Doom 3: BFG Edition: la recensione di VMAG

Doom. Punto e accapo. Raccontare la storia di uno dei pezzi più importanti (e irripetibili) della storia del nostro medium preferito, nel 2012 e su queste pagine, ha davvero poco di “sensato”. Quindi andiamo avanti e lasciamo pure a wikipedia l’infame compito di aggiornare chiunque abbia vissuto su Marte (è proprio il caso dirlo) nel corso degli ultimi vent’anni.

Dopo RAGE, tutti i videogiocatori terrestri (e in primis chi vi scrive) non aspettavamo altro che un quarto capitolo della saga in grado di lasciarsi alle spalle le critiche e le polemiche (purtroppo fondate) sorte con Doom 3: buio episodio di un sequel non altezza della sua storica eredità. Anche qui, tante le parole spese da rischiare quasi l’estinzione del verbo in materia. Ma vi basti sapere che GR non promuove né boccia del tutto la terza venuta del messia partorito da John Carmack…

E questo perché nonostante i suoi indiscutibili difetti, e l’imperdonabile assenza dell’anima stessa del franchise all’interno di un gameplay claudicante, il terzo capitolo della saga offriva comunque i suoi bei momenti. Da Rollercoaster americano, vero, ma pur sempre significativi per ogni fps gamer che si rispetti. Peccato solo cheDoom 4 sia sparito da tutti i radar poco dopo l’esordio dell’ottimo RAGE, e per calmare i nostri bollenti spiriti lo sviluppatore texano è ricorso alla più irresistibile delle tentazioni: una collection per festeggiare l’imminente e ventesimo anniversario (1993-2013)

Nonostante la delusioni per i tempi di attesa, che sembrano dilatarsi verso i lidi della next-gen, qualunque fan delle produzioni id Software non potrà che gioire di poter stringere nelle proprie mani tutte le uscite “mainstream” del franchise di Doom. Soprattutto chi non gioca più su di un PC, piattaforma dove si possono comunque ritrovare con facilità tutte le iterazioni della saga con tanto di mod ed espansioni in digital delivery.

Anche perché la Doom 3: BFG Edition è una collection nuda e cruda, che offre giusto qualche piccola aggiunta ai titoli originari, senza intaccarne la loro natura. Il terzo e controverso capitolo sfoggia giusto una lieve rifinitura nelle texture (che rimangono quelle originarie del 2004) e un potenziamento degli effetti di luce in tempo reale (comunque già impressionanti per l’epoca, al punto da rendere quasi impossibile ottenere un frame rate stabile anche su macchine performanti e costose).

Poter utilizzare la torcia mentre si spara, nonostante le immancabili critiche collezionate dall’annuncio su più di qualche forum, si rivela una scelta decisamente vincente: nella BFG Edition, Carmack tenta di far ammenda e restituire il feeling originale dei primi due capitoli al loro controverso sequel, investendoci con ondate di adrenalina nell’espansione inedita Lost Missions. Benché composta da soli otto livelli (circa tre ore di gioco) questa appare fin dai primi minuti di gioco plasmata attorno all’anima vincente dei titoli originari: finalmente si torna a sparare e schivare in claustrofobici cunicoli di mattonelle piramidali, umidi e bui, dove ondate di demoni di Romeriana memoria si materializzeranno senza lasciarci mai tirar fiato.

Tutti quelli tra voi che hanno sacrificato pomeriggio e doveri scolastici (se non di lavoro) per consumare tastiere e memoria emm386 davanti al monumento del videogioco anni novanta targato id Software, non riusciranno a evitare sorrisi sornioni e occhi umidi di gioia. Garantito. E diamine, lasciare un fucile a pompa bello lucido solo per impugnare una torcia, non fu una scelta felice quasi dieci anni or sono e non la sarebbe di certo nel 2012.

Una volta passati in rassegna la campagna originale di Doom 3 (senza dubbio la peggiore), l’ottima espansione di Nerve Software (Resurrection of Evil) e i folgoranti livelli di Lost Missions, potremo finalmente dedicarci a rivivere il mito grazie alla presenza di Doom e Doom 2, con tanto di espansioni (Thy Flesh Consumed per il primo e No Rest For The Living per il secondo). Il rapporto dell’immagine è un 4:3 in salsa vintage, ma sarà possibile ingrandire l’immagine a nostro piacere per utilizzare gran parte dello schermo a disposizione.

Il punto forte di questa offerta (salice piangente per ogni fan della saga che abbia assistito al parto, nel movimentato 1993) è ovviamente la gradita (a dir poco) presenza di uno split-screen per quattro giocatori: nonostante il merito della cruciale presenza del multiplayer online negli FPS moderni spetti proprio allo sparatutto demoniaco di provenienza texana, che sdoganò il verbo con il primo deathmatch della storia del videogioco, in Europa (così come in ogni angolo del mondo che non fossero gli Stati Uniti D’America) non c’era ancora una connessione internet abbastanza stabile ed efficace da garantire la fruizione di una tale, innovativa componente del gameplay “moderno”.

Rivivere (anzi, vivere) il sogno di giocare la mappa Hangar di Knee-Deep in the Dead senza lag da salto nell’iperluce, con quattro amichetti di merende e “Dos4gw” oramai belli e cresciuti, strapperà una lacrima di sirena anche al più insensibile degli esseri viventi. Perché Doom 3: BFG Edition rappresenta un vero e proprio tributo a un pezzo immortale del storia del videogioco, nonché un contributo alla divulgazione della sua stessa cultura. Perché non vuole essere “per tutti”, e proprio per questo vale tutto il prezzo (ridotto) del biglietto. Ma soprattutto perché Lost Missions e la presenza del 3D sono la conferma di tutto quello che mi è stato riferito in confidenza dallo stesso Tim Willits e Matt Hooper: con Doom 4 si ritornerà a esultare e sudare, come quando decine di “barre spaziatrici” venivano demolite sull’altare della difficoltà estrema (l’indimenticabile livello “Nightmare”, farina del magico sacco di John Romero). E noi, davvero, non aspettavamo altro che tornare all’inferno

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