Recensione Flywrench

Masshof, erede del successo di Nidhogg, torna sulla scena con Flywrench, un titolo assai differente ma certamente non meno anticonvenzionale. Il gioco ricade nella categoria degli “hard-games” ovvero quei titoli che, per farla breve, fanno dell’alto livello di sfida quanto della costante frustrazione il loro cavallo di battaglia, invogliando il player a superare i limiti imposti. In questo caso l’opera non fa assolutamente eccezione, regalando grandi soddisfazioni ed allo stesso tempo invogliandoci a scaraventare il joypad, a mo’ di palla da baseball, contro il televisore o monitor che sia. Proseguiamo nella recensione, per capire come le premesse appena citate vengono applicate senza pietà in questo colorato indie.

La protagonista di Flywrench è, come suggerisce il titolo, una navetta spaziale acrobatica inviata in missione nei pianeti del sistema solare, al fine di recepire un segnale la cui origine è sconosciuta. Se la seconda parte di questa frase vi sembra piuttosto confusa, occorre dire a nostra discolpa che sebbene la volontà di inserire una sorta di trama in un gioco di questo tipo sia apprezzabile, la narrazione è davvero sconnessa e ambigua, costituita da frasi enigmatiche dal senso logico a noi ignoto come “la distanza più breve tra due punti è il tempo stesso”. Per quanto riguarda la progressione negli oltre 170 livelli abbiamo invece uno schema piuttosto tradizionale: completando quelli di Plutone, avremo accesso a quelli di Nettuno, e via dicendo fino al Sole. Inutile sottolineare che la difficoltà andrà ovviamente ad aumentare proseguendo tra i vari astri.

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Ciò che a primo acchito sembra facile, per non dire assopente, diverrà dannatamente impegnativo, ai limiti dello snervante.

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Lo scopo di Flywrench è evitare i vari ostacoli compiendo acrobazie con la navicella. Per superare le barriere rosse dovremo dare un imput che unirà le ali del nostro shuttle, mentre quelle bianche andranno valicate in posizione neutra; infine per farci strada nei punti verdi sarà essenziale iniziare a girare come una ventola. Il tutto, usando il primo comando per svolazzare e non essere sovrastati dalla forza di gravità ed evitando di collidere con i bordi della mappa. Le meccaniche sono queste, ma non cantate vittoria troppo presto. La difficoltà di gioco dopo i primissimi scenari si fa davvero ardua, introducendo sempre più pericoli che si concateneranno in un dedalo mortale. Ciò che a primo acchito sembra facile, per non dire assopente, diverrà dannatamente impegnativo, ai limiti dello snervante. L’obbiettivo del gioco è d’altronde proprio quello. E a farlo, lo fa bene. A colpirci sono stati i molteplici modi disponibili per superare ogni livello che esulano totalmente dal macchinoso The Impossible Game, ad esempio. In ogni caso, ci teniamo a ricordare che sebbene non vi sia un solo pattern vincente, non esiste alcuna scorciatoia.

La navicella deve essere del colore dell’ostacolo per oltrepassarlo.

Analizzato il fulcro del gameplay, è doveroso concentrasi su altri aspetti come la componente grafica ed il feeling che si viene a creare accostando l’esperienza visiva alle dinamiche di gioco “pure”. In questo senso l’opera si dimostra assai scarna sin dal menù, che non eccelle in pulizia. I livelli sono colorati e tutto quello che serve vedere ai fini della giocabilità si nota senza sforzi; detto ciò, lo stile minimale, volutamente trascurato, non rappresenta certamente la punta di diamante della produzione. Siamo quindi delusi dal comparto tecnico di Flywrench? La risposta è no. L’aspetto grezzo del gioco non fa che accentuare la sua qualità più preziosa: la sfida. Infatti, metabolizzata la prima fase di spaesamento, è impossibile non essere rapiti dal suo frenetico quanto serrato ritmo. E in fin dei conti, è proprio quello che è richiesto a un hard-game.

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Le colonne sonore risulteranno coerenti con il tema futuristico, ma potrebbero causarvi un bel mal di testa.

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Ora giungiamo al vero e proprio tallone d’Achille del prodotto ossia il suono. Se nel complesso Flywrench centra il suo obbiettivo di mettere sotto stress il giocatore con tutti gli strumenti a sua disposizione, l’uso che fa del comparto audio è stata la goccia che fa traboccare il vaso. Dagli effetti sonori al limite del fastidioso in stile Space Invaders, fino ad arrivare al punto nevralgico della questione: stiamo parlando delle colonne sonore che comunque sono coerenti con il tema futuristico. Il problema è che una parte non faranno che causarvi un bel mal di testa, con conseguente perdita di concentrazione e imprecazioni varie. C’è tuttavia da dire che le più fastidiose sono state quelle dei pianeti iniziali, andando a migliorare con la progressione del gioco.

Nonostante abbia qualche lacuna, ed alcuni (fastidiosi) difetti, siamo stati veramente soddisfatti da quest’indie. Tirando le somme e senza peli sulla lingua, possiamo affermare che Flywrench non è un gioco perfetto, ma riesce alla perfezione nel suo intento di fornire qualcosa di estremamente impegnativo, mettendo sì alle strette il giocatore, ma invogliandolo anche a non mollare. Il titolo è senz’altro uno dei migliori nella sua categoria, probabilmente grazie al fatto che riesce a dare indimenticabili momenti di amore-odio suggellati da immense soddisfazioni, facendoti letteralmente gridare sia di gioia che di disperazione.

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