Recensione Day of Infamy

Sentite quest’aria pesante? Il rumore di un bolt action in lontananza accompagnato dall’urlo di un vostro compagno che si accascia a terra? Benvenuti su Day of Infamy, un FPS ambientato nella seconda guerra mondiale che fa della sua difficoltà e del suo realismo le sue carte vincenti. Il gioco è sviluppato in Source Engine, ed è stato prodotto da New World Interactive, noto per il rilascio di Insurgency nel 2014. Ponendosi fin da subito come un titolo tendente ad un’utenza più competitiva, è ben caratterizzato da meccaniche che premiano il lavoro di squadra e la strategia, non avendo pietà alcuna per chiunque pensi di poter andare in giro in cerca di uccisioni facili.


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La prima cosa  che notiamo entrando nel menù principale: è la totale assenza di una componente Single Player. Il titolo difatti si sviluppa su due sistemi di gioco fondamentali: uno completamente multigiocatore e l’altro cooperativo. Nel primo caso vivremo battaglie sino a 20 giocatori per fazione, dispiegati con l’obiettivo di contendere, conquistare o distruggere dei bersagli posti linearmente lungo la superficie della mappa. Day of Infamy propone come fazioni in conflitto le forze Americane: del Commonwealth e dell’Asse. Ognuna di esse ha accesso a 9 classi caratterizzate da armamenti ed eventualmente scopi strategici differenti.

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Un chiaro esempio della collaborazione necessaria, e da cui tutta la squadra trae vantaggio, è quella tra l’ufficiale e l’addetto radio.

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Un chiaro esempio della collaborazione necessaria, e da cui tutta la squadra trae vantaggio, è quella tra l’ufficiale e l’addetto radio. Il primo è dotato di un binocolo che può utilizzare per indicare un’area in cui far intervenire il comando tramite bombardamenti, rilascio di cortine di fumo o lancio di rifornimenti. Per poter comunicare con la base, ha però bisogno di un addetto radio nelle sue immediate vicinanze, senza di esso tali funzionalità sono inutilizzabili e, se in una squadra le due figure non riescono a collaborare, a risentirne è il team intero. Le armi in gioco sono ben curate in ogni aspetto, dalla veridicità della ricostruzione storica al comparto sonoro, molto godibile nel suo complesso. Non è presente alcun sistema di mira, se non utilizzando il mirino stesso dell’arma premendo il tasto destro del mouse.

L’interfaccia in gioco è priva di qualsiasi informazione riguardo le condizioni di salute o dell’ equipaggiamento del nostro personaggio, limitandosi a mostrare la chat e lo stato degli obiettivi di gioco.

Il respawn è gestito ad ondate, alla propria morte, se la squadra è in possesso di punti ondata, bisognerà attendere un timer o che un compagno rientri sul punto, lasciando di fatto scoperta la sua posizione sull’obiettivo da proteggere. Il comparto tecnico del gioco, essendo molto complesso e a tratti meccanico, risulta sicuramente ostico per qualsiasi giocatore alle prime armi,  i tutorial forniti dagli sviluppatori tramite cinque video di appena un minuto nella schermata principale, risultano poco efficaci e al di fuori delle tematiche strategiche, nel preparare gli utenti a ciò che li aspetterà una volta scesi sul campo di battaglia. Le ambientazioni sono sicuramente uno degli aspetti più lodevoli del titolo: Day of Infamy è riuscito a ricreare atmosfere tipiche del periodo storico, mostrandoci dei soleggiati borghi italiani e delle piovose metropoli tedesche, queste, vissute con un comparto sonoro di tutto rispetto, accentuano ancora di più l’immersione del giocatore nell’opera.

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Day of Infamy si presenta come un gioco fuori dal suo tempo,  là dove tutti cercano di accontentare quanta più utenza possibile, lui segue un’altra strada, abbracciando meccaniche di gioco emblematiche per gli FPS dei primi anni 2000.

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Day of Infamy si presenta come un gioco fuori dal suo tempo,  là dove tutti cercano di accontentare quanta più utenza possibile, lui segue un’altra strada, abbracciando meccaniche di gioco emblematiche per gli FPS dei primi anni 2000, ma che con il tempo, hanno lasciato posto sempre più ad ambienti futuristici. In questa scelta risiede però il suo difetto più grande: la difficoltà del titolo, assieme agli evidenti limiti del motore grafico utilizzato, va in attrito con quelle che sono le comodità e le caratteristiche principali ormai assimilate dagli utenti dei prodotti più recenti. Il personaggio risulta infatti poco manovrabile, abbassando i ritmi e rendendo frustranti azioni basilari quali: il saltare su un oggetto o abbassarsi per passare attraverso delle fessure.

In conclusione: Day of Infamy si dimostra un gioco più che degno d’attenzione grazie al grande supporto ricevuto, come il suo predecessore, dalla sua utenza tramite lo Steam Workshop, dove i giocatori possono creare skin, armi e mappe personalizzate. Se c’è una cosa in cui il titolo riesce perfettamente: è il ricreare un ambiente in cui farvi immergere ed emozionare. Inoltre, i limiti evidenziati precedentemente, possono avere un peso differente per ogni utente. Naturalmente qualcuno potrà trovarsi più a suo agio di altri con queste feature. Le premesse ci sono tutte, ma riuscirà a riscontrare di nuovo il favore dell’utenza? Noi ce lo auguriamo.

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