FIFA 13: la recensione di VMAG

In Italia funziona così. Più o meno per tutti. Con le croste sulle ginocchia ci nasci o quasi, e quel dolore che solo il brecciolino ti sa provocare impari a conoscerlo quando ai piedi hai ancora le scarpe a strappo. Poi arrivano la scuola calcio, i campi con la terra che ti riempie le narici e ti secca la gola, le docce coi compagni esibizionisti e papà che urla squisiti improperi a un tizio che corre cercando di non toccare la palla. Alla fine cresci, e ti chiedi cosa sarebbe successo se solo fossi stato un atleta migliore o se avessi preferito l’algebra al torello. Ma il calcio ce l’hai già dentro, “lì nel mezzo” come direbbe qualcuno.

Così, spontaneamente, continuerai a portarlo con te, all’appuntamento settimanale col calcetto tra scapoli e ammogliati, nelle serate di fantacalcio coi colleghi di lavoro, la domenica mattina al centro scommesse e allo stadio con tuo figlio e la sua sciarpa così ridicolmente grande. Sì, il calcio a noi piace. Ciononostante, continuiamo a parlare a turni alterni di quello che i canadesi e i giapponesi continuano a simulare. E i canadesi e i giapponesi, beh, devo ancora vederli scastrare un Super Santos da sotto una marmitta.
Ma l’industria va così e tutti sembrano esserne contenti. Ai nordamericani quest’anno il pallone piace farlo viaggiare così veloce da far girare la testa, mosso da ventidue imprevedibili Robbie Fowler sotto effetto di sostanze stupefacenti. Ma si chiama intrattenimento, e forse il fatto che il brand tiri come il miele è sintomo di un’attrazione esotica, indice che il calcio nostrano sia piuttosto noioso, lento e prevedibile, poco spettacolare in tutti quei lunghi novanta minuti.  E, dunque, cos’è FIFA 13? A essere sintetici potremmo definirlo un Impact Engine 2.0, con meno effusioni e meno giocatori incastrati per terra. Ma anche un bel menù tirato a lucido e bello da vedere.

È un’intelligenza artificiale verosimile che compensa l’impossibilità di gestire i giocatori senza palla ed è un sacco di schemi su punizione che eravamo abituati a vedere solo su YouTube. Sì, la faccia di Vucinic sembra essere stata partorita da X-Files, i legamenti crociati si rompono come uova e non c’è traccia del Camp Nou, ma tutto quel bendidio di animazioni e il nuovo Match Day fanno chiudere un occhio più che volentieri.

Già, il Match Day. L’evoluzione non solo fonetica del buon vecchio Live Season. Ed è proprio questo che rende il fluido FIFA così dannatamente simile a una droga: il suo essere un’opera dinamica, sempre aggiornata nelle statistiche sugli umori, sui gossip e sugli infortuni dei giocatori, riflessi anche nelle telecronache di quei Caressa e Bergomi altrimenti prossimi all’Alzheimer. Ma FIFA 13 significa anche fare i conti con le partite più interessanti della settimana scelte dagli sviluppatori e con gli incontri in diretta, con le nuove voci da bordo campo e con i giocatori che fanno riscaldamento vicino alle panchine.
E soprattutto (e non è cosa da poco) significa non avere per forza quei dannati nomi sulla testa. E poi c’è il First Touch Control, che non ha senso che Crouch sappia agganciare la palla come Totò Di Natale. E quella modalità Carriera sempre più vicina allo standard che ogni maniaco dei titoli manageriali desidererebbe, con quelle contropartite tecniche che tutti si auspicavano e che Babbo “Rutter” Natale ha così generosamente dispensato in anticipo.
FIFA 12 ha fatto strappare i capelli a milioni di persone, gridare nelle piazze alla venuta del nuovo Messia. E il Messia è arrivato davvero. Ora, a un anno di distanza, si può solo cercare di togliergli un po’ di stracci bisunti e infilarlo in un bell’abito da sera. Magari mettergli davanti un bel Kinect. Che urlare le sostituzioni in salotto o farsi ammonire per aver copiato gli insulti di papà è comunque una bella soddisfazione. O un Move, così papà può giocare davvero. In maniera più intuitiva e senza richiedere l’articolazione di tutte e dieci le dita sul controller. Un bel passo verso il mercato casual, complice forse anche la “fifastreetiana” decisione di delegare solo alla levetta analogica sinistra la possibilità di adoperarsi in quei trick che avrebbero richiesto maggior dimestichezza col pad.
EA sembra aver volutamente lasciato la prossima mossa a Konami, accontentandosi di perfezionare un pacchetto che era riuscito già a deliziare i palati di milioni di utenti, ma senza incorrere nel rischio di rivoluzionarsi ancora prima dell’avvento della next-gen. Laggiù nel cielo d’Oriente si profila già l’arma Fox Engine, ma in tutta onestà quello di cui siamo sempre più convinti è che il calcio, omesse denunce e illeciti sportivi a parte, starebbe tanto meglio in mano agli italiani.

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