Remember Me: la recensione di VMAG

Non ci si fa mai caso, eppure il ricordo è uno dei mezzi più potenti a disposizione dell’essere umano: grazie ad esso, infatti, ciascuno di noi non deve ripartire da zero nella comprensione del mondo che lo circonda, e ha il tempo per andare avanti in quel lavoro di conoscenza, generazione dopo generazione. Ma non dobbiamo scordarci che il ricordo è contemporaneamente una delle cose più astratte, soggettive e non misurabili della nostra identità umana. E se invece diventasse misurabile? Ecco dove nasce Remember Me.

Il contesto è quello di una Parigi futuristica, per la precisione a settembre del 2084. In un mondo dove la memoria è puro business, dove ogni essere umano ha componenti digitali installate sul proprio corpo che gli permettono di accedere ad ogni tipo di memoria e scremare e scartare quelle non volute, Nilin è una cacciatrice di ricordi che tenta di sfuggire al ferreo controllo del sistema Sensen. Ma tutto questo all’inizio non ci è noto: lei ricorda solo il proprio nome, costretta com’è in una struttura di cancellazione dei ricordi costruita all’interno della Bastiglia. A pochi passi dall’abrasione dei suoi ricordi, verrà quindi salvata dal misterioso Edge, una figura quasi mistica, nonché primo passo per conoscere la verità sulla protagonista e sul mondo di Remember Me. Edge è infatti il carismatico leader degli Erroristi, un gruppo di ribelli che cerca di rovesciare il potere dispotico imposto dalla Memorize, la multinazionale che ha inginocchiato la città sotto il gioco di una forza para-militare.

Come si intuisce, la trama, sfruttando l’idea dispotica di base, si fa apprezzare e coinvolge sin da subito. I continui risvolti narrativi sono sempre e sapientemente orchestrati affinché nulla sia lasciato al caso. Seppur lineare, la trama è profonda e complessa e avvinghia il giocatore con maestria, grazie anche al sapiente uso di attori digitali di spessore. A contribuire a rendere l’avventura giocabile tutta d’un fiato ci pensa poi l’ottimo gameplay, fatto di una commistione intelligente di idee. Essenzialmente ci troviamo davanti ad un’avventura dinamica fortemente orientata alla componente action e con qualche velleità platform, quest’ultima però tutta consumata nel sistema di arrampicata di ispirazione parkour fortemente limitato e lineare. Più interessante il combattimento: a fronte di un sistema un po’ vecchio basato sulle schivate, contromosse e contrattacchi visibili sulla testa degli avversari (già comparso nei due Batman di Rocksteady), i ragazzi di Dontnod Entertainment aggiungono freschezza grazie all’introduzione di un sistema di combo personalizzabili attraverso i cosiddetti Sensen. Accessibile in ogni momento tramite menu di pausa, il sistema Sensen permette di combinare gli attacchi (i canonici veloce e pesante) in modo da infliggere danni bonus, da abbassare il cooldown di un attacco super, o magari per rigenerarsi. Ogni Sensen ha in pratica le sue peculiari caratteristiche che possono essere assemblate all’interno di una combo.

Ma le meccaniche originali non finiscono qui: in alcuni momenti particolari avremo la possibilità di remixare dei ricordi. In queste fasi saremo infatti chiamati ad agire sulle memorie di un bersaglio: tramite una comoda interfaccia potremo quindi riavvolgere o mandare avanti la scena modificandone vari piccoli fattori, quali una maschera per l’ossigeno allentata o il contenuto iniettato da una siringa, per alterare lo svolgimento del ricordo e quindi il comportamento del bersaglio nei nostri confronti. Tutti questi elementi sono combinati talmente bene che si passa da uno ad un altro senza soluzione di continuità, molto vicino all’idea di “flusso” che caratterizza anche graficamente tutta la produzione. Proprio la grafica, infine, nonostante i mezzi certamente risicati rispetto alla concorrenza dei titoli “tripla A” riesce comunque a difendersi più che bene. Salvo un comparto animazioni che, specialmente nei combattimenti, mostra il fianco a qualche incertezza, il resto dell’esperienza è caratterizzata da una ricerca del dettaglio eccellente.

Il team di sviluppo è stato in grado di sfruttare al meglio le console di questa generazione: un utilizzo accorto delle fonti di illuminazione, dei colori e delle luci al neon, con una modellazione poligonale e texture eccellenti rendono Remember Me un’esperienza immersiva e gradevole da guardare. Gli unici difetti riscontrabili sono un certo aliasing nei campi lunghi e qualche modello di cittadino generico dall’aspetto troppo anonimo. Riuscita nei contrasti anche la musica, capace di mescolare l’orchestrale dai molti ottoni e pezzi di musica elettronica martellante per le scene di combattimento con i boss, assieme ad un doppiaggio italiano ben riuscito ma come al solito un po’ sottotono rispetto alla traccia inglese. Fedele la ricostruzione di Parigi, purtroppo non pienamente esplorabile. Remember Me, nelle sue oltre dieci ore di gioco solo di trama principale, riesce a raggiungere lo scopo che si era prefissato fin dal titolo: essere ricordato, e per fortuna in meglio. Grande trama, grafica dettagliata ed attenzione ai particolari lo rendono un prodotto adatto a tutti gli appassionati di action e di fantascienza. Qualche altra buona idea sul piano del gameplay e avrebbe potuto essere un vero capolavoro, ma anche così è davvero un gran gioco. Meglio che i ricordi rimangano solo nella nostra mente.

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