Dead Space 2

Consapevoli del fatto che l’evidente moria di survival horror in questa generazione sia causata dal forzato abbattimento di alcune barriere che, nel bene e nel male, hanno determinato il successo di questo genere, è presto spiegato il motivo per il quale nessuno sia contento della direzione intrapresa dagli ultimi capitoli di serie storiche come Silent Hill o, peggio ancora, Resident Evil. Sebbene Dead Space sia in un certo senso figlio ed emanazione diretta della nuova ondata di survival horror dal carattere dinamico e dal guizzo più intraprendente, Visceral Games ha avuto la capacità e la scaltrezza di capire quali elementi fossero adatti a svecchiare una formula che innegabilmente cominciava a sentire il peso degli anni, e quali invece fossero deleteri per l’immagine, la storia e l’humus di questo genere, che ultimamente ha subito delle brutali violenze a livello stilistico e, soprattutto, concettuale. Con la presa di coscienza che il passato probabilmente non ritornerà mai più per aggradare chi si nutre di nostalgia e chi vive costantemente con l’idea che i radiosi fasti rimangano per sempre il termine di paragone ultimo per valutare la bontà di un’opera, gli sviluppatori hanno saggiamente deciso di calcare la stessa strada del primo Dead Space, risolvendo nel migliore dei modi molti dei vecchi difetti, perfezionando i lati positivi e potenziandoli fino a farli brillare come autentiche gemme; introducendo, infine, alcuni pregevolissimi elementi che innalzano il valore di questo seguito fino a issarlo sul trono che gli spetta.

La prima sostanziale novità è indubbiamente rappresentata dal protagonista, da quell’Isaac Clarke che nel primo capitolo era solo un informe involucro privo della parola, rinchiuso nella sua tuta da ingegnere spaziale come un volatile costretto alla cattività e incapace di spiccare il volo, di comunicare col giocatore. Isaac ha adesso un’identità ben definita, è vivo, esiste, è finalmente un essere umano; ha una condizione psicologica ben tratteggiata, evidente in ogni scena che si presenta come volutamente ambigua; è “the last man standing”; è l’ultimo ingranaggio rimasto di un sistema in completa avaria, che si sforza di mantenere la sanità mentale mentre sguazza nella follia e nel terrore di un mondo deviato almeno la metà di quanto lui stesso effettivamente è. Le conseguenze del primo Dead Space sono state devastanti per la psiche di Isaac, e sono a dir poco spiazzanti i momenti in cui le sue schizofreniche proiezioni mentali si presentano al cospetto del giocatore, che sarà talvolta spinto a chiedersi dove inizi la realtà e dove termini l’incubo a occhi aperti. Si ha spesso la netta sensazione che tutto possa essere il frutto della visione distorta generata da una gravissima malattia mentale indotta, di un’allucinazione perversa che si prende gioco di noi prima ancora che del protagonista. E questo da solo, lasciatevelo dire, fa di Dead definita, è vivo, esiste, è finalmente un essere umano; ha una condizione psicologica ben tratteggiata, evidente in ogni scena che si presenta come volutamente ambigua; è “the last man standing”; è l’ultimo ingranaggio rimasto di un sistema in completa avaria, che si sforza di mantenere la sanità mentale mentre sguazza nella follia e nel terrore di un mondo deviato almeno la metà di quanto lui stesso effettivamente è.

Le conseguenze del primo Dead Space sono state devastanti per la psiche di Isaac, e sono Space 2 una perla di rarissima bellezza. Viene naturale, di conseguenza, chiedersi se ci siano delle correlazioni con il Marchio alieno e la setta di Unitology . La risposta, naturalmente, è sì. Il punto oscuro del primo episodio è adesso l’elemento narrativo di maggior importanza nella cosmologia di questo seguito. Come scoprirete ben presto, questa psico-setta ha come obiettivo principale quello di costringere gli adepti a idealizzare l’unità della specie umana sotto un’unica entità aliena che sia in grado di condurre l’uomo verso la retta via dell’esistenza. Senza rivelare nient’altro della trama, sappiate che il ruolo di Isaac in tutta questa bagarre sarà assolutamente centrale. Nelle sezioni ambientate nella chiesa di Unitology, nei locali a essa collegata e lungo gli antri bui dove i segni del culto sono evidenti, scoprirete inoltre non solo gli strascichi della depravazione che si respira, ma anche le terribili conseguenze che l’incondizionata adorazione e il completo abbandono del proprio essere alla setta ha causato. Come se non bastassero l’atmosfera da incubo e il timore che le mostruosità onnipresenti sono capaci di incutere, sarete costretti a osservare lo scempio di corpi umani abbandonati nei propri alloggi, con sacchi di plastica infilati in testa, quasi a voler nascondere per sempre il proprio volto di fronte alla vergogna di aver venduto la propria anima, a voler occultare le proprie tribolazioni e gli afflati vitali una volta per tutte. Disordinate scritte di disperato aiuto su pavimenti e pareti, candele consumate per metà, la persistente vacuità e la condizione d’abbandono che si percepisce durante il continuo peregrinare alla ricerca della verità, sono parte integrante di un apparato ludico che tende irrimediabilmente a creare un forte senso d’ansia al pari degli elementi horror più classici.

Sebbene i cliché tipici di queste produzioni siano presenti in gran numero, con apparizioni improvvise che metteranno a dura prova le vostre coronarie, esistono delle situazioni che non lasciano dubbi sul mastodontico lavoro di Visceral Games nella realizzazione di un mondo di gioco che vuole atterrire il giocatore con un tipo di orrore più sopraffino, di carattere psicologico, che sa essere tagliente al punto giusto e sa stimolare con grande maestria quelle profonde sensazioni di disagio che ogni essere umano è portato a vivere se costretto a immedesimarsi in situazioni che sono ostili alla tranquillità e al benessere mentale. Ogni cosa, in Dead Space 2, dall’esplorazione di una stanza al semplice camminare lungo un corridoio deserto, è capace di generare una pressante inquietudine. E a coadiuvare questi momenti arrivano anche delle scelte stilistiche di grande impatto in cui la conduzione registica fa registrare dei picchi di altissimo pathos. L’esempio più calzante è probabilmente rappresentato dalla scena che ci vede sballottati improvvisamente tra un vagone e l’altro, fino ad arrivare al momento in cui Isaac viene catapultato al di fuori del convoglio rimanendo impigliato per la caviglia, penzoloni, a testa in giù e obbligato all’immobilità. Potrete solo guardarvi attorno, far ruotare la telecamera da un punto all’altro in maniera spasmodica, mentre il calcolato silenzio assordante fungerà da preludio al caos strisciante che si annida nell’ombra e che vi balzerà addosso con tutta la sua foga omicida.

Sarete costretti a difendervi con tutto ciò che avrete a disposizione, ma qualcosa dall’alto vi ghermisce ancora e vi tiene in scacco. Appunto: qualcosa… L’atmosfera che si respira in Dead Space 2, semplicemente, è impagabile. Non c’è niente, davvero nulla, in questa generazione videoludica che sia in grado di creare lo stesso coacervo di vibranti emo- DESIGN… MOSTRUOSO! Anche l’occhio vuole la sua parte, e in questo senso Dead Space 2 non delude le aspettative. Nemmeno per quanto riguarda il design dei mostri, tutti splendidamente realizzati. Il primo incontro con gli urlanti Baby Necromorfi vi destabilizzerà, i raptor dal teschio scarnificato vi faranno letteralmente tremare, i feti deformi e striscianti in procinto di esplodere vi causeranno repulsione. E i boss? Beh, scopritelo da soli… zioni. Scordatevi le ibridazioni tra action e omogeneizzati horror made in Capcom degli ultimi tempi, è questa la nuova via per la rinascita di un genere che stava cadendo vittima delle proprie supposte limitazioni. Si riparte da qui: c’è poco da girarci attorno. Dead Space 2 è il nuovo termine di paragone. Fine del discorso. E pochi altri dubbi rimangono sotto il profilo del gameplay, perché i difetti contro cui gran parte dell’utenza aveva puntato il dito sono spariti in favore di autentiche migliorie, a dimostrazione del fatto che la cura riposta per partorire questo seguito è stata a dir poco certosina. Il tracciatore direzionale è adesso in grado di indicare obiettivi multipli, è vero, ma ciò non significa che sarete guidati come in passato o che il raggiungimento delle mete sia solo una questione di distanze da percorrere in tempi variabili. Nient’affatto.

Se considerate la maggiore estensione degli ambienti da esplorare, i blocchi inaspettati e le vie traverse da poter imboccare per arrivare al fatidico punto B, vi renderete presto conto di come tutto sia molto meno prevedibile del previsto. Il tutto, chiaramente, a benefico dell’esperienza di gioco, che risulta adesso maggiormente godibile anche in virtù delle migliorie apportate alle sezioni che sono state il punto debole del predecessore: quelle a gravità zero. La confusione, lo stordimento e la perdita di orientamento nel saltare da un punto all’altro (specialmente durante alcuni scontri), risultava essere oggetto di frustrazione e, nondimeno, il punto più basso toccato dal primo Dead Space; qui, invece, sarete liberi di fluttuare grazie a dei micropropulsori installati nella tuta e volare per gli ambienti potendo gestire al meglio i movimenti, gli attacchi e avendo finalmente una percezione dello spazio circostante sempre precisa e mai ingannevole. In definitiva, tutto è stato migliorato e perfezionato. Tutto. Ciò che invece sin dal suo annuncio ha generato grossi dubbi tra i fan della serie è stata la tanto discussa introduzione del comparto multiplayer. Tirate subito un sospiro di sollievo, perché i ragazzi di Visceral Games non hanno forzato la mano dove non dovevano e soprattutto non hanno snaturato i concetti basilari su cui poggia l’intera struttura ludica. Attraverso modalità di gioco in cui la cooperazione è fondamentale per la sopravvivenza, sceglieremo se far parte della squadra degli ingegneri o dei ributtanti Necromorfi. Inutile sottolineare come sia decisamente più divertente far parte dei secondi: più agili, scattanti, e ognuno con le sue peculiarità e schemi d’attacco.

E poi, diciamocelo con franchezza: chi non vorrebbe stare dalla parte degli alieni e accoppare almeno per una volta un ingegnere spaziale? Tuttavia, considerata la tipologia di gioco, nessuno avrebbe pianto lacrime amare in assenza di un comparto multiplayer, e a dire il vero non è nemmeno detto che vi cimenterete così a lungo in questa modalità. Si tratta di una gradita aggiunta, senza dubbio, ma non era di certo così essenziale… Tirando le somme, Dead Space 2 riesce a convincere appieno in ogni singolo aspetto, fino alla fine. Appassiona, confonde, incanta, terrorizza, coinvolge e trasporta il giocatore in un’altra dimensione, lo prende per mano e lo trascina lungo il tunnel della follia fino a lanciarlo in balia dello spazio profondo, e quando il respiro sincopato di Isaac diverrà l’ultima cosa che riuscirete a sentire, sarà già troppo tardi per tirarvi indietro dalla spirale di terrore in cui Dead Space 2 vi risucchierà. Ma non abbiate paura dell’immensità. Mai. Lanciatevi a capofitto piuttosto, ne varrà davvero la pena: questo gioco è decisamente di un altro pianeta.

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