l’arco di gioco non assisteremo a sequenze dialogate.

[/su_quote]

Le più grandi lacune del titolo sono individuabili nel suo aspetto tecnico, malamente ottimizzato e con continui cali di frame rate, tanto quanto narrativo, lasciandoci sul climax di una storia incomprensibile senza una ricerca preliminare. In tutto l’arco di gioco non assisteremo a sequenze dialogate, limitando la nostra consapevolezza sui fatti inerenti all’ambientazione a delle tavole posizionate in alcuni punti lungo il nostro percorso, inoltre incomprensibili se non dopo aver sbloccato delle lastre che ci insegneranno una relativa lettera dell’alfabeto. Le quali andranno a formare le frasi sotto le tavole precedentemente citate. Se ciò che cercate è una sfida, il prodotto non riuscirà davvero ad offrirvene una, l’AI dei nemici è nei limiti dell’accettabilità, questi risulteranno spesso incapaci di reagire alle nostre azioni o passivi, finché non gli avremo inferto il colpo di grazia a causa del loro scarso range di visione. 

A tutte queste lacune si aggiunge una pressoché nulla personalizzazione dei comandi, della sensibilità del mouse e della qualità grafica, quest’ultima risultata sulla macchina da noi adoperata, fallace nel caricamento di alcune texture del background, provocando spiacevoli effetti che hanno reso l’immersione praticamente impossibile. Sebbene gli sviluppatori abbiano da subito aperto un canale con gli utenti per riportare eventuali errori riscontrati nell’esperienza di gioco, è evidente che il prodotto da loro divulgato è incompleto e che tali mancanze ne abbiano compromesso gravemente l’immagine. In conclusione, Inner Chains risulta un titolo menomato della qualità necessaria a definirlo un videogame finito al lancio, ma che già con le patch programmate potrebbe rivelarsi un’avventura senz’altro godibile. Si augura a Telepaths’ Tree di riuscire nella loro impresa e di dare al proprio progetto la qualità che merita.

V MENSILE
V007 Mensile