1988. Quando si parla di retrogaming esistono diversi postulati cui far sempre riferimento. Uno di essi prevede che il nome dell’Amiga 500 ricorra il più spesso possibile; un altro, la cui esistenza è strettamente legata a quest’ultimo, vuole che i prodotti della Cinemaware vengano quasi sempre celebrati al rango di imprescindibili capolavori.Sotto questa particolare ottica, Rocket Ranger assume per forza di cose una rilevanza storica esiziale e non soltanto in qualità di più solenne acuto mai prodotto dalla software house californiana. Nel suo codice andavano infatti sublimandosi ambizioni incredibilmente ardite, che trovavano il proprio massimo comune denominatore in quello che era sempre stato il grande sogno del producer Bob Jacob: sintetizzare l’essenza di due medium quali cinema e videogame in un’unica, rivoluzionaria forma d’ arte.
Strizzando l’occhio a fonti di ispirazione piuttosto eterogenee quali pellicole sci-fi anni ’50, fumetti fanta-storici a là Buck Rogers ed elementi cari alla letteratura eroica di matrice post-bellica, la romantica avventura che vedeva il prode yankee di cui sopra opporsi alle tentacolari forze del Terzo Reich, avrebbe riproposto molti dei dogmi concettuali di casa Cinemaware: ad una corposa rappresentanza di mini-game equamente divisa tra accese sezioni shooter, scoppiettanti scazzottate e occasionali digressioni strategiche, sarebbero andati ovvero contrapponendosi ricchi dialoghi interattivi, il cui esito poteva determinare marcate svolte nel flusso narrativo.
Libero di organizzare un proprio piano d’intervento in relativa autonomia, l’utente poteva in tal senso riscrivere più e più volte la trama portante dell’epopea, fino a individuare il sentiero narrativo più diretto per il sospirato lieto fine. Prima di poter anche solo pensare ad un epilogo felice, questi avrebbe dovuto in ogni caso padroneggiare ognuna delle futuribili risorse a propria disposizione – come ad esempio il poderoso Jetpack alimentato a Lunarium – salvo poi sopravvivere ad eventualità entrate di diritto nella storia dei pixel, quali l’intercettazione dei gigantesco Zeppelin sui cieli del Pacifico, gli interrogatori del perfido Sergente Schultz o il leggendario “Far West” lunare caratterizzante il climax dell’intero viaggio.
A tutt’oggi inquadrabile come uno dei titoli in grado di sfruttare al meglio il potenziale tecnico dell’Amiga 500, Rocket Ranger non sarà magari invecchiato altrettanto bene in termini di gameplay – inutile, ad esempio, negare che le meccaniche alla base delle sezioni più dinamiche risultano tanto legnose quanto viziate da un fastidioso delay dei comandi. Complici l’indomabile fascino del contesto, una sceneggiatura tanto robusta quanto attuale e la straordinaria regia di corredo, esso continua tuttavia a sfoggiare un’abbagliante aura di sacralità: quello “shining” tipico del masterpiece assoluto, che gli permetterà di brillare probabilmente in eterno nel ristretto firmamento dei titoli che hanno cambiato per sempre il volto di quest’industria.