Dead Or Alive 5: la recensione di VMAG

Tomonobu Itagaki è sempre stato uno a cui non piace andarci tanto per il sottile… e le saghe di Ninja Gaiden e Dead Or Alive sono lì a dimostrarlo, come teste mozzate in cima a uno stendardo. Che si tratti di sesso o violenza, o di entrambe le patate bollenti (ehm…), Team Ninja non si è mai ritirata dal tavolo da poker. Anzi, è riuscita ogni volta a superare le nostre più inconfessabili aspettative, torbide fantasie di eterni teenager tanto inclini a premiar assuefanti gameplay, quanto applaudire con fare goliardico le loro piccanti e distintive forme.  Con l’inaspettata dipartita dell’eccentrico game designer, ahinoi, era nell’aria un ridimensionamento delle eccessive provocazione della materna creazione; invece, a sorpresa, Dead Or Alive 5 inscena sul palco un suadente balletto di prosperose protagoniste al servizio di un gameplay solido come un diamante a quattro carati… Il guanto di sfida vecchio di oltre quattordici anni, lanciato all’epoca nei confronti dello storico Virtua Fighter (manifesto indelebile per l’hardcore gamer “da saletta”), è rinnovato oggi con una furia ancor più ardente (se possibile), elevando all’ennesima potenza il suo esoscheletro di eleganti controprese e schivate millimetriche.

Inutile dire che per assimilare la gran quantità di tecnicismi illustrati nell’esaustivo tutorial (parte integrante della modalità storia) sarà richiesta non poca pratica e pazienza; soprattutto a causa degli elementi di distrazione intenti a ballonzolare tra un fotogramma e l’altro! Eppure, immaginare un Dead Or Alive privo della sua sfacciata anima voyeuristica, non può che farci scorrere un brivido lungo la schiena: sebbene la ricetta a base della fortunata formula possa apparire semplice, scanzonata e un tantino maschilista, l’IP di Tecmo Koei rimane un gran piacere da giocare (e da vedere), tanto per i neofiti quanto per le vecchie guardie.

 è riuscita ogni volta a superare le nostre più inconfessabili aspettative, torbide fantasie di eterni teenager tanto inclini a premiar assuefanti gameplay, quanto applaudire con fare goliardico le loro piccanti e distintive forme

E ancora. L’aggiunta degli ambienti distruttibili, capaci di elevare su un piano superiore le classiche “Danger Zone” (i fuori-ring) della saga, infonde in ogni combattimento (brutale e feroce come da tradizione) svariati elementi dinamici: scaraventare con un dritto allo stomaco il panzone che vi sta oscurando con la sua sola ombra, seguirlo nella sua rovinosa caduta attraverso i vetri (in frantumi) della finestra di un polveroso tempio scintoista, e atterrare in punta di piedi sulle sue fluttuanti carni, potrebbe rovesciare in un solo istante l’esito dell’intera (e sudata) battaglia.

Lo sviluppo su più livelli degli stage, unita all’esuberante quantità di stili di combattimento proposti (tra nuovi arrivi, vecchie conoscenze e special guest avrete a disposizione un roster di oltre ventuno personaggi, contando quelli segreti) e coadiuvata da piccole perle di malizia in salsa wasabi (semplicemente ipnotiche le gocce di sudore che scenderanno lungo le scollature, nei momenti più “faticosi” del gioco), rendono Dead Or Alive 5 non solo degno dell’ottima progenie di Itagaki-san ma forse addirittura migliore, sotto vari aspetti, dei suoi illustri predecessori. E sfidarsi guardandosi negli occhi, sarà un problema ancora più grande…