L’Editoriale di Metalmark – V mensile: Non avere il fisico


Certe volte basta un segnale, per quanto piccolo, per scatenare il panico. Quando poi il segnale in questione tanto piccolo non è, ecco che lo scenario può facilmente incendiarsi. Sto parlando dell’annuncio col quale Sony ha rivelato che smetterà di produrre Blu-ray vergini per la masterizzazione, una notizia che ha precipitato nel panico un gran numero di appassionati, ma anche diversi e più o meno autorevoli commentatori dell’industria dei videogiochi. Tanto per essere chiari, non si è deciso di smettere di produrre Blu-ray tout court: film e videogame, pertanto, continueranno a uscire in formato fisico… per adesso. Il punto è questo, infatti. Prendere atto che il settore compie un ulteriore passo in avanti verso la digitalizzazione e la smaterializzazione, continuando a privilegiare la distribuzione online dei contenuti a scapito dei supporti fisici tradizionali, un trend che del resto accomuna tutti i media, dal libro alla musica, dall’audiovisivo tradizionale all’opera interattiva. Dopotutto, non possiamo ignorare che già da tempo il digital delivery ha sorpassato la distribuzione tradizionale e, si sa, gli affari sono affari. Come dire: l’industria va dove vanno i soldi, e non fingiamo di scandalizzarci.

Tutto questo proietta un’immagine che molti trovano sconvolgente, terrificante, quasi apocalittica: un mondo – nel prossimno futuro – completamente privo di collezioni fisiche, fatte salve quelle storiche, dove i videogiocatori hanno hanno le loro biblioteche di opere associate ai loro account, sempre reperibili e fruibili online ma assenti dai loro scaffali, dai loro salotti, dalle loro camere e camerette. Che tragedia, eh? Non avere la confezione in plastica dell’ultimo Resident Evil o del nuovissimo soulslike, con tanto di dischi ottici e fascetta stampata con l’immagine di copertina, comodamente appoggiata su una mensola a prendere polvere. Il fatto che ormai non offrano nulla di unico, neppure un misero libretto di istruzioni, che siano assolutamente non ecosostenibili, che creino problemi di ingombro nelle case e che vadano manualmente riposti, ordinati e all’occorenza cercati per essere usati non scalfisce per nulla le granitiche certezze di questi dinosauri del gaming. No, assolutamente no. Loro sono lì, armati e incattiviti, ancora in uniforme, intenti a combattere una guerra già finita e persa.

So bene di toccare un nervo scoperto. Molti di voi amano il supporto fisico, e magari sono anche dei collezionisti; aggiungo che fa sempre massa addurre il discorso extra della limitata proprietà sul titolo in digitale. E se viene chiuso lo store? E se viene irreversibilmente cambiato il contenuto? Certo, lo ammetto. Tutte cose vere. Ma. Eh, sì, ci sono dei “ma” che pesano come macigni, specialmente secondo una visione pragmatica che ci costringa a uscire dal recinto di nuvole di un finto idealismo di facciata che nasconde in realtà posizioni retrive e reazionarie, sospese tra il luddismo dello “spacchiamo tutte queste nuove diavolerie digitali” e il fascio-conformismo del “si stava meglio quando si stava peggio” e “signora mia, però vuole mettere l’odore della confezione blu-ray fresca di fabbrica?”. 

Sono fondamentalmente balle. Scuse e balle. I rischi di cui sopra esistono, certo, ma ne compensano altri, statisticamente più probabili nel loro verificarsi. PlayStation potrebbe un giorno chiudere il suo store? Certo. Come un ladro potrebbe svaligiarvi casa, per fare un esempio tra tanti. Cosa accade con maggiore frequenza, secondo voi? Google potrebbe perdere per sempre tutti i miei dati, compresa la mia preziosissima lettera d’amore tenuta su Drive, però potrei anche smarrire quel foglio di carta su cui è scritta la lettera di cui sopra, tenuta per anni in un cassetto. Su quale scenario puntereste i vostri soldi? E non venite a parlarmi di collezione e valore culturale. Oggi parliamo di scatole vuote di rara bruttezza, oppure di scatolini costosissimi prodotti per sfruttare i ricchi collezionisti pronti a comprare la decima console limited-edition, che poi tanto limited non è neppure. E questa sarebbe la cultura? La collezione? No, amici. Questa è la vanità, nel suo senso più profondo. Il videogioco che collezionate è l’opera che avete provato, vissuto, che tenete riposta nel cuore e nei ricordi. Quella non cambierà, sia che venga da un disco che dal cloud. Nel mentre, noi accoglieremo il futuro, magari mentre lottiamo per tutelare sempre di più e sempre meglio i nostri diritti di consumatori di beni digitali. Sullo sfondo, i giovani vecchi rancorosi continuino pure a sbraitare contro il progresso. Sarà il vento della Storia a spazzarli via.

Leggilo gratis in versione impaginata e sfogliabile sul numero 9 di V – il mensile di critica videoludica
V MENSILE
Clicca sulla copertina per leggere
V009 MensileV009 Mensile