Firewatch non è uno dei tanti giochi a cui siamo soliti giocare: Firewatch colpisce diritto al cuore . Non si combatte, non si risolvono puzzle, non ci sono i buoni o i cattivi. Ci sono dei personaggi, i quali hanno storie che potrebbero rappresentare o riguardare ognuno di noi. E ci sono emozioni. Tante emozioni. Il gioco, primo titolo sviluppato dallo studio californiano Campo Santo, parla di Henry, un uomo che fugge dalla propria vita cercando conforto il più lontano possibile dai propri problemi; fuga che lo porterà a trovare lavoro come guardia forestale nel Wyoming. Henry si troverà ad avere a che fare con Delilah, colei che gli impartirà i compiti da svolgere e saranno proprio i dialoghi con quest’ultima ad essere uno dei punti di forza del gioco: nel corso della storia infatti parleremo molto spesso con Delilah, tanto in modo ironico quanto serioso e sarà proprio da questi “botta e risposta” che impareremo a conoscere meglio sia uno che l’altra e ad affezionarci a loro, o meglio, ad immedesimarci in loro. La particolarità però sta nel fatto che le conversazioni avverranno sempre tramite una radio e mai faccia a faccia con la diretta interessata.
Il gioco inizia con una narrazione, in cui si viene a conoscere il passato del nostro protagonista ed il motivo per cui sia giunto a svolgere il lavoro di guardia forestale. Già da questa prima parte potremo scegliere noi la risposta da dare, solitamente tra due possibili opzioni. In quasi tutti i dialoghi del gioco infatti, viene data la possibilità di scegliere quale risposta dare in un tempo limitato anche se ciò non influirà sul filone narrativo della storia. Se da un lato non avremo potere decisionale, però, dall’altro farà sì che il giocatore si leghi di più a Henry, finendo per immedesimarsi a pieno con il personaggio e a sentirsi lui stesso protagonista.
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A volte sembra di essere all’interno del gioco e di vivere quei paesaggi in prima persona.
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Il comparto grafico è meraviglioso. Lo stile cartoon molto diffuso negli ultimi anni, fa sì che il gioco non risulti mai pesante alla vista, ma che bensì crei quell’armonia di colori tale per cui l’atmosfera intorno risulta essere tanto spettacolare quanto immersiva. L’ambiente che ci troveremo ad esplorare non è altro che un parco naturale, dominato quindi da foreste e zone rocciose. A volte sembra di essere all’interno del gioco e di vivere quei paesaggi in prima persona. Per muoverci all’interno della zona avremo a disposizione solo una mappa che non sarà la classica mini-mappa sullo schermo, e una bussola. In poche parole, un boy scout a tutti gli effetti. Firewatch si presenta inoltre come un open world, poiché avremo la possibilità di girovagare come ci pare e piace eccetto per alcune zone che verranno sbloccate solo progredendo nella storia e acquisendo oggetti utili allo scopo. Le animazione inoltre, seppur non molto varie, sono pulite e ben fatte.
Il gameplay è molto basilare e non richiede alcuna particolare bravura. Tutto il gioco si basa sull’esplorazione, durante la quale scoveremo delle cassette di sicurezza in cui troveremo nella maggior parte delle volte oggetti utili o informazioni in più da aggiungere alla nostra mappa. Gli oggetti presenti in gioco sono limitati e molti di essi non saranno essenziali (chissà che non vi venga in mente di lanciare una radio in un lago…). Le missioni si basano sul principio del “dal punto A vado al punto B” ma non sempre raggiungere tale punto sarà proprio una passeggiata. Peccato però che un gioco di tal genere non possa essere goduto a pieno dai possessori della console marchiata Sony, visto che spesso si registreranno cali di frame rate che andranno a rallentare le nostre azioni, sia che stiamo camminando tranquillamente lungo un fiume che correndo tra un dirupo e l’altro.
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In Firewatch le musiche, sin dall’inizio, sono sì malinconiche, ma allo stesso tempo ti catturano, ti tengono in tensione, ti fanno commuovere.
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Impossibile non parlare poi del comparto sonoro e della recitazione dei personaggi. Cosa c’è di meglio di un paesaggio mozzafiato se non una musica che punta a strozzarci il cuore? In Firewatch le musiche, sin dall’inizio, sono sì malinconiche, ma allo stesso tempo ti catturano, ti tengono in tensione, ti fanno commuovere. I dialoghi poi, sono curatissimi in ogni loro aspetto con una recitazione da parte dei doppiatori veramente sentita e molto sfaccettata: i nostri personaggi passeranno dall’essere ironici all’essere tristi, dall’essere sconvolti all’essere ubriachi. In alcune occasioni, è stato proprio il comparto musicale, ad esempio, a tenermi incollato allo schermo, senza poter far altro se non continuare a giocare e a scoprire cosa mi stesse aspettando più avanti. Peccato però che il gioco non sarà disponibile in italiano, visto che non è stata prevista una localizzazione nella nostra lingua.
Come già detto in precedenza, il punto veramente forte del gioco è la narrazione. Una storia come si deve, ha bisogno però di un finale degno di essa. E Firewatch in parte ha mancato il bersaglio. Mi spiego meglio. La storia di Firewatch si basa su un climax ascendente incredibile che ci porterà ad arrabbiarci o a sentire l’ansia sulla pelle. Ma una volta che si arriva all’epilogo, tutto si conclude molto velocemente. Insomma, senza fare spoiler, il finale avrebbe potuto dare molto di più, ma questo non toglie la validità assoluta dell’opera.
In fine, possiamo dire che Firewatch vuole dare una lezione di vita e metterci di fronte ad una realtà che spesso cerchiamo di evitare: ci spinge a riflettere, a vivere una storia che potrebbe benissimo essere la nostra e lo fa nel modo più diretto possibile. Per circa 5 ore di gioco, resterete incollati allo schermo, travolti da un turbine di emozioni. Probabilmente molti si chiederanno se ne vale la pena comprare un gioco per sole 5 ore di gioco. La risposta è assolutamente sì. Se siete giocatori che non guardano solo l’azione o le minuzie tecniche, ma amate la narrazione e cercate un gioco con una certa profondità allora Firewatch fa esattamente al caso vostro.
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