Come ormai tutti abbiamo capito, il punto di forza dell’Oculus Rift è il genere horror: Dying Light è stato sottoposto alla prova, ma il risultato non è stato così soddisfacente. Già l’esperimento fatto con Alien: Isolation è stato un monito, che ci ha mostrato cosa vuol dire riadattare un gioco tripla A ad una tecnologia che ancora è in fase di sviluppo come Oculus Rift.
Provare Dying Light sulla tecnologia di VR ha suscitato buone aspettative per il futuro, ma brutte impressioni per il presente. Se da una parte c’è l’ansia che ti assale nel dover sopravvivere contro degli zombies che compaiono da ogni dove, dall’altra c’è la possibilità di rimettere la cena consumata poco prima; ciò è dato da un riadattamento grafico che ne abbassa la risoluzione e ne distorce i vari elementi visivi come sottotitoli e la UI del menu quando viene aperto. Il problema sorge non tanto durante la sessione di gioco interattiva, quanto durante i filmati di gioco.
Quasi sicuramente Dying Light sarà l’action horror che più spaventerà e sbalordirà i videogiocatori quando sarà in commercio la versione finale dell’Oculus Rift, anche perché, diciamocelo: quale gamer non ha come sogno nel cassetto quello di fare parkour in prima persona tra orde di zombies affamati in una città deserta? Un po’ di paura e adrenalina nella vene non ha mai ucciso nessuno… finora.