Universo onirico lynchiano: le opere di David Lynch

Addentriamoci in un mondo lynchiano, dove i gufi non sono quello che sembrano...


Universo onirico lynchiano. Un poliedrico insieme di bizzarrie sperimentali, nuovi linguaggi ed opere sempre ai limiti estremi del medium stesso utilizzato. Tutto questo, e molto altro, è David Lynch, un autore che non ha certo bisogno di presentazioni. Attivo fin dagli anni sessanta, e fin da subito considerato un maestro visionario nell’arte della comunicazione visiva, è ricordato per i suoi bizzarri cortometraggi, una decina di pellicole cinematografiche, una serie TV di culto come Twin Peaks, molte installazioni audiovisive interattive, decine di mostre nei musei più o meno tradizionali, e per un personalissimo servizio di previsioni del tempo. Si, il Maestro, come lo chiamano semplicemente i suoi fan, è decisamente un artista poliedrico a tutto campo. A pochi giorni dalla sua scomparsa ne ricordiamo la vita, le opere e le derivazioni altrui ispirate dalla sua poetica.


Universo onirico lynchiano
Tutto inizia dalla pittura, ma non solo. In molte opere tradizionali David Keith Lynch (nome completo usato da pittore e musicista) usa materiali alternativi, che ricordano il suo bizzarro mondo onirico visto anche nei cortometraggi. “Boy Lights Fire,” (2010), una delle opere esposte alla David Lynch Retrospective al Bonnefanten Museum.

“Tieni gli occhi sulla ciambella e non sul buco” (David Lynch)

David Lynch è un artista senza mezzi termini. Formalmente un regista e sceneggiatore, certo, ma anche ideatore di installazioni multimediali, conduttore di sedute di meditazione trascendentale thailandese, musicista e pittore nel tempo restante tra un film e l’altro. Un visionario vulcano sempre in eruzione, traboccante di idee dirompenti che attraversano come fulmini il piccolo e grande schermo, spesso rompendo la quarta parete, e parlando direttamente allo spettatore. il Maestro, come lo chiamano coloro che lo seguono ed ammirano, è noto per il suo stile unico, trasversale e visionario, che si riflette in tutte le sue opere, interattive o meno. Una poetica speciale, unica ed irripetibile, caratterizzata da una serie di elementi distintivi che creano un’atmosfera surreale ed inquietante. Avvicinabile, con i dovuti paletti compositivi, a pochi altri artisti visivi, registi in questo caso, come ad esempio David Cronenberg, George Romero, Dario Argento o Takashi Miike. Ma ogni paragone è certamente limitante. Si, perché l’Universo onirico lynchiano è un unicum irripetibile che si basa su assiomi difficilmente rilevabili tutti insieme in un solo altro “director” cinematografico o semplice sceneggiatore.

Innanzitutto abbiamo un elemento fondamentale che fa da trait d’union tra le diverse opere che ha lasciato al mondo terreno. Il sogno e la sfera dell’inconscio. Nelle sue diverse opere, infatti, il regista statunitense, nato nel piccolissimo paese chiamato Missoula, nel ridente stato del Montana, il 20 gennaio 1946, altro non fa che, semplicemente, esercitare la sua arte primaria con cui tutto è iniziato, ovvero la pittura. In ogni cortometraggio, film o serie TV, per restare nel solo ambito delle opere audiovisive tradizionali, ogni inquadratura, ogni scena, ed ogni fiamma visuale altro non è che un quadro, visto dagli occhi dello spettatore, ma anche dell’artista stesso, in cui gli attori si muovono come personaggi dipinti, forse sognati, da chi li ha ideati ed ora li muove sulla scena, nel modo più teatrale possibile. David Lynch esplora infatti frequentemente il mondo dei sogni e dell’inconscio come se fossero una sorta di tela bianca su cui, in modo quasi naturale e casuale, si sviluppano eventi, dialoghi e personaggi in scena. Le sue narrazioni visive spesso sfumano velatamente i confini tra realtà e sogno, anche in modo violento e plateale, a volte, invitando lo spettatore ad immergersi in un’esperienza onirica unica e folle. Questo approccio permette quindi di esplorare temi profondi e parecchio complessi, tra cui quelli che ritornano più spesso nelle sue opere, come la paura, il desiderio, l’identità, e la coesistenza di bene e male nella stessa persona (o luogo, come approfondiremo in seguito). Ispirando, per altro, generazioni di cineasti, sceneggiatori TV e game designer. Non male, verrebbe da dire, per uno “spiantato” pittore squattrinato che non riusciva a trovare i finanziamenti per il suo primo film.

Indice

David Lynch ha sempre avuto una relazione privilegiata con i suoi attori preferiti, amicizia, reciproco rispetto, anche amore viscerale. Laura Dern, che ha avuto una storia “segreta” col regista, protagonista di Velluto Blu, Cuore Selvaggio e L’impero della Mente,  tornerà anche in Twin Peaks 3, perchè a volte i grandi amori ritornano.

“Non si è obbligati a comprendere per amare. Ciò che occorre è sognare” (David Lynch)

Il secondo elemento fondamentale è poi quello della Estetica Visiva. La cura per l’estetica è realmente aspetto centrale della poetica di Lynch. Come in un quadro in sviluppo, l’artista utilizza  luci e ombre, mescolati con colori vividi a volte contrastanti, dove il rosso, ad esempio, cozza violentemente con il bianco e nero (pensiamo alal tenda della loggia nera ed al suo pavimento inquietante). Le composizioni visive di Lynch creano un’atmosfera unica, folle, disturbante. La sua attenzione ai dettagli visivi, sparati insieme in un melting pot pittorico euforico, contribuisce a costruire mondi che sono sia affascinanti che inquietanti.

Dove c’è Video non può mancare l’Audio, ovviamente, ed ecco che il terzo elemento costituente dell’Universo onirico lynchiano è la Musica, oltre che il Suono. Due fattori spesso mescolati in maniera viscerale, come nelle prime installazioni museali interattive realizzate dall’artista nella sua giovinezza. Lynch attribuisce grande importanza a questi due fattori nelle sue opere. Le colonne sonore dei suoi film, e di Twin Peaks in particolare, spesso sono create in prima persona, facendo emergere il David Keith Lynch musicista, ma anche in collaborazione con compositori eccezionali come Angelo Badalamenti, artista da sempre ammirato da Lynch, o l’etera cantante Julee Cruise, la cui voce sembra provenire dal un arcano mondo ultraterreno, o più di recente, la cantautrice Lana Del Ray o il gruppo musicale Chromatics, solo per citare gli artisti più celebri che gravitano attorno alla galassia Lynch. Suoni, note in sequenza, echi e musiche, più o meno oniriche, sono fondamentali per evocare emozioni e atmosfere. I suoni ambientali e le distorsioni sonore, da sempre amate dal regista statunitense, contribuiscono a creare un senso di disorientamento e puro piacere sensoriale. L’evoluzione nel tempo riesce sempre a catturare, paradossalmente, brani senza tempo, e gruppi fuori dal tempo, come Au Revoir Simone, che trovate sul Tubo.

David Lynch ha avuto diverse muse ispiratrice, che hanno prestato il loro volto come attrici, tra queste spicca la nostrana Isabella Rossellini. Anche lei coinvolta sentimentalmente col regista statunitense. David Lynch ha dichiarato di non essersi mai voluto sposare, ma che se lo avesse fatto sarebbe certamente stato con lei. Le mogli non sono quello che sembrano.

 “Il mondo è diventato una stanza rumorosa, il silenzio è il luogo magico in cui si realizza il processo creativo” (David Lynch)

A questa esplosione audiovisiva si aggiunge un quarto elemento imprescindibile, ovvero il senso di Mistero ed Ambiguità. Tutto ed il contrario di Tutto. Le opere del Maestro sono cariche di figure colme di ambiguità, mai davvero “buoni o cattivi”, ma sempre in bilico tra decine di sfumature di grigio. Non semplici Cow Boy ed Indiani, per capirsi, ma figure dalla doppia faccia che da una sponda possono andare all’altra in qualunque momento. Lynch non fornisce quasi mai risposte chiare sui suoi personaggi, lasciando moltissimo spazio all’interpretazione personale. Questo “sense of mistery, sense of wonder” è una parte fondamentale della sua poetica, poiché stimola in maniera creativa la curiosità e l’immaginazione dello spettatore. Ognuno crea i suoi “buoni e cattivi” nella sua testa. Semplicemente geniale. O pigro, come diceva di se stesso il Maestro, prendendosi in giro da solo sull’argomento, nelle tante interviste surreali che ha rilasciato nel tempo.

Il quinto elemento, e ci perdoni Luc Besson se citiamo il suo film più noto, è strettamente collegato e derivato dal quarto, ovvero la Dualità. Questo è un tema non solo ricorrente ma anche portante nella poetica di Lynch. Una colonna senza la quale tutto crollerebbe. Spesso il visionario regista esplora il contrasto sfumato tra il bene e il male, l’eterna lotta tra la luce e l’oscurità, l’oscuro baratro tra la normalità e l’assurdo, e ci perdoni anche Rod Serling per aver mutuato il suo modo di dire. Ma non è casuale, perché i mondi creati da questo altro visionario sceneggiatore nell’immortale Ai confini della Realtà, sono da sempre i preferiti di David Lynch, che ha spesso detto nelle interviste “I LOVE THE TWILIGH ZONE”. Tra folli si capiscono, del resto. Il “Dark Side of The Moon” direbbero i Pink Floyd, ovvero il Lato Oscuro, necessario perché ci sia la luce. Il tema della Dualità è palesemente evidente in opere come Velluto Blu e Twin Peaks,  dove la facciata di una comunità tranquilla nasconde segreti oscuri. Vi ricorda Silent Hill, cari videogiocatori all’ascolto, ormai stralunati dalla nostra folle retrospettiva? Ci avere preso in pieno, e tra poco ne parleremo.

Universo onirico lynchiano
L’Universo onirico lynchiano è costellato di stelle, ma stelle nere, che brillano di buio proprio. Spesso personaggi ambivalenti, dal lato oscuro prominente, che sono tutto ed il contrario di tutto. I gufi non sono quello che sembrano, ma neanche i suoi personaggi, a quanto pare. L’immagine artistica è tratta da David Lynch Weird Book, una pubblicazione tematica.

“Quanto è magico entrare in un teatro e vedere spegnersi le luci. Non so perché. C’è un silenzio profondo, ed ecco che il sipario inizia ad aprirsi. Forse è rosso. Ed entri in un altro mondo” (David Lynch)

Il sesto elemento (che non è il seguito del film di Besson) è direttamente derivato dal quinto, ovvero la presenza di Personaggi Strani e Complessi che popolano gli universi narrativi creati dal regista statunitense. I personaggi lynchiani, cosa che ormai è diventata un vero e proprio modo di dire per definire qualcuno di simile (come kafkiani o fantozziani), sono spesso assurdamente eccentrici e diabolicamente complessi, con motivazioni inusitate ed  ambigue, contraddittorie e bipolari. Questa caratterizzazione spiazzante contribuisce in modo drastico a creare un senso di “realismo irreale” all’interno dell’assurdo di fondo, rendendo le bizzarre storie del Maestro ancora più coinvolgenti.

La sensualità dei personaggi femminili è forte, ma come suggerito dal regista stesso, spesso letale. Troppa bellezza, troppo piacere uccidono, e spingersi oltre i limiti può essere fatale. La poetica di David Lynch è un folle viaggio attraverso l’inconscio, l’ambiguità ed i mille volti dell’estetica visiva, che invita gli spettatori, come se fossero in un teatro interattivo, ad esplorare le profondità della loro immaginazione, e a costruirsi da soli un background psicologico dei personaggi sul palco, confrontandosi con le complessità della condizione umana. La capacità di Lynch di mescolare il surreale con il quotidiano crea un’esperienza cinematografica (e televisiva) unica ed indimenticabile. Senza voler approfondire le opere pittoriche o le installazioni multimediali, che su queste pagine sarebbero decisamente fuori contesto. Ma non troppo.

Un palco con un personaggio disperato in scena, una tenda presumibilmente rossa, seppur nel bianco e nero dello schermo, minimalista, e con un feto mutante che partecipa alla rappresentazione. Tutto questo può succedere solo nel primo indimenticabile e surreale film di David Lynch del 1971, intitolato Eraserhead.

“Il mio film è composto della materia di cui sono fatti gli incubi. Io ho paura di molte cose, ma soprattutto delle bocche e dei denti degli uomini…” (David Lynch)

Fin dai tempi in cui frequentava il college nel Montana, infatti, il visionario regista ha sempre voluto unire le tecniche pittoriche dell’illustrazione a quelle della ripresa video tradizionali, con musiche oniriche funzionali alla scena, per ottenere risultati audiovisivi eccezionali. Da sempre l’artista ama scavare a fondo nella mente umana per dipingere un vero e proprio quadro in movimento che si esprime attraverso la pellicola. Il cortometraggio è stato, inizialmente, il medium designato, con opere folli e visionarie spesso ai limiti del limite estremo dell’arte visiva. I suoi quadri onirici ed ultramondani hanno cominciato a prendere vita, tra installazioni e corti, fin dai tardi anni sessanta, ed alcuni sono oggi disponibili in raccolte DVD, editi da RAROVIDEO, come Six Men Getting Sick (Six Times), The Alphabet e The Grandmother. Opere surreali e disturbanti, che hanno però dentro i semi di tutta la sua poetica successiva. I corti, in realtà, non si sono mai fermati, e comprendono una sterminata produzione dal 1966 al 2020. Negli anni il Maestro ha spaziato ovunque, nell’arte visiva, ha diretto nel 2006 un video del cantante e DJ Moby, che peraltro è pronipote dello scrittore Herman Melville, autore del romanzo Moby Dick, da cui deriva il suo nome artistico, ed ha organizzato decine di mostre, tra cui l’indimenticabile FETISH a Parigi nel 2006, in collaborazione con lo stilista Christian Louboutin

Ma le opere per cui il grande pubblico lo ha più conosciuto ed apprezzato sono certamente i film. Dieci in totale. Imperdibili se si ama la bizzarra poetica dell’artista. Realizzare un vero film è da sempre il sogno di David Lynch, e per diversi anni gira di continuo le scene di un titolo d’esordio, l’allucinato horror fantastico ed introspettivo Eraserhead – La mente che cancella nel lontano 1977. Un film assurdo, persino per i bizzarri anni settanta, dove si vedevano generi impossibili come l’EXPLOITATION o il Women in Prison, pur destinato alla grande distribuzione, con immagini disturbanti e con protagonista un neonato mutante, praticamente allo stadio fetale, che urla facendo impazzire uno sfortunato padre di famiglia. Un’opera surreale, girata in bianco e nero, da conoscere a tutti i costi. Un film sulla paternità che difficilmente invita a diventare padre dopo averla vista. Ansia, estetica inquietante ed onirica, deformità come lato oscuro della normalità, oltre che alberi spogli che crescono come arti mutanti dal terreno simili a quelli che vedremo, anni dopo nella Loggia Nera, forse gli stessi. Perché l’Universo onirico lynchiano, in fondo, è un mondo unico dalle mille facce. Peraltro, il protagonista del film, Jack Nance, è un grande amico del regista stesso, che tornerà spesso nelle opere successive, con delle strane apparizioni di personaggi bizzarri.

Il secondo lungometraggio risale al 1980, nessun regista sarebbe stato più adatto di David Lynch per dirigere The Elephant Man, un film toccante, spiazzante ed unico, sempre nella magia del bianco e nero, e prodotto dall’insospettabile genio della comicità Melvin Kaminsky, per gli amici Mel Brooks. Un “ebreo tirchio” (come lo definivano nel settore) convinto dal granitico Stanley Kubrik a tirare fuori dollari sonanti, questa è magia del Cinema!

“In realtà mi piace il cappuccino. Ma persino una tazza di cattivo caffè è meglio che non bere affatto caffè” (David Lynch)

Tre anni dopo ecco arrivare il secondo film, The Elephant Man. L’idea di realizzare un film sulla storia vera di John Merrick, noto come l’Uomo Elefante, per via delle sue deformità, era da tempo nelle menti di alcuni celebri registi hollywoodiani, ma mancava il regista adatto. Proprio Stanley Kubrik, che ammirava le prime opere di Lynch, propone di finanziare questa opera all’insospettabile Mel Brooks, regista di capolavori della comicità come Frankenstein Jr., che gli permette di realizzare il suo secondo lungometraggio, con protagonista un indimenticabile John Hurt, stavolta con un budget molto alto. Nel 1980 questo film, onirico, toccante e disturbante, viene candidato a decine di Oscar e diventa di culto, lanciando nell’olimpo il nome di David Lynch.

Quattro anni dopo è il turno di DUNE con protagonista Kyle MacLachlan, l’attore che in Twin Peaks darà vita all’agente Cooper ed uno stralunato Sting. Un film che, nella visione del regista, doveva durare oltre cinque ore, oggi ne farebbero perlomeno una trilogia, ma che alla fine, tra tagli e rimontaggi, è diventato molto diverso. Forse il film meno lynchiano di tutti, derivando dai romanzi di Frank Herbert, ma anch’esso oggi di culto. Chiude gli anni ottanta la pellicola del 1986 Velluto Blu, una delle più iconiche del regista, un film noir che è un vero quadro in movimento, che affronta diverse tematiche tipiche, oltre a presentare una colonna sonora indimenticabile. La trama del thriller psicologico indaga sul lato oscuro della vita di una piccola città di provincia statunitense in cui si nascondono violenza e perversione.

Strano luogo-non luogo questa Loggia Nera, ci sono nani che ballano, giganti stralunati, divani neri, tende rosse, candelabri, statue classiche, pavimenti a zig zag, e corridoi senza uscita. Poi c’è Laura Palmer, una ragazza morta che è convinta di essere ancora viva. Dobbiamo scoprire chi l’ha uccisa, ma prima una fetta di torta di mele ed un buon caffè.

“È come quando si vede un iceberg. Noi sappiamo che quello che appare fuori dall’acqua è solo una parte molto piccola di tutto il resto. Ci sono persone che mostrano di più e altre di meno. Io sono interessato alle cose nascoste. Come uno psichiatra. Magari un po’ più astratto” (David Lynch)

Nel 1990 questi temi torneranno in Twin Peaks, serie TV considerata l’opera più amata del Maestro. Sulla serie sono stati scritti fiumi di parole (come direbbero i Jalisse, anche loro prigionieri della Loggia Nera ed esclusi da 25 anni da Sanremo, lynchiani senza saperlo), ma non a torto. Si, perché nelle tre stagioni totali della serie, incluso il revival recente, tutte le tematiche del regista sono unite ed esplorate in maniera estrema. Certo, la seconda stagione è stata “artificialmente allungata ed appesantita” per volere dei dirigenti del network, grazie al successo commerciale, ma oggi il tormentone “CHI HA UCCISO LAURA PALMER???” è diventato iconico della storia televisiva. Gira anche una leggenda che il presidente dell’Unione Sovietica dell’epoca, Michail Gorbačëv, abbia telefonato di notte a Ronald Reagan, presidente degli Stati Uniti, per chiedergli se sapesse già chi fosse  l’assassino! il vero protagonista di Twin Peaks non è nessuno dei tantissimi personaggi, è la città stessa, di giorno ridente e felice, di notte oscura e perversa, con una faccia opposta alla propria.

Le storie divertenti sui retroscena della serie continuano, come quella che il famoso BOB, fosse nato da un fatto avvenuto sul set, dove uno strano tizio californiano stralunato dai capelli lunghi, Frank Silva, un semplice scenografo ed assistente di studio, spesso appariva a sorpresa come uno spettro tirando su la testa da dietro un divano e urlando cosa non andava nella scena, terrorizzando realmente tutti, e che sia stato promosso “sul campo” a personaggio della serie. Oppure la gag surreale dei due personaggi dell’FBI, di cui uno, Gordon Cole, sordo, interpretato dallo stesso Lynch, che non sente le cose che dice un altro agente, costringendolo ad urlare. La realtà del set era che i due comunicavano leggendo pagine di sceneggiatura da due stanze diverse, urlando come matti, e facendo ridere tutti, tranne Frank Silva, ovviamente, che restava impassibile ed inquietante a fissare tutti da dietro il divano. Nella serie compare uno dei primi personaggi LGBT+ di tipo moderno, Denise Bryson, uno strano direttore dell’FBI transessuale, che trovate qui, interpretato da David Duchovny, al suo debutto televisivo, che sarebbe diventato famoso come Fox Mulder in X-Files! Senza questa serie, che ha letteralmente cambiato il linguaggio televisivo, non ci sarebbero oggi LOST o From. Non si era mai visto in TV un nano che esce ballando da una tenda rossa, parlando un linguaggio sconosciuto, ammettetelo. Anni dopo la scena surreale sarebbe stata citata pure dai Simpson.

Nel 1990 David Lynch ha tempo persino per un bizzarro musical, Industrial Symphony No. 1: The Dream of the Brokenhearted, da lui considerato un cortometraggio, visto che dura 50 minuti. Sempre nel 1990 arriva al cinema Cuore Selvaggio, un road movie bizzarro e grottesco che segue una coppia di innamorati in fuga, mescolando elementi di romanticismo, comicità e violenza. Il film ha vinto la Palma d’Oro al Festival di Cannes. Da una costola di Twin Peaks nasce, nel 1992, il film Fuoco cammina con me, che approfondisce gli ultimi giorni della vita di Laura e personaggi chiave come Ronette Pulansky, che parte dal romanzo Il diario segreto di Laura Palmer, scritto dalla figlia del regista Jennifer Lynch. Il film riesce a coinvolgere persino David Bowie. Nello stesso anno il regista collabora con Mark Frost per una serie di documentari ed una miniserie. L’anno successivo Lynch partecipa al film TV ad episodi Hotel Room diretto insieme a James Signorelli, opera minore e poco nota. Da quel momento la produzione cinematografica si dirada, e bisogna aspettare il 1997 per avere Strade Perdute – Lost Highway. Il film è un thriller psicologico che gioca con la narrativa non lineare e l’identità, seguendo un uomo che si ritrova coinvolto in un mistero oscuro. Nel 1999 David Lynch risponde alla domanda che in molti si chiedevano: “cosa succederebbe se Lynch girasse un film normale?” Ecco quindi The Straight Story che racconta la vera storia di un uomo che percorre in trattore un lungo viaggio per riconciliarsi con il fratello malato. Una pellicola toccante e commovente.

Universo onirico lynchiano
Due donne, due anime perdute, alla ricerca della memoria perduta, su una strada perduta, Mulholland Drive, accanto ad Hollywood. Strada reale e strada metaforica, ovviamente. L’intensità della recitazione in questo dramma interiore bizzarro lo porta ad essere uno dei migliori film di sempre. Ah già, ma il regista è David Lynch, allora dovevamo aspettarcelo.

“Il film è mio e ci metto tutti i conigli che voglio!” (David Lynch)

Con l’arrivo del nuovo millennio, però, il Maestro, torna alle tematiche più classiche dell’Universo onirico lynchiano, con Mulholland Drive, datato 2001. Un film che mescola sogno e realtà, inseguendo una strana donna ambigua che perde la memoria la cui vita si intreccia con quella di una giovane attrice in cerca di successo a Hollywood. Notevole il tema della perdita della memoria. Il film, peraltro, ha vinto l’Oscar per il miglior regista. Il decimo, e purtroppo ultimo, film è infine Inland Empire – l’impero della mente, che esce nel 2006. Una grandiosa opera sperimentale che esplora la vita di un’attrice in crisi, ma questa è solo la facciata di un mondo bizzarro ed estraniante che nasconde mille segreti. Il film è caratterizzato da una narrazione complessa e da un uso innovativo della tecnologia digitale che in quegli anni stava raggiungendo nuove vette compositive, affascinando il regista. Da non sottovalutare la presenza dei conigli. Decine di conigli, antropomorfi, metafora dell’umana follia. Risale al 2011 un interessante documentario musicale dedicato ai Duran Duran.

Nel 2017 il sogno di molti diventa realtà. La terza stagione di Twin Peaks arriva in TV! L’opera chiaramente, ha avuto il massimo della libertà compositiva e creativa per il regista, che venticinque anni dopo, ha realmente realizzato le parole detta all’agente Cooper a Laura Palmer. La serie è coinvolgente e commovente allo stesso modo, con attori ormai anziani o sofferenti che hanno voluto assolutamente partecipare, pur in condizioni di salute precarie, come Harry Dean Stanton o Catherine E. Coulson, la celebre Signora del Ceppo. Il Maestro, in alcune interviste, ha dichiarato che andrebbe vista in una unica giornata, tutti e diciotto gli episodi uno dietro l’altro, dalla mattina alla sera, come fosse un lunghissimo film. Non ci tiriamo indietro dal dire che Twin Peaks è considerata da molti “la miglior serie TV di sempre” e se non l’avete vista dovete assolutamente rimediare, ricordandovi che “i gufi non sono quello che sembrano”.  Ad agosto 2023 il regista annuncia di essere malato al giornale britannico Sight and Sound. Il suo vizio del fumo, estremo, come tutto nella sua vita, ha generato un enfisema, che è cresciuto lento come le radici malvagie dei suoi cortometraggi o il feto mutante di  Eraserhead,  imprigionandolo a casa, tra le quattro mura, costretto già da tre anni prima a dire addio alle sigarette, ed al mondo esterno.

Nel 2017 succede anche questo, David Lynch si presta come attore in Lucky, un film con protagonista uno dei suoi attori preferiti, Henry Dean Stanton, che, prossimo ormai alla morte, avvenuta in quello stesso anno, dice fiero: “David, dobbiamo farlo, prima che io diventi Henry Dead Stanton!” Il film è curiosamente diretto da John Carroll Lynch, che nega di essere parente di David. I Parenti non sono quello che sembrano.

 “Il fumo è come una bella donna, l’ami ma ti rendi conto che non è quella giusta per te. La lasci. Poi cominci a vagheggiarla, ti rendi conto che la sua giornata è triste senza di lei. E pian piano dimentichi guai e tormenti, incominci a scriverle, a pregarla di tornare con te. L’amore fa male, ma la mancanza d’amore ancora di più” (David Lynch)

David Lynch è certamente un regista noto per il suo stile unico e surreale, le cui opere rivestono una importanza notevole nel panorama cinematografico e televisivo, ma che, purtroppo per i giocatori, non ha mai partecipato direttamente ad un videogame. Anche se, nell’ormai lontano 2000, ha diretto lo spot Sony PlayStation 2 – Welcome to the Third Place”, che trovate qui,  il suo nome, fondamentale nella comunicazione visiva, ha avuto un enorme risonanza, contribuendo in parte al successo mondiale della console nipponica. La sua notevole influenza si estende però anche al mondo dello sviluppo dei videogiochi, sono tantissime le opere realizzate da game designer appassionati dal Maestro che spesso lo hanno citato in campo videoludico.  Tra i tanti titoli che si ispirano al suo lavoro ne vogliamo ricordare cinque che richiamano parecchio la sua poetica.

The Last Express (1997 Smoking Car Productions, Brøderbund, Interplay) per PC, è un titolo ideato dal geniale Jordan Mechner, game designer che ha ideato Prince of Persia. In questa interessante  Avventura grafica statunitense a tema storico troviamo una narrazione intricata ed un’atmosfera misteriosa che ricorda molto lo stile lynchiano. Ambientato su un romantico e decadente treno nel 1914, il gioco combina elementi di thriller e noir, con una forte enfasi sulla scelta del giocatore e sul tempo, simile alle tematiche di Lynch. Jordan Mechner del resto, è sempre stato un grande ammiratore del lavoro di David Lynch, e l’occasione di omaggiarlo è stata colta al volo. Se amate le Avventure Grafiche di qualità, partcolari e d’atmosfera, vi consigliamo di recuperare il titolo.

Non esiste purtroppo (ancora) un videogioco dedicato a Twin Peaks, ma molte delle atmosfere lynchiane sono state mutuate da Silent Hill 2, opera indimenticabile di Konami del 2001.

“Tante volte, mentre ascolto della musica, le idee cominciano o scorrere… è come se la musica cominciasse a prendere corpo, ed io vedo la scena del mio film svilupparsi” (David Lynch)

Quattro anni dopo esce sul mercato uno dei titolo che maggiormente è debitore al Maestro. Silent Hill 2 (2001 KCET, Konami) per PS2, Xbox, Windows e 360. Questo gioco survival horror psicologico è decisamente noto per la sua atmosfera inquietante e la sua narrazione profonda, che esplora temi di trauma e perdita. Molti critici del settore hanno notato che l’approccio narrativo e l’atmosfera di Silent Hill 2 possono essere paragonati facilmente a quelli di David Lynch, in particolare per quanto riguarda la rappresentazione dei conflitti interiori. Il gioco è ricolmo di easter egg lynchiani, come il ritratto dell’ex direttore del Brookhaven Hospital, trovato nella Silent Hill Historical Society, che è sospettosamente identico a David Lynch da giovane. I Wood Side Apartments sono una citazione diretta di Velluto Blu, con Pyramid Head nel ruolo di Frank Booth.

Spruzzate di Twin Peaks sono ovunque, ed un ospedale in cui le infermiere , che dovrebbero essere buone e curare, sono malvagie, mostruose ed uccidono, sono una delle caratteristiche lynchiane più tipiche. Del resto il Team Silent si è sempre detto grande ammiratore del Maestro, e Masahiro Ito è anch’esso un personaggio lynchiano. Nel titolo c’è persino una citazione nascosta al feto deforme di Eraserhead, che vi invitiamo a cercare! Due anni dopo, nella stessa generazione, ecco arrivare Max Payne 2: The Fall of Max Payne (2003 Remedy – Rockstar Games) per PC, PS2, Xbox. Anche se non è un gioco ispirato dichiaratamente a Lynch, il suo uso di narrazione noir e atmosfere cupe può ricordare parecchio alcuni dei temi presenti nei film di Lynch. La storia di Max Payne è piena di colpi di scena e momenti surreali che possono richiamare l’estetica lynchiana.

Deadly Premonition, il cui titolo originale di lavorazione era Rainy Woods, è pregno di citazioni lynchiane, con Twin Peaks in prima fila. Il titolo di Access Games è ambientato a Greenvale, dove è stato trovato un misterioso cadavere, tra ambientazioni surreali ed oniriche. “CHI HA UCCISO ANNA GRAHAM??”

“Il bello della meditazione è che diventi sempre più te stesso” (David Lynch)

Passano sette anni ed arriva il recente ed eccezionale Deadly Premonition (Access Games, Marvelous Interactive 2010) per PS3, Xbox 360,Wndows e Nintendo Switch. Questo titolo nipponico è spesso paragonato a Twin Peaks, una delle opere più celebri di Lynch. Non certo a torto, perché moltissimi elementi sono citazionisti fino all’estremo. La trama segue un agente dell’FBI che indaga su un omicidio in una piccola città, molto simile a quella di Laura Palmer, con personaggi molto strani ed ambigui. L’intero gioco è caratterizzato da un’atmosfera bizzarra, personaggi eccentrici ed una narrazione non lineare, elementi che richiamano il mondo di Lynch. Uno dei migliori titoli della sua generazione!

L’anno dopo, nel 2018, ecco arrivare Desert of Vice, sviluppato da Karolis Dikcius, un titolo indipendente che trovate su Steam, fortemente debitore verso l’Universo onirico lynchiano. Merita una citazione speciale Lynchian, un altro gioco indie che si propone di catturare l’essenza delle opere di Lynch. Presenta una narrazione surreale e visivamente affascinante, con enigmi e situazioni che sfidano la logica, proprio come nei film di Lynch. La lista non è certo esaustiva, poiché David Lynch è parecchio influente nel settore videoludico, anche Life is Strange e Alan Wake II, ad esempio, sono debitori nei suoi confronti, o il classico  Zelda: Link’s Awakening per Game Boy, a detta dello stesso Takashi Tezuka! Lo ha dichiarato infatti in una vecchia puntata degli approfondimenti sullo sviluppo di IWATA ASK. Un gioco insospettabile, dobbiamo ammetterlo. Questi titoli sono quelli che meglio riescono a catturare l’essenza della poetica di Lynch, attraverso atmosfere surreali, narrazioni complesse e personaggi memorabili. Poco conta il medium, o il semplice contesto, tutti noi personaggi maledetti siamo destinati a vivere in eterno nel limbo, nella Loggia Nera, ed uscirne casualmente, per poco, ogni venticinque anni.


Oggi dedichiamo una lunga retrospettiva alla vita ed alle opere di un Maestro della narrazione audiovisiva. 5018 parole in fila non sono nulla, rispetto all’infinito Universo onirico lynchiano, lo sappiamo, ma è un autore a cui tutti gli appassionati di cinema e TV devono qualcosa. David Lynch ha lasciato il mondo terreno, secondo i medici per un semplice e banale Enfisema, di cui soffriva da tempo. Ma tutti i suoi fan sanno bene, che ha solo deciso di migrare dal suo stato fisico ai misteriosi meandri ultraterreni della Loggia Nera, dove ci aspetta, beffardo e sorridente, seduto su un divano sopra un pavimento bianco e nero a zig zag, accanto a Laura, un nano ed un gigante, con dietro una tenda rossa. 


 

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V008 Mensile
Appassionato e storico del videogioco, Fabio D'Anna scrive di opere videoludiche, film e serie tv dal 2008. Tra le tante realtà del settore ha collaborato con Art of Games e siti come Retrogaming History, Games Collection, Games Replay, Games Village e riviste come PS Mania, PSM, Game Republic, Retrogame Magazine, Game Pro, oltre che col Museo VIGAMUS. Ha anche organizzato due edizioni della Mostra Archeoludica ed ha scritto due libri dedicati a PAC-MAN e Star Trek. Nella vita colleziona console PONG based ed alleva cagnoline, tra cui spicca Zelda.