Vorreste tornare ai bei tempi in cui tutto si misurava in termini di strategia e pianificazione? Non disperate, arriva questo mese sul mercato il seguito di Blackguards, un titolo che mescola sapientemente gli strategici a turni con la tradizione ruolistica occidentale più antica.
Se non avete mai giocato il primo capitolo vi consigliamo di recuperarlo a tutti i costi prima di affrontare il seguito, poiché questi è pieno di riferimenti precisi alla trama, oltre che presentare un party composto da quattro vecchie conoscenze, ossiaZurbaran, Takate, Naurim e Faramud, che combatteranno al nostro fianco. Questi personaggi appartengono a classi precise: mago nero, guerriero, nano e mercenario; sono fissi e non possono essere in alcun modo variati. Non aspettatevi dunque una delle caratteristiche tipiche del GDR di stampo occidentale, la customizzazione estrema del personaggio: il semplice editor del primo titolo è stato infatti del tutto abbandonato.
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All’inizio del gioco ci ritroveremo in un lungo tutorial che ci presenta la sola Cassia, ex regina ed ora prigioniera in un’umida cella sotterranea, intenta a parlare con il suo carceriere; unica compagnia, dei letali ragni, uno dei quali la lascerà con un piccolo ma indelebile ricordino in volto: un deturpante sfregio che però brucia molto meno delle ferite dell’anima, dopo quasi un lustro di sofferta prigionia. Dai dialoghi apprenderemo alcune informazioni sul mondo di gioco che ci torneranno utili nello svolgimento della trama successiva. Un incipit semplice, che ci vede intenti a vendicarci di Marwan, il super villain del gioco che sta esercitando il suo regno di terrore sulla tetra città di Mengbilla. Questi è responsabile della prigionia di Cassia e, casualmente, è anche il marito della donna, un matrimonio non tanto riuscito dunque! Quattro lunghi anni di galera portano di fatto alla pazzia del nostro alter ego e questo status permanente influenzerà pesantemente l’andazzo di tutto il titolo. Non saranno rari i momenti in cui la donna si fermerà a parlare con se stessa di temi filosofici ed impegnativi. La pazzia, in fondo, rende liberi.
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L’interessante e complessa trama viene sostenuta di fatto da un gameplay parecchio valido, che si basa su una lunga progressione incentrata su combattimenti strategici in mappe delineate da esagonali. Quando parliamo di esagoni, al giocatore PCista di vecchia data si illuminano alcune lampadine, poiché lo riportano a tempi non sospetti, quando utilizzare un personal computer per giocare voleva dire impegnarsi seriamente. Pur essendo un RPG, i quattro personaggi non aumenteranno mai di livello, limitando la trasformazione degli XP da punti esperienza a semplici punti spesa, qui chiamati PA (punti avventura), da utilizzare in categorie predefinite. Di fatto non avrebbe nemmeno molto senso far crescere un personaggio, poiché esso è invariabile e fisso fin dall’inizio del titolo. Le magie sono ben ventiquattro, tutte potenziabili in base 4, per un totale di quasi cento varianti. Puntare tutto su un continuo upgrade, donato dalla buona pianificazione strategica degli scontri sul campo, regala sicuramente maggiori soddisfazioni.
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Se avete giocato il precedente capitolo di Blackguards, in Italia uscito ufficialmente solo su Steam, ricorderete che i difetti principali erano soprattutto da ravvisare in città con location troppo simili tra loro, poco più che i classici Inn, Church, Blacksmith e Shop, visti in ogni RPG fin dalla notte dei tempi, e soprattutto in un livello di difficoltà troppo sbilanciato che rendeva spesso anche gli scontri più semplici parecchio impegnativi.
E abbiamo tralasciato la trama, ben scritta ma non troppo coinvolgente, con parecchi punti che restavano in sospeso con dialoghi spesso ridotti all’osso. La quest principale è ora corredata di parecchie sotto missioni più o meno riuscite, che tengono alto l’interesse del giocatore per svariate decine di ore. A livello narrativo il gioco ha fatto un deciso passo avanti rispetto al passato, attestandosi su un grado elevato. Dove però il titolo da il meglio di sé è proprio nelle sue caratteristiche più peculiari, ossia un sistema di combattimento valido e rigoroso, sempre ben bilanciato, che si alterna ad altre due fasi complementari: la semplice esplorazione della mappa, in cui si trovano grandi città, piccoli villaggi o pericolosi dungeon, e un’interessante componente gestionale della stessa, fattore magari superfluo, ma che arricchisce sicuramente il gameplay di base.
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Le arene del combattimento sono di dimensioni molto grandi e si riscontra anche la possibilità di interagire con gli elementi dello scenario. Di fatto la regina finisce pian piano per racimolare un vero mini esercito ai suoi ordini, con unità specifiche di missione in missione, quali orchi, mercenari o assassini professionisti, da schierare e muovere con attenzione nelle arene delle singole battaglie. Da non sottovalutare la possibilità di inserire vere e proprie trappole tra gli esagoni, in modo da rendere gli scontri molto più complessi. L’elemento più importante in ogni arena è la perfetta comprensione del battlefield dove ci troviamo: a volte solo aver fatto o meno una mossa, come bloccare l’accesso a un ponte o aver liberato una strada secondaria, può portare o meno alla vittoria. Uno sparuto numero di quest si basa anche su missioni puramente tattiche e difensive. Non siamo ai livelli di complessità di un Heroes of Might & Magic qualunque o di pietre miliari come Tactics Ogre o Disgaea, certo, ma la varietà decisamente non manca.
Il comparto audiovisivo del titolo non presenta grandi novità rispetto al passato, e si basa sul celebre motore Unity. Le animazioni dei personaggi sono curate e fluide e vedere una truppa in movimento rende bene l’idea della battaglia in corso. I modelli poligonali sono dettagliati e abbastanza curati. Assolutamente da non sottovalutare la feature che permette di ruotare a proprio piacimento il campo da gioco, con la possibilità di guardare il tutto con una fin troppo tradizionale visuale dall’alto, che dona al titolo un’impostazione quasi bidimensionale, Ottima per pianificare gli scontri.
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Anche se in un titolo strategico forse la grafica è l’ultimo dei fattori importanti, il tutto risulta armonioso e piacevole da guardare. I colori scelti sono quelli di uno scenario cupo e decadente, che ben si adatta alla drammatica trama narrata dal libro in pergamena che ci accompagnerà per tutto il gioco. Il titolo in alcune schermate risulta parecchio statico, ma è una precisa scelta stilistica dello sviluppatore. Poche sorprese anche sul fronte sonoro con musiche ed effetti sicuramente d’impatto, ma che per almeno la metà provengono pari pari dal primo episodio, con una frequenza di riciclo parecchio alta. Non che il sonoro sia mal realizzato, ma risulta a volte anche troppo anonimo.
Blackguards 2 è una piacevole sorpresa, poiché riesce a migliorare su tutti i fronti il già gradevole primo episodio. Praticamente ogni aspetto è stato cesellato e perfezionato offrendo un prodotto particolarmente valido che piacerà moltissimo agli amanti del genere. Di fatto il titolo si rivolge ad un pubblico di nicchia, quello che ama alla follia i giochi esagonali e i giocatori meno esperti del genere; magari i fan dei GDR potrebbero trovare alcune dinamiche pesanti e macchinose, soprattutto nella estrema lentezza degli scontri. L’appassionante trama vi farà passare sopra ai piccoli difetti del comparto audiovisiv, offrendo, tra l’altro, un ottimo doppiaggio nella lingua di Albione, con localizzazione in italiano limitata ai soli sottotitoli. Per chi conosce il tedesco, però, è stata mantenuta nel gioco la lingua originale, che offre un livello di recitazione molto curato. Se vi piacciono i giochi di ruolo tattici non perdetevi questa piccola perla teutonica.