Qualche giorno fa si è consumata a Pontelangorino, nel ferrarese, una tragedia che ha visto complici due amici, Manuel Sartori e Riccardo Vincelli ,di 17 e 16 anni. I due adolescenti si sono resi protagonisti degli omicidi di Salvatore Vincelli e Nunzia Di Gianni, genitori del ragazzo più giovane. La stampa ha giocato facile su alcune abitudini dei ragazzi: gli spinelli, il bar, i videogiochi. Utilizzare frasi come “dopo l’omicidio i due ragazzi si sarebbero messi a giocare ai videogames” o “sfida alla Play dopo la mattanza”, non hanno fatto altro che alimentare nuovamente il facile 1+1 che viene realizzato troppo spesso dai media italiani in casi del genere: videogiochi=violenza.
AESVI, l’associazione italiana che riunisce gli editori videoludici italiani, ha voluto commentare la vicenda con un comunicato:
“Diverse testate giornalistiche di rilievo nazionale hanno sottolineato la circostanza che gli autori del delitto fossero dei videogiocatori e l’hanno messa in connessione diretta con quanto accaduto additando i videogiochi al pari, e in alcuni casi ancora prima, delle droghe come simbolo di uno stile di vita privo di valori”
“Questo tipo di comunicazione, oltre che inaccettabile per l’industria dei videogiochi, è a nostro avviso offensiva nei confronti dei videogiocatori, che oggi in Italia si stimano essere più di 25 milioni di persone. È inoltre scorretta ed ingannevole nei confronti dell’opinione pubblica, in quanto suggerisce una relazione del tutto indimostrata e inesistente fra l’utilizzo di videogiochi in quanto tale e la propensione al crimine. Denota, infine, un ingiustificato accanimento nei confronti del mezzo videoludico”.
“I videogiochi si sono affermati, soprattutto negli ultimi anni, come uno strumento in grado non solo di intrattenere, ma anche di essere valido supporto nell’ambito dell’educazione e dell’informazione. Troppo spesso non ci si rende conto che queste allusioni rischiano di penalizzare un intero settore che dimostra una sempre maggiore attenzione sia alla qualità dei prodotti sia alla promozione di un utilizzo consapevole degli stessi. Un’industria che proprio nel nostro Paese sta vivendo una fase di fermento creativo che ha portato alla nascita e al consolidamento di numerose realtà di sviluppo indipendenti”.
“Ci auguriamo quindi che sui videogiochi possa essere fatta una corretta informazione nei confronti dell’opinione pubblica, evitando facili collegamenti non pertinenti, sempre nell’assoluto rispetto del diritto di cronaca”.
Anche voi pensate che il collegamento videogiochi=male sia ormai diventato un’attacco quasi stucchevole? Soprattutto nei confronti di una forma d’intrattenimento che in Italia, come dice AESVI, si sta lentamente affermando?
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