Gabe salva Hatred, ma è davvero una cosa buona?

[dropcap size=small]H[/dropcap]atred è un gioco non solo destinato a far parlare di sé, ma nato appositamente per questo scopo. Il motivo è presto detto: in Hatred, di Destructive Creations, interpretate un personaggio, vagamente ispirato ai cantanti black metal che, armato fino ai denti, mette a ferro e fuoco la città uccidendo passanti inermi. Fin qui, non si tratta di qualcosa di troppo diverso da un qualunque Grand Theft Auto. Ma è il modo in cui l’ultraviolenza viene presentata a fare la differenza: in Hatred il killer è compiaciuto, celebrato, per non dire glorificato. La mancanza di un qualsiasi filtro ironico o autoreferenziale, come in GTA, rende il gioco indubbiamente disturbante nei contenuti.

Non a caso, esattamente due giorni fa il gioco è stato ritirato dalla piattaforma Steam Greenlight, un sistema democratico che permette agli utenti di votare un gioco per farlo poi apparire in digital delivery su Steam. Il titolo era riuscito, nonostante il suo contenuto estremo (o in realtà proprio grazie ad esso) a raggiungere un numero di voti molto alto, che gli garantirebbero quindi l’approdo su Steam.

La vicenda, però, ha visto oggi un colpo di scena. Gabe Newell, boss di Valve, è intervenuto personalmente sulla rimozione di Hatred, spedendo un messaggio personale al team e ripristinando per il titolo la possibilità di essere votato. La risonanza mediatica di questo evento ha fatto decisamente bene al gioco, che è schizzato al numero #1 della classifica dopo solo 7 ore dal suo ripristino. Si tratta, del resto, di uno dei trucchi più vecchi del mondo: far parlare di sé, anche in negativo, permette a un gioco di diventare un oggetto proibito, e ne aumenta quanto più possibile la domanda. Nulla di nuovo sotto al sole: fu così ai tempi di Death Race, e Rockstar stessa gioca sul fattore controversia per spingere i suoi titoli.

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Siamo di fronte a un gioco che suscita forti riflessioni etiche. Da una parte, mi chiedo se sia accettabile che un videogioco, notoriamente più incisivo rispetto a un film, possa veicolare contenuti così apertamente contrari alla morale, con il rischio di influenzare il pubblico, specialmente quello più giovane. D’altra parte, la questione va a cozzare inevitabilmente con la libertà d’espressione, del videogioco e dell’intrattenimento in generale. Come già accaduto sul fronte retail nel caso di GTA e la catena Target, la censura iniziale da parte di Valve rappresenta il precedente di un distributore che si atteggia a censore di prodotti creativi.

È questa la posizione assunta dalla maggior parte dei giocatori, dalla stampa di settore e, in ultima analisi, appoggiata dallo stesso Gabe Newell, che ha scritto personalmente al team Creative Director, Jarosław Zieliński, scusandosi per l’accaduto e imputandolo alla scelta, sbagliata, di un responsabile.

Ciao, Jaroslaw,
ieri ho sentito che stavamo togliendo Hatred da Greenlight. Siccome non sono stato informato in tempo, ho chiesto internamente di scoprire chi l’aveva fatto. Si è scoperto che non è stata una buona decisione e rimetteremo su Hatred. Le mie scuse a te e al tuo team. Steam nasce per fornire strumenti ai creatori di contenuti e agli utenti.

Buona fortuna con il tuo gioco.

Gabe

Si tratta, senza ombra di dubbio, di una vittoria per la comunità di giocatori e sviluppatori, dal momento che con questa dichiarazione Gabe ha rivendicato l’assoluta indipendenza da parte di Steam, rendendo la piattaforma l’approdo ideale per chi vuole esprimere la sua visione creativa in totale libertà. Cosa che, con un publisher tradizionale, sarebbe del tutto impossibile. Personalmente, se si parla di curatori di contenuti, preferisco mille volte l’approccio di Valve a quello di Apple, che, lo ricordiamo, aveva bloccato l’immissione della versione mobile di Papers, Please perché il gioco mostrava dei nudi integrali (non a fini pornografici ma, semplicemente, si trattava dei body scan degli immigranti protagonisti).

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Non riesco, tuttavia, a togliermi dalla testa il fatto che siamo stati tutti manipolati dalla geniale campagna di marketing di Destructive Creations. Se d’istinto sento di schierarmi a completo favore della di Gabe Newell e della sua decisione liberalista, d’altro canto credo che un mercato che premia un’operazione commerciale come Hatred sia un mercato con dei gravi problemi. Davvero siamo ancora qui a farci abbindolare da chi, per mancanza di contenuti reali, punta sugli istinti più bassi dell’uomo? Davvero abbiamo così poca scelta tra il mercato mainstream e indie per doverci soffermare su un prodotto palesemente becero come Hatred? Sono pronto a essere smentito: magari Hatred sarà un capolavoro a livello di gameplay.

Credo quindi che metterò da parte i sentimenti che provo, perché quello che davvero conta è che il ritorno di Hatred segna un punto a favore per la libertà d’espressione del videogioco. Tuttavia, vorrei che questi dibattiti nascessero su giochi con tematiche realmente controverse, e non su una pagliacciata come Hatred. La cosa triste è che, al momento, non ce ne sono.

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