Like a Dragon Yakuza, serie tv prodotta da Amazon Prime Video sulla licenza della gloriosa saga targata SEGA e RGG Studio, è un grandissimo spreco. Non posso non partire con questa doverosa premesse, figlia anche di una forte dose di aspettative che, da fan della serie, hanno cominciato a ronzarmi in testa sin dal reveal. Quelle, ovviamente, insieme a una buona dose di dubbi, sempre più o meno leciti quando si tratta di simili manovre di marketing e che, sfortunatamente, in questo caso specifico si sono rivelati in larga parte fondati. Voglio, però, spezzare una piccolissima lancia in favore degli autori.
Like a Dragon Yakuza non è affatto una brutta serie tv, anzi, risulta anche piuttosto piacevole da vedere e scorrevole nei ritmi, ma fallisce sulla cosa più importante: portare su schermo un racconto credibile e in grado di onorare un prodotto dalla scrittura magistrale. È davvero un paradosso fallire sotto questo aspetto, anche perché il problema principale di questa trasposizione è che si prende troppe libertà rispetto alla storia ‘originale’ in modo, sinceramente, inspiegabile. Dopo aver completato la visione degli episodi sono ancora più amareggiato perché, con un po’ di sforzi in più, avremmo potuto assistere a un prodotto dignitoso e in grado di rimarcare ancora di più il successo sempre più evidente del brand ma, sfortunatamente, bisognerà attendere ancora.
Like a Dragon: come un drago, ma senza quello stesso fuoco
Prime Video e SEGA, diciamolo subito, hanno collaborato a stretto giro per realizzare questa serie tv. Lo ribadisco perché bene sottolineare il grande impegno e la grande convinzione con cui il progetto è stato realizzato. La storia, come detto, vuole rappresentare una sorta di rivisitazione delle origini del personaggio di Kazuma Kiryu, volto indiscusso di più generazioni e simbolo del lavoro del RGG Studio, ma vi dico subito che finisce col perdersi fin troppo e di smarrire la strada molto velocemente. La storia viene raccontata su due linee temporali diverse: il 1995 e il 2005. Questo espediente narrativo è ormai ben rodato, è molto usato e anche nella saga videoludica si è visto spesso il suo utilizzo, ma nella serie di Amazon Prime Video diventa un elemento di disturbo, in più di un’occasione. Il problema di fondo, senza soffermarsi sulle troppe libertà narrative che già stonano (ci ritorno a breve), è proprio la scelta, alla base, di spezzare così tanto la narrazione a rendere tutto ancora più pesante oltre a sfavorire e scoraggiare ulteriormente la comprensione stessa della storia.
Una storia che, come dicevo in apertura, si basa soltanto vagamente sull’impianto narrativo originale e va a prendere, fin da subito, pesanti distanze con quella che è la storia originale, non soltanto nei temi trattati. Al centro della vicenda c’è ovviamente Kazuma Kiryu, ma è un personaggio molto diverso da quello visto nella serie, al netto della bravura di Ryoma Takeuchi, chiaramente un grande fan della serie con un grande trasporto anche emotivo (e lo si vede), soprattutto nella fase “iniziale”. Anche le sue intenzioni sembrano essere più personali e meno nobili e tutto l’incipit narrativo ruota proprio intorno a questo. Kiryu è infatti accecato dal successo e dalla voglia di rivalsa, dal desiderio di uscire da una vita miserabile e poco soddisfacente, e questo aspetto rende troppo diverso lo stesso protagonista, che si sviluppa in modo poco coerente rispetto all’originale. Questo aspetto, già di per sé problematico, va di pari passo con quanto detto poco sopra, ma paradossalmente sul piano del ritmo e della fruibilità il prodotto funziona lo stesso, per quanto sia però incapace quasi sempre di trasmettere le stesse sensazioni ed emozioni del materiale di riferimento.
Troppe libertà, scarsa riuscita
Al netto della scelta di raccontare una storia in maniera troppo raffazzonata e frammentata, come ho già detto poco fa, il ritmo generale rimane comunque godibile e sufficientemente adrenalinico. Ciò è merito della scelta di dare a tutta la serie un piglio un po’ più da teen drama che da serie tv con mire un po’ più autoriali e il risultato finale è comunque complessivamente interessante. Il problema, però, è che, poi, per analizzare il tutto bisogna sempre tornare al materiale di partenza e, purtroppo, la serie tv prodotta da Amazon manca completamente il bersaglio, sotto questo aspetto. Sarò sincero: non ho proprio compreso il bisogno di cambiare e alterare buona parte dei personaggi e la loro resa sulla scena. Soprattutto i primissimi capitoli del videogioco erano scritti veramente da Dio e, dunque, con ogni probabilità sarebbe bastato tenere tutto sul familiare per avere tra le mani una fettina di successo.
Ciò è veramente troppo evidente quando si vanno a prendere in esame personaggi storici e iconici come Goro Majima, il buon vecchio Nishikiyama, la bella Yumi e finanche la piccola Haruka. Ognuno di loro, dai membri del Tojo Clan fino ai giovani inquilini dell’iconico orfanotrofio Sunsflower (il nome originale è Himawari), sono rappresentati con una libertà creativa gigantesca, enorme, esorbitante e, soprattutto, fuori contesto e che spesso rende praticamente impossibile riuscire a contestualizzarli con il materiale di riferimento. Like a Dragon Yakuza si prende veramente tante, troppe libertà e il risultato finale è un prodotto dalla doppia valenza. Da un lato ho trovato uno show anche carino da seguire, ma dall’altro non posso non notare che i punti in comune con la storia originale sono veramente troppo pochi per aver scomodato una licenza così imponente, soprattutto proprio a livello narrativo.
La Yakuza a portata di tutti
In verità, un po’ li capisco gli autori. I temi originali, trattati nel modo originale, non si sarebbero mai adattati con l’idea che si sono fatti della storia che poi, alla fine, hanno deciso di tirare su e soprattutto con lo stile con cui l’hanno creata. Questo non è assolutamente una giustificazione, anzi, è un’ammonizione tendente al rosso, ma è giusto per dire che continuo a dire che la serie è veramente piacevole da vedere, per ritmi e modus operandi, a patto però di non prendere mai (o quasi) in considerazione il fatto che si tratti di un lavoro ereditato da un prodotto tanto carismatico come la serie Like a Dragon (Ex Yakuza in Italia). Si tratta, ovviamente, di un’arma a doppio taglio, un rischio che, però, non ci sentiamo di condividere più di tanto.
Se, però, siete alla ricerca di qualcosa di una serie a tema malavita dai toni “leggeri” e raccontata con il classico piglio dei prodotti un po’ più vicini ai toni da telenovela e da teen drama, tanto famosi e di successo negli ultimi anni, potreste trovare nella serie di Amazon Prime Video un buon passatempo. Nella serie non mancano tutti quegli elementi di successo: femme fatale, personaggi caricaturali, momenti al limite e una buona dose d’azione, ma dovrete fare i conti con un racconto che, al di là delle tante libertà creative, si perde spesso su se stesso e risulta eccessivamente pesante e diluito.
Like a Dragon Yakuza non riesce a replicare la stessa, solenne, energia autoriale del materiale di partenza. È una discreta serie tv, si lascia guardare e non annoia mai, ma non è assolutamente in grado di omaggiare né il personaggio di Kazuma Kiryu né, in generale, tutto il magistrale lavoro del RGG Studio. Gli episodi scorrono in modo piacevole, e in generale il ritmo è sempre frizzante e le situazioni viste riescono ad appassionare quanto basta, ma siamo comunque di fronte a una grossa occasione mancata. Ed è un peccato, perché il materiale di riferimento è davvero smisurato e si poteva e, anzi, doveva fare di più.