È passato quasi un anno dal debutto dell’attesissimo (e chiacchieratissimo) capitolo centrale della trilogia remake di FFVII, Final Fantasy VII Rebirth, pubblicato su PlayStation 5 a febbraio del 2024 (qui la nostra recensione console). Cosa è rimasto da quel debutto così importante e divisivo nel pubblico, e come approcciarsi alla nuova versione per PC (su Steam), finalmente disponibile dopo l’usuale periodo di esclusività su console Sony? In questa recensione andremo a vedere cosa è stato implementato e, in sostanza, se davvero vale la pena perdersi nuovamente nell’incredibile open-world inscenato da Square Enix per questa parte 2 di 3. Ma, intanto, facciamo il punto della situazione!
Final Fantasy VII Rebirth è un remake perfetto?
Il titolo del paragrafo è, ovviamente, provocatorio! Final Fantasy VII Rebirth è un remake lontano dalla perfezione, che però ha avuto il coraggio di osare, la capacità di migliorare e la volontà di proporre tantissimo contenuto, amplificando e attualizzando le potenzialità del gioco originale. A mente fredda e col senno di poi, la creatura di Square Enix può dirsi davvero riuscita, tanto che è andata a guadagnarsi una notevole quantità di premi in diverse categorie (anche da parte nostra), candidandosi inoltre a essere “Gioco dell’anno” per molti. Il difficile compito di riadattare il nocciolo centrale (e più noto) del Final Fantasy più amato e idolatrato in assoluto non era facile e non è stato trascurato in nessun modo. Qualche perplessità rimane sulla resa e comprensibilità della trama nei suoi elementi più intricati tra spirali temporali e piani paralleli, ma potremo tirare le somme solo a trilogia completa: per il resto, ci sono dei momenti di altissimo livello sul piano delle singole storie, coadiuvate da un comparto tecnico-artistico di massimo livello e un doppiaggio tra i migliori mai visti.
Anche il sistema di gioco è raffinato, sfaccettato, a tratti opulento e caratterizzato da un gusto squisitamente nipponico riguardo a situazioni e soluzioni. Inoltre, si tratta di un semi-open-world esponenziale rispetto al precedente capitolo, decisamente più “chiuso” e che si apre a mille possibilità di scoperta e gioco collaterale non fine a se stesso, tutto da scoprire. La domanda che ci poniamo è la seguente: riuscita la terza parte di questo epico viaggio a mantenere le stesse feature open-world, garantendo anche novità per non rimanere nel more of the same? Per adesso però concentriamoci su Rebirth.
The Story so Far
Final Fantasy VII Rebirth è pensato per essere fruibile anche se non si è giocato il primo capitolo della saga Remake – e questo è un pregio – ma ovviamente aver giocato al precedente episodio è propedeutico al comprendere meglio il setting, i personaggi e la trama in generale, essendo questo un gioco in cui la narrazione e i rapporti tra i protagonisti sono tutt’altro che semplici o trascurabili. Alcuni elementi, inoltre, potrebbero risultare davvero oscuri senza una visione ampia degli accadimenti. Rebirth si riaggancia direttamente a quanto visto in Intergrade, con i membri rimasti della cellula Avalanche di Barret che si ritrovano a Kalm per ricomporre le fila e decidere il da farsi.
Sono scampati alle truppe Shinra, ma è solo questione di tempo prima che i Turks li rintraccino; e, soprattutto, Sephiroth sembra in qualche modo vivo e pronto a tutto pur di assicurare l’egemonia sul pianeta alla stirpe di cui ha scoperto di far parte. Cloud, Tifa e Aerith hanno memorie condivise che, però, stranamente non collidono e il destino di una loro conoscenza comune potrebbe aver avuto un impatto più grande di quello che pensano. Cosa attende davvero il nostro gruppo di eroi e i tanti amici/alleati che si uniranno a loro?
La trasposizione su PC
Venendo, ora, nello specifico alla versione Steam da noi giocata, cosa è cambiato rispetto alla prima uscita su PlayStation 5? Poco o niente, a dire il vero! Nel senso che il gioco in sé non è cambiato di una virgola, a livello di gameplay, e i ritocchi estetici non influiscono sull’esperienza complessiva se non a livello superficiale. Non sono stati rivisti i controlli (che utilizzando un DualSense sono, ovviamente, identici alla controparte originale) anche se è stato implementato il supporto a mouse e tastiera, rendendo inoltre possibile mappare singoli tasti anche in funzione di specifici momenti di gioco (o sotto-giochi). Stessa sorte anche per i menù di gioco, che avrebbero giovato di qualche revisione (anche minima) o shortcut in più soprattutto in fase di build del party e delle materie.
Non ci si può lamentare, invece, delle opzioni di preset grafico disponibili; di base sono tre le opzioni prefigurate, ma il gioco proporrà in automatico fin da subito la miglior configurazione media a seconda dell’hardware rilevato. C’è da dire che l’entry level per poter giocare a Final Fantasy VII Rebirth è tutt’altro che proibitivo, sia a livello di CPU che di GPU, fermo restando il prerequisito di un SSD, necessario per poter installare e lanciare il titolo: con il supporto per la versione “LOW” di schede Radeon RXX 6600, NVIDIA RTX 2060 e addirittura Intel Arc A580.
Avendo a disposizione hardware di livello superiore, tuttavia, si possono attivare opzioni che permettono una resa grafica complessivamente superiore a quella di PlayStation 5, con maggior densità di poligoni e texture e soprattutto una quantità di fps che può raggiungere anche i 120. Interessante anche la possibilità di regolare la distanza di visibilità delle ombre e la quantità di PNG presenti su schermo, oltre al graditissimo supporto al DLSS e al varied refresh rate (VRR). In tutto ciò, c’è anche da considerare il notevole lavoro fatto sull’illuminazione dinamica, ora a un livello davvero superiore a quanto visto al debutto del gioco su piattaforma Sony. Il livello di ottimizzazione, insomma, non è stato frettoloso ma ben studiato, come confermato anche dalla certificazione di compatibilità nativa per Steam Deck (e dunque potrete giocare su questa piattaforma senza incappare nel minimo problema di incompatibilità) e dal nostro stesso provato: con una RTX 3060 abbiamo provato a spingere tutto al massimo, raggiungendo 45 fps stabili. Ovviamente, giocarlo con un frame rate superiore resta un’esperienza di gioco differente e più appagante!
La versione Steam di Final Fantasy VII Rebirth si presenta in ottima forma al suo pubblico potenziale, che ha saputo (o dovuto) attendere la fine dell’esclusiva PlayStation per poter giocare su PC l’ultima incarnazione della “fantasia finale” che ha stregato i cuori di milioni di giocatori fin dal suo esordio su PSX. L’attesa è valsa la pena? Possiamo dire, senza timore di smentita, che la risposta è un sonoro “sì”. Il lavoro di ottimizzazione, per quanto abbiamo potuto verificare, è stato ben realizzato, con requisiti hardware accessibili, scalabilità ottimale delle prestazioni e la possibilità di prestazioni superiori in caso si abbiano a disposizione macchine di livello elevato. Per il resto, il gioco in sé è rimasto immutato rispetto alla versione PS5 (e ovviamente va bene così), con tutti i suoi pregi ma anche le sue spigolosità: non c’è alcuna aggiunta alla quality of life, se si eccettua la mappatura di comandi aggiuntiva per PC. Se amate gli action-JRPG e non l’avete ancora giocato su PlayStation 5, Rebirth rimane qualcosa di imprescindibile e che per forza di cose deve essere assolutamente giocato!
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