Visioni IA

Visioni – V mensile: Fermi tutti, arriva Elon

Quello dell’intelligenza artificiale è un dibattito molto acceso, da sempre. Prima era un discorso relegato alla fantascienza sociale, che includeva discussioni filosofiche circa una possibile coesistenza tra l’essere umano e l’intelligenza sintetica. Ne ha parlato la letteratura, ne ha parlato il cinema, con profondità e registri diversi, ma negli ultimi anni tutta questa fantascienza è diventata pian piano attualità, e, senza chiamare in causa gli androidi di Asimov e Detroit: Becoming Human, che per ora restano un tema ancora lontano, siamo ben presto passati dalla meno minacciosa e ben più comprensibile intelligenza artificiale adattiva, ai misteri di quella generativa. Ora io non sono una grande esperta di IA, ma, pur nella mia limitata conoscenza, mi rendo perfettamente conto di come un’intelligenza sintetica in grado di produrre contenuti ex novo comporti implicazioni ben più complesse all’interno del nostro sistema socioeconomico rispetto ad una che “banalmente” (anche se banale non è) apprende autonomamente e adatta il suo comportamento. Qui chiamiamo in ballo cose come il concetto di produzione artistica, la volontà dell’autore, la libertà di espressione e, non ultime, complesse questioni legali come il diritto d’autore. Per non parlare del fatto che adattiva o generativa che sia, l’IA sta entrando in punta di piedi, ma in modo sempre più sostanziale, in alcuni settori specifici del mercato del lavoro; in particolare, quelli ad alto profilo tecnologico; non ultimo, nell’industria del videogioco. Rispetto ad ambiti meno “sensibili”, come quello degli Analytics e delle Supply Chain, il videogioco si trova nella scomoda posizione di essere a metà strada tra lo sviluppo tecnologico e la produzione artistica (scomoda solo in questo caso, sia chiaro) e questo comporta che l’integrazione della IA all’interno del processo di sviluppo sia una procedura ben più complessa e delicata. L’argomento è estremamente serio e si va dagli allarmisti che, in pieno stile predicatore folle, ragguagliano le masse su come l’IA stia togliendo posti di lavoro ai programmatori e ai 3D artist, fino ad arrivare agli entusiasti che già teorizzano il primo videogioco interamente sviluppato da una figlia di Mother. In mezzo ai due estremi, bisogna dirlo, c’è un gran numero di persone razionali che invece lavorano per capire in che ambiti e con quali modalità sia possibile integrare questo nuovo strumento nelle varie fasi dello sviluppo di un videogioco. Tra questi c’è sicuramente il comparto grafico, con il potenziamento dell’immagine e la gestione dell’illuminazione; poi abbiamo un grande classico, la gestione procedurale dei contenuti, elemento che potrebbe beneficiare grandemente della capacità dell’IA di gestire un maggior numero di variabili dinamiche; non dimentichiamo poi la programmazione PNG e, più in generale, tutti quei contenuti che modellano il gioco in base alla singola esperienza del giocatore (così detti PEM). A questi si aggiunge una infinità di aree più o meno rilevanti in cui questo strumento è stato introdotto con diversi livelli di profondità, così tante e così complesse che la maggior parte delle quali è nota solo agli addetti ai lavori.

Non preoccupatevi, però, perché questo lento processo pieno di rischi e opportunità fatto di dibattiti e confronti sta per risolversi con un schiocco di dita. Elon Musk ha confermato le sue intenzioni di fondare un AI Game studio sotto l’ala di X, che ci salverà dei contenuti woke e che, finalmente, creando prodotti attraverso l’intelligenza artificiale “will make games great again”, per parafrasare la campagna elettorale del suo grande amico. Al di là delle considerazioni politiche che ciascuno è libero di fare, a maggior ragione perché il videogioco ha tutti gli strumenti per trasmettere anche contenuti di questo tipo, ciò che fa male è la leggerezza con cui un uomo di tecnologia come lui strumentalizzi un tema delicato come la IA per gettare fango su un’industria in piena crisi e, trasversalmente, sui suoi “avversari politici”. Purtroppo, il momento delicato richiede serietà e la sua posizione di opinion leader lo imporrebbe in modo categorico, ma abbiamo la (s)fortuna di vivere in un’epoca in cui i proclami gridati dai quei tre individui dotati di megafono valgono più del coscienzioso lavoro di mille persone senza amplificatore. Internet ci aveva illusi che non sarebbe stato più così, ora speriamo non ci illuda anche l’IA.

Leggilo gratis in versione impaginata e sfogliabile sul numero 8 di V – il mensile di critica videoludica
V MENSILE
Clicca sulla copertina per leggere
V008 Mensile