“Perché il Joker non può vincere”, diceva Batman nel finale de Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan. Io ci credo. Con convinzione, forza, assoluta determinazione. E nel profondo della mia anima. Lo so che il mondo sembra gridarci il contrario, ogni secondo di ogni giornata. Le violenze, le ingiustizie, le sopraffazioni, tutto ciò che vorremmo poter spazzare via, come in uno dei nostri amati videogame. Una smart-bomb di manicheismo old style: noi, i buoni, che finalmente facciamo giustizia, portando la pace, l’amore e la serenità. Un lieto fine, at last. E poi dissolvenza, con il contrappunto di una colonna sonora adeguata: l’epica che si smorza in un meritato, sofferto, giusto riposo. L’Eroe ha compiuto il suo viaggio, e ora vuole essere una semplice creatura che ha meritato di poter contemplare il mare, perdersi tra i monti, riempirsi i polmoni dell’inebriante profuno dei fiori in primavera, amare. To the end.
Non sembra, però. Vero: ve l’ho detto e lo ripeto. Perché i meriti non c’entrano in questa storia, come direbbe il William Munny interpretato da Clint Eastwood ne Gli spietati. Apparentemente. Dalla visuale del mio mezzo secolo di vita, mi permetto di contestare questo assunto. Il Male vince solo quando noi glielo permettiamo. Pensateci. Ce lo ha insegnato persino il giovane George Lucas nell’unica trilogia di Star Wars: la Luce è superiore al Lato Oscuro, e lo si intende anche solo riflettendo su quanto il suo cammino sià più impervio, ripido, irto di ostacoli. Non accettate un relativismo assoluto (bel paradosso, non c’è che dire): non sono tutte convenzioni, i valori esistono, e sono i valori della bontà, quelli che scorgiamo negli occhi gonfi di lacrime di un bambino, la creatura più pura che ci sia. Aiutare il prossimo, fare qualcosa che migliora il nostro mondo, compiere un gesto gentile, o d’amore, o di solidarietà. Dire la parola giusta alla persona giusta al momento giusto, senza false ipocrisie, perché sappiamo perfettamente quale sia, e sappiamo quanto è (sarebbe?) giusto recitarla, come un sacro verbo, capace di dare la vita.
È che è faticoso, e si rischia di soffrire. Ma la vita, la Storia, tutto quanto, è sempre costellata di sacrificio, di dolore, di rinuncia. Lo si fa per un bene maggiore, per una ricompensa più grande di un meschino immediato tornaconto. È la soddisfazione più immensa: quella di fare il giusto, senza calcoli. È a quel punto che ci si rende conto che il Bene non può che trionfare. Come potremmo risultare sconfitti se noi abbiamo auto determinato la nostra vittoria? Questa copertina, pubblicata in questo preciso momento storico, è un insieme potente di simboli primordiali. Le figure iconiche della nostra Games Industry, come Sonic, che sono lì a vegliare su di noi, sulla nostra tradizione, a prescindere dal peso valoriale di questo o quel capitolo. Personaggi che sono il Videogioco, la pura essenza di un frammento di sogno che ci terrà vivi per sempre. E poi, per l’appunto, il chiarore contro il buio, Sonic e Shadow come Solid e Liquid, o come Mario e Bowser. Come noi e la parte arida di noi, quella alimentata e nutrita dal Nemico. Quella che noi, qui e oggi, scegliamo di sconfiggere.
Per infiniti motivi. Professionali, storici, intimi. Perché non so essere diversamente, e non ho paura di manifestarlo. Perché voglio essere unico, come te che mi stai leggendo, come voi tutti. Apriamo il libro e impugnamo la penna: è tempo di scrivere un’ultima parola, ma che sarà la prima di una nuova, luminosa, bellissima storia.
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