“Scegli la vita” diceva lo spot pubblicitario contro la droga diventato leggenda. “Scegli la vita” ripetevano in modo sarcastico Mark Renton e Sick Boy vent’anni fa. Facile a dirsi, difficile a farsi, specie se di mezzo c’è l’eroina, se intorno a te vedi soltanto morte e la se vita ti rinfaccia continuamente quanto fai schifo. Non è solo la vuota frase promozionale di una pubblicità progresso, è una grossa questione filosofica che trascende il contesto ristretto degli oppiacei sobborghi di Edinburgo. Si tratta del quesito shakespeariano per eccellenza e non si riduce a filosofeggiare con in mano un teschio umano. Cosa significa “scegli la vita”? Significa faticare, significa la mattina e scorrere le notifiche di Facebook ed Instagram per rimanere aggiornato, significa guardare gli amici morire, significa lottare ogni giorno per sopravvivere, fino a non riuscire ad addormentarsi per i tormenti di una giornata infernale. Non ha senso chiedersi se ne vale la pena, non c’è una risposta e se esistesse non staremmo qui a parlarne. Tutti noi, ogni giorno, ci dondoliamo in un movimento simmetrico e costante tra il sopportare le fatiche e il rifiutare la nostra esistenza, chiudendoci all’interno di un mondo immaginario fatto di alcool, droga e depressione, ma anche videogiochi, film, serie TV e YouTube. Dov’è la linea di confine tra godersi la vita e rifiutare la realtà ? Non sono domande casuali, fatte per il gusto di farle, sono gli interrogativi su cui si costruisce la trama di uno dei film divenuto simbolo della vita trasgressiva e del suo più recente seguito. Dove Trainspotting snocciolava il primo interrogativo “vale la pena rifiutare la vita?”, T2 Trainspotting analizza l’aspetto opposto: “vale la pena scegliere la vita?”.
Sono passati vent’anni da quando abbiamo lasciato Sick Boy, Spud e Begbie. Ci siamo separati da loro insieme a Mark Renton che camminava sorridente verso il suo futuro radioso, allontanandosi dalla morte di Tommy, dalla follia di Franco e dalla oscura trappola delle amicizie che lo incatenavano ad un destino segnato. In T2 Trainspotting lo ritroviamo in palestra, a correre su un tapis roulant mentre fissa il suo riflesso nel vetro innanzi a lui. Invecchiato, trasferitosi ad Amsterdam, con i capelli allungati e un aspetto sano fino a quando non si accascia al suolo, atterrato da un “episodio coronarico”. Sick Boy adesso è Simon, anche se non è cambiato molto altro in lui. Ancora tenta di mettere insieme qualche buona truffa e continua ad arrancare economicamente dietro al costo del suo bianco veleno. Begbie è in carcere, esattamente come ce lo ricordiamo, solo più vecchio e vagamente patetico nel suo atteggiamento violento, aggredisce il suo avvocato e spera nella semi-infermità mentale. Spud non si è mai ripreso, non sono bastati una moglie ed un figlio a tirarlo fuori dal fango, non è bastato ritrovarsi faccia a faccia con il suo fallimento. Non ha trovato la salvezza nemmeno nei gruppi di aiuto che sono diventati inutili quando ha perso il lavoro per un ora di ritardo perché “dopo quindici anni di eroina cosa ne poteva sapere lui della maledetta ora legale?” Un “episodio coronarico” è una faccenda seria, cosa può fare un uomo quando si trova ad un passo dal divorzio, il suo cuore inizia a cedere e rischia di perdere il lavoro se non ricongiungersi a famiglia e migliori amici? E’ proprio questo il motivo per cui Renton prende un volo per Edinburgo, perché non ha nessuna idea migliore e perché è solo lì che può incontrare le persone che davvero lo conoscono.
[su_quote]
Quando ti buchi hai una solo preoccupazione: farti. E quando non ti buchi, di colpo, devi preoccuparti di tutto un sacco di cazzate […]
[/su_quote]Â
Ovviamente non si rubano 16 000 sterline senza conseguenze e non si ritorna dalle vittime del furto senza prevedere in un paio di smazzolate ben giustificate, specie se i derubati sono un gruppo di tossici scozzesi. Ma sebbene il primo film sembrava voler intendere che le amicizie stupefacenti non valgono granché, T2 Trainspotting rivaluta il rapporto tra i protagonisti, capaci, nella loro interpretazione, di far capire che esistono molti livelli di complessità in una brutta amicizia. Il ritorno di Mark sconvolge gli equilibri che si sono instaurati alla sua partenza. Sarà lui a trascinare Spud fuori dal fango, dentro il suo inaspettato talento da scrittore, a incrinare la relazione di convenienza tra Sick Boy e la sua nuova fiamma, a scatenare la furia vendicativa di Begbie e sarà ancora una volta lui a riassumere il film in una sola frase significativa: che cosa ci faccio con i trent’anni che mi restano da vivere? Che cosa può farsene un ex tossico cinquantenne senza moglie, lavoro e aspirazioni di altri trenta anni di vita? La risposta di Mark è una sola ovviamente: ricongiungersi con Sick Boy nella speranza di perseguire un altro truffaldino progetto. Due veri amici si riconoscono all’istante, non bastano vent’anni di separazione, tutti gli insulti e le scazzottate del mondo per mettere la parola fine ad un amicizia genuina: sconfitta la tensione iniziale i due tornano ad essere la coppia di scoppiati che abbiamo conosciuto nel lontano passato. Senza però dimenticare la minaccia di una nuova pugnalata alle spalle.
Il mondo, Edinburgo e le loro vite sono cambiati, ma alcune cose non mutano affatto. Forse troppi fatti in realtà sono rimasti uguali. Non mancano certo in questo film i riferimenti al passato, nemmeno i flashback strappalacrime posizionati al momento giusto per impressionare lo spettatore. E’ tutto un enorme e ben orchestrato Déjà -Vu in cui i protagonisti richiamano i ricordi della loro infanzia, di quando in quando, trascinando lo spettatore nel 1996, quando veniva registrato l’indimenticabile predecessore e i ragazzetti disillusi ridevano del mondo, convinti di essere immortali nell’edonismo sfrenato di una vita dissoltasi su di un cucchiaio. Le tragiche vittime di loro stessi, a metà tra il compiacimento ed il disgusto per le azioni del passato, pronti a rinfacciarsi gli errori e le colpe che per anni si sono tenuti dentro. Si tratta di un film al di sopra dell’ordinario che tratta temi tutt’altro che banali. La potenza della trama sarebbe davvero sprecata se le scelte registiche non le rendessero la giustizia che si merita. C’è una sinergia meravigliosa in questa squadra operativa, non so se siano le libertà lasciate al regista Danny Boyle oppure un’immedesimazione particolare da parte del cast, quello che posso dire con certezza è che in questo caso più che mai: “squadra che vince non si cambia”. Un paio di inquadrature gestite in un modo veramente spettacolare, in particolare alcune: la ripresa dei cessi nella discoteca o il lavoro di taglio fatto nel primo incontro tra Mark e il vecchio Spud. Stiamo parlando di un utilizzo veramente creativo degli strumenti filmici per produrre a volte una reazione di sgomento, una risata, un sospiro nostalgico. Ma cosa vi aspettavate? In fondo si chiama T2 Trainspotting.
[su_quote]
T2 Trainspotting è lo specchio di un movimento pendolare lasciato incompleto.
[/su_quote]Â
Non rimane moltissimo da dire su questo film, se non il fatto che è impossibile scinderlo dal primo capitolo. T2 Trainspotting è lo specchio di un movimento pendolare lasciato incompleto. Si ritrovano tutti gli elementi che hanno fatto parte del primo film con delle tinte più mature, quasi anziane, con un’insistenza ed una costanza che viaggiano ad un ritmo ben scandito e mai eccessivo che riesce a non dissiparsi in una nuvola di fan service. Se vi aspettate la fotocopia del vecchio film cult siete nella sala sbagliata. T2 Trainspotting sta a Trainspotting esattamente come il nuovo Mark Renton disintossicato sta al sé stesso più giovane. Qualche anno per mettere la testa a posto, un po’ di fatica per fingere di essere cambiato e un abbonamento in palestra nuovo di zecca, ma sotto quella scorza leggermente appassita di cinquantenne salutista, il vecchio ladruncolo rockeggiante è vivo e vegeto, in attesa dell’occasione giusta per saltare fuori e perdere il controllo tanto faticosamente simulato. Vi consiglio di non perdervi questo film al cinema e tenendo bene in mente il pensiero che sembra aver diretto la penna dal cui inchiostro è scaturita questa storia: cosa succederebbe nel mondo reale? Non nel mondo dei ragazzetti tossici sognatori, nel duro mondo reale, che schiaccia diversità ed originalità ad una piattezza difficilmente apprezzabile. Complimenti vivissimi per quello che è e sarà un nuovo arrivo nel mondo dei film Cult.Â