Itaca – Il ritorno Recensione: una splendida rilettura contemporanea dell’Odissea di Omero

Presentato alla Festa del Cinema di Roma 2024 e in uscita nelle sale con 01 distribution, Itaca – Il ritorno, rilettura contemporanea del poema omerico a cura di Uberto Pasolini (sono suoi anche l’acclamato esordio Machan del 2008, e i delicati e bellissimi ritratti in sospensione tra vita e morte di Still life del 2013, e Nowhere else del 2020), svolge un lavoro filologico sulle varie declinazioni del rimorso e del sacrificio umano legati in particolar modo allo stato di reduce e veterano (nello specifico, la Guerra di Troia). E sebbene la storia risulti essere adattamento piuttosto fedele alle vicende raccontate da Omero, il focus di Pasolini è qui in realtà su corpi, menti e stati d’animo, in un’analisi profonda e realistica che contempla azioni e reazioni irreversibilmente legate e aggrovigliate al senso di sfida, orgoglio, lealtà, infedeltà, e tradimento. Da una parte, infatti, c’è Odisseo che ritorna alla sua terra ma ne percepisce la fisiologica esclusione dopo esser mancato per un tempo così lungo, con la conseguente difficoltà di ritrovare vive le proprie origini e il proprio passato (inclusi moglie e figlio), mentre dall’altra c’è una donna sola, in pena, precipitata in un limbo pratico ed emotivo, circondata da una mascolinità tossica e possessiva che mira solo a raggiungere il potere tramite la sua posizione di regina rimasta “orfana” del suo re. Conflitti umani e di repressa egemonia si avvicendano in un racconto che Pasolini tratteggia con mirabile saggezza stilistica, estremamente scarno dal punto di vista narrativo, ma incredibilmente ricco da quello visivo, simbolico ed emotivo (complici le interpretazioni davvero intense di Ralph Fiennes e Juliette Binoche nei rispettivi panni di Odisseo e Penelope). E il merito sostanziale di quest’opera è senz’altro quello di mutare una tragedia classica e senza tempo in una riflessione profonda e accorata sul dolore umano e sui complessi equilibri tra uomini, sempre e comunque assoggettati all’idea principe di forza e potere.


ITACA
Ralph Fiennes, protagonista di Itaca – Il Ritorno.

Il ritorno di un uomo vecchio

Il filo del racconto (ri)parte da Odisseo, uomo stremato ma ancora vigoroso, abbandonato sulla spiaggia di Itaca, per poi snodarsi e andare a seguire questo vecchio bistrattato, irriconoscibile ai giovani proci e sui primi passi perfino al figlio Telemaco che ignora di aver di fronte il valoroso padre (l’uomo verrà riconosciuto all’istante solo dall’anziana nutrice Euriclea alla quale chiederà però di serbare il segreto), che si farà strada verso l’entroterra e poi fin dentro il (suo) palazzo. Mortificato dall’aver perso i suoi uomini e in piena crisi sulla legittimità del suo ruolo (passato e presente), trattato da mendicante e perfino deriso dai pretendenti della moglie, Odisseo entrerà nella sua vecchia vita in punta di piedi osservando e analizzando ogni dettaglio per poi, poco alla volta, rivelare con forza il proprio posto e ruolo in quel mondo. In bilico tra vita e morte, e attraversando gli stati di violenza tipici di una realtà assediata dalla guerra e mitigati da una pace solo apparente, Itaca – Il ritorno, esegue un’ellissi ideologica per mostrare quanto lo scontro sia sempre più facile dell’incontro e quanto tornare sia spesso ben più arduo del restare.

Itaca
L’inedita coppia Ralph Fiennes e Juliette Binoche.

Epicamente resilienti ma pur sempre umani

Rilettura di uno dei poemi più celebri di sempre, capolavoro letterario divenuto testo emblematico del peregrinare estenuante (odissea, appunto), che si concentra sulla fase del ritorno di Ulisse alla sua terra natia Itaca, il film di Pasolini ricrea una dimensione umana viscerale che narra la guerra attraverso le ferite, reali e morali, di un individuo trasformato dalla violenza e che torna per ritrovare sé stesso. Ralph Fiennes si rivela un Odisseo straordinario, a un tempo muscolare e interiore, capace di introiettare e far emergere con il solo sguardo la potenza latente e svilita di un uomo eccezionale che resta pur sempre uomo, con tutti i suoi limiti e difetti terreni. D’altro canto, la Penelope di Juliette Binoche è perfetta nel restituire la dimensione fiaccata di una donna costretta tra cuore e potere, tra dovere e volere. Lei, che di giorno fa e di notte disfa il sudario per il vecchio Laerte, è eroina nello stratagemma, donna moderna per contrasto e opposizione, vittima di un mondo maschile (il marito che l’ha lasciata per la guerra e poi perdersi nel suo peregrinare, i proci che l’assediano per agguantare il potere, il figlio Telemaco che esercita su di lei pressioni per spingerla a una scelta), e che trova tutto il suo eroismo femminile nel resistere e nel procrastinare il suo oscuro destino.

Attorno a questo tripudio di umanità ugualmente ferite ma epicamente resilienti, Pasolini ricostruisce, grazie a una messa in scena magistrale ed esemplare, il mondo disfatto dalle guerre dove perfino l’eroe si riduce a ombra di sé stesso, uomo comune e mortale da sbeffeggiare. Ed è proprio la sua fragilità, più interiore che esteriore, a mettere in luce l’umana incapacità di riadattarsi al proprio mondo passato, dopo aver attraversato eventi tragici, come può essere una guerra. Un’opera a suo modo monumentale che brilla per regia e lucidità narrativa, per livello attoriale e per la straordinaria capacità di rendere contemporaneo un mondo assai antico, declinandolo ai conflitti sempre attuali tra uomini, costantemente plagiati e raggirati dal vessillo del potere. Uberto Pasolini, dal canto suo, conferma ancora una volta di essere regista talentuoso ed eclettico, in grado di vincere anche una sfida ardua come quella di una rilettura di un’opera letteralmente “intoccabile” come l’Odissea.


Nettamente diverso per estetica e contenuti dai suoi lavori precedenti, ma con il denominatore comune di un cinema sempre attento, analitico, e assai simbolico, che fotografa al meglio i piccoli dettagli capaci di restituire la limpidezza di una visione d’insieme, Itaca – Il Ritorno di Uberto Pasolini rilegge il rientro a Itaca di un Odisseo diverso, invecchiato, fiaccato dalla guerra e non più a proprio agio nel suo mondo d’origine. Tra scontri reali e conflitti interiori, duelli fisici e ideologici, l’opera di Uberto Pasolini brilla per la messa in scena epica, e nella volontà di raccontarci il vecchio per aprirci gli occhi sul nuovo, illustrandoci il male delle guerre e di un mondo fisiologicamente conflittuale drammaticamente simile e affine al nostro presente.


 

V MENSILE
Clicca sulla copertina per leggere
V010 Mensile