Bloober Team: l’ex “brutto anatroccolo” è pronto a nuove sfide

Lo aveva detto più volte nel corso degli ultimi anni Piotr Babieno: Bloober Team sarebbe diventato un punto di riferimento nel mondo dei videogiochi horror. Un concetto che ha guidato le azioni di Babieno e dello studio di cui è amministratore delegato per almeno gli ultimi cinque anni, ma non fatichiamo a credere fosse proprio quello lo spirito con cui, 16 anni fa, un gruppo di developer di Cracovia ha deciso di unire le forze per conquistare il mondo videoludico.

Ma chi è questo studio? Perché ultimamente se n’è parlato così tanto? Che cosa ha fatto in questi tre lustri da meritare lo spazio nelle pagine di ogni sito di informazione specializzato? Rispondere a questa domanda è impossibile senza raccontare la storia di Bloober Team partendo dall’inizio: i primi progetti, i primi giochi (tutt’altro che successi di critica o commerciali), alcune rare perle e poi fino ad arrivare agli ultimi colpi azzeccatissimi in grado di ribaltare completamente la percezione che il pubblico aveva circa l’operato del team.

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Bloober Team: i membri della software house

In principio era “Nibris”

In effetti, la storia di Bloober Team comincia in maniera non proprio felice, anzi. Bisogna retrodatare dunque il momento della nascita della compagine di circa di due anni. Nibris nasce nel 2006 sempre a Cracovia.

Bloober è una delle piccole sussidiare che orbitano attorno a Nibris, che poi chiuderà i battenti appena quattro anni dopo la sua inaugurazione, nel 2010, e con un solo gioco pubblicato (Double Bloob, 2011, DSiWare. Recesnioni prettamente negative) più una breve lista di progetti cancellati. Insomma, sembra che questa storia non cominci proprio sotto i migliori auspici, anzi, più avanti la vedremo anche leggermente peggiorare. 

Ma a Bloober quell’ambiente sta già stretto: è così che nasce ufficialmente lo studio, con un atto di autoaffermazione della propria identità indipendente, una natura che Babieno – il fondatore e CEO – ha ribadito proprio negli anni più recenti quando hanno cominciato a circolare le voci di una possibile acquisizione. Va detto, ma giusto per completezza di informazione, che parte delle quote societarie appartengono comunque a Tencent, che ha deciso di investire nel progetto diversi anni addietro.

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Basement Crawl e A-Men: i primi scivoloni

Facciamo un salto veloce fino al 2012, primo anno dove possiamo registrare con certezza l’uscita di un videogioco a marchio Bloober Team. Stiamo parlando di A-Men, un semplice puzzle game sulla scia dei più famosi Lemmings. Arrivato su PC, PlayStation 3 e PlayStation Vita il gioco passa sostanzialmente inosservato dai più. I pochi che lo hanno provato, tra l’altro, non ne restano poi parecchio contenti.

Avanti veloce al 2014. Uscito su PlayStation 4, Basement Crawl è un action con elementi strategici e da maze-game. Il progetto fu accolto parecchio negativamente da pubblico e critica. Secondo chi lo ha giocato – davvero pochi in realtà – a decidere per le sorti avverse fu una incredibile mancanza di contenuti interessanti.

Basement Crawl era, in altre parole, un gioco estremamente povero. Invece che optare per DLC e add-on, Bloober optò per una soluzione diversa pubblicando il gioco l’anno dopo, stavolta corredato degli elementi necessari e cambiando nome al progetto. Brawl – questo il nuovo nome – è stato pubblicato anche su Nintendo Switch, PC Windows, Linux, Mac OS e Android.

Basement Crawl, ispirato da Bomberman, era povero di contenuti al lancio

Layers of Fear: si comincia a far sul serio

Mentre avvenivano questi due lanci, dietro le quinte lo studio polacco ha continuato a lavorare sotto traccia al suo vero primo gioco di largo richiamo. È il 2016 quando su Linux, macOS, Nintendo Switch, PlayStation 4, Windows e Xbox One arriva Layers of Fear. Il gioco segna anche l’inizio della breve collaborazione con Aspyr Media.

Layers of Fear è un horror in prima persona ambientato all’inizio del ventesimo secolo, poco dopo la prima guerra mondiale. Un pittore tormentato è ossessionato dalla sua opera magna, un ritratto che non riesce ancora a completare come vorrebbe e che ogni volta ricomincia da capo. Evitiamo il rischio di incorrere in spoiler e fermiamo qui gli indizi circa la trama. Il gioco riceve un’accoglienza tiepida, ma generalmente buona nonostante qualche incertezza sul versante tecnico. Sempre nel 2016, il DLC Inheritance espande e completa la storia di uno dei personaggi della vicenda.

Il buon riscontro convince Bloober Team a proseguire i lavori sul sequel: nel 2019 arriva anche Layers of Fear 2 che ci mette invece nei panni di un attore sull’orlo del fallimento. Questo secondo gioco – edito da Gun Media – ha raccolto un successo leggermente maggiore del titolo precedente con addirittura IGN che lo definì “il miglior horror della generazione” in sede di recensione. Ancora nel 2021 Bloober annuncia che sarebbe tornata sulla serie. Inizialmente inteso come terzo capitolo, Layer of Fears cambia nome in Layers of Fear per diventare – ufficialmente – una versione riveduta, corretta ed estesa del capitolo primigenio. Una produzione che, dopotutto, non lascia poi chissà che segno indelebile nell’industry.

Layers of Fear rappresentò il primo vero grosso progetto dello studio polacco

Mondi Sci-Fi: Observer

Saltiamo indietro al 2017. Dopo le ambientazioni cariche di decodi gotico vittoriani del secolo passato, Bloober Team decide che è ora di spostarsi in un lontano futuro. Nel 2084 vestiamo i panni del poliziotto di Cracovia Daniel Lazarski, membro dell’unità Observer. Daniel ha un potere particolare: può hackerare gli impianti cerebrali degli altri cittadini così da poterli meglio interrogare attraverso il dispositivo Dream Eater.

Forse un po’ troppo carico dei classici cliché del genere, ma Observer e la riedizione del 2020 (titolata System Redux), hanno raccolto un riscontro caloroso – sebbene non entusiasmante – da parte del pubblico, merito anche di una buona interpretazione da parte di Rutger Hauer interprete di Roy Batty in Blade Runner (Ridley Scott, 1982). Non molto, ma comunque abbastanza da permettere al gioco di guadagnarsi una ristretta cerchia di appassionati.

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Blair Witch: sulla scia di una leggenda

Uscito nel 2019, ma ambientato nel 1996, Blair Witch si inserisce – lo avrete capito – nell’universo immaginario ideato da Daniel Myrick ed Eduardo Sanchez. Era il 1999 quando il mockumentary divenne un vero e proprio global sensation. 

È proprio riprendendo dalla leggenda della strega di Blair che Bloober decide di realizzare il suo – ennesimo – survival horror in prima persona. Nonostante qualche trovata interessante come il ricorso alle abilità olfattive di Bullet (il cane di Ellis, il protagonista) come meccanica di gameplay integrata in uno scenario simil investigativo, il pubblico accoglie anche questo gioco tiepidamente. Blair Witch è un progetto senza infamia, ma anche senza lode. Punito per essere uscito prima su Xbox? Le malelingue potrebbero anche suggerirlo.

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Blair Witch si inserisce come midquel tra i due film usciti al cinema

The Medium: la “lettera d’amore”

Se c’è un videogioco che più di tutti nella produzione di Bloober Team ha diviso l’opinione pubblica quello è certamente The Medium. Uscito in esclusiva temporale su PC e Xbox a inizio 2021 e poi nell’estate dello stesso anno anche su PlayStation (dal 2023 anche su MacOS), il gioco ci mette nei panni di Marianne, una sensitiva piuttosto particolare.

Marianne è infatti in grado di attraversare due distinti piani dell’esistenza: quello materiale e il mondo spirituale. In determinati momenti può passare da una realtà all’altra in modo da poter risolvere puzzle ambientali o ottenere indizi circa la sua indagine. Ambientato nella Polonia post sovietica, il gioco è un horror tutto sommato all’acqua di rose che non ha convinto a causa di alcuni problemi tecnici e di design. L’accoglienza non fu disastrosa, ma certamente sotto tono rispetto alle speranze di Bloober Team.

The Medium, infatti, è stato per Bloober ciò che Starfield ha rappresentato per Todd Howard: un sogno tenuto in un cassetto per anni in attesa di avere le tecnologie necessarie per realizzare la propria visione; un gioco dove la protagonista potesse vedere due mondi contemporaneamente. Inizialmente pensato per una release su Xbox 360 e PlayStation 3, il progetto ha dovuto attendere tempi migliori. Una volta intuite le potenzialità di Series X e Series S, ecco che la compagine polacca si convince: è il momento.

Va notato che il gioco viene presentato nel 2019, un dettaglio parecchio importante che ci servirà dopo. Per il momento basta ricordare che in diverse occasioni Mateusz Lenart – il director – ha definito il progetto la sua lettera d’amore a Silent Hill.

Una lettera che, però, non fa breccia nel cuore dei fan che pretendono qualcosa di più.

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The Medium è un progetto rimasto nel cassetto per circa 10 anni

Silent Hill 2: il remake della discordia (e della rivalsa)

Una partita che si gioca su due fronti. Se da un lato abbiamo una software house che raccoglie risultati medi, buoni, ma mai entusiasmanti. Dall’altra un’azienda publisher con una reputazione ottima mandata in frantumi nel giro di pochi mesi Cosa potrà mai andare storto?

Le due parti si incontrano nel 2019 (lo stesso anno in cui Lenart presentava The Medium come ‘lettera d’amore’, ricordate?), ma ancora nessuno ne sa nulla a livello ufficiale. La voce però che Konami sia intenzionata a riesumare il cadavere di Silent Hill è nell’aria da tempo.

I fan sperano e credono, la stampa incalza e fomenta, ma l’annuncio non arriva e la rabbia cresce. Nel 2021 – quasi in concomitanza con l’uscita di The Medium – Bloober Team annuncia la partnership con Konami. Per tantissimi è il segnale che qualcosa si stia effettivamente muovendo. L’aria nell’ambiente diventa una polveriera. Basta una piccola scintilla per far scoppiare anni di delusioni represse.

Quella scintilla arriva il 19 ottobre 2022: Konami annuncia il Silent Hill Transmission. È ufficiale dunque, il brand è vivo ed è ancora nei piani dell’azienda. La notizia più importante viene data: si sta davvero lavorando a un remake, di Silent Hill 2 e a realizzarlo ci penserà proprio Bloober Team.

Per tantissimi è stato quasi come scoprire che il cioccolatino appena mangiato fosse ripieno di segatura. Bloober Team viene percepito come uno studio inesperto o comunque mai in grado di shippare un gioco davvero tranchant in grado di lasciare il segno. Affidare a loro un mostro sacro, un caposaldo dell’horror psicologico? “Follia” sentenzia il pubblico. Seguono circa due anni di dubbi, di critiche, di perplessità quando non proprio di attacchi rivolti sia ai dev che ai publisher. Pochissimi sono riusciti a perdonare a Konami il licenziamento più illustre della sua storia.

Poi, circa due anni dopo (è ottobre 2024), il gioco esce e sorprende tutti. Non solo è tutto sommato buono (sebbene non eccelso), ma è soprattutto fedelissimo al materiale originale. I voti in recensione oscillano tra gli otto e i dieci, un primo vero grande successo per lo studio.

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I primi trailer di Silent Hill 2 hanno raccolto critiche pesantissime

Cronos The New Dawn: la nuova sfida di Bloober Team

A Cronos The New Dawn abbiamo dedicato un lungo approfondimento nei giorni scorsi. Il gioco horror è atteso nel 2025 su PC e console next-gen. L’annuncio è stato fatto durante uno dei più recenti Partner Showcase di Microsoft Xbox.

Anche se c’è ancora poco di noto riguardo al titolo, molti si sono affrancati dalla visione del primo trailer con impressioni parecchio positive e l’entusiasmo già alle stelle. Merito dell’ultimo successo? Certamente la riuscita di Silent Hill 2, una vera e propria prova del fuoco per l’azienda, ha contribuire a innalzare decisamente le aspettative riservate allo studio. È la compagine guidata da Piotr Babieno stessa a prendere atto che l’asticella, dopo l’ultima pubblicazione, si sia notevolmente alzata.

Le aspettative, adesso, sono legittimamente alte.

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Cronos The New Dawn è una nuova sfida per lo studio polacco

Il successo di Silent Hill 2 remake ha certamente contribuito a ridisegnare il profilo di Bloober Team davanti al pubblico mainstream. Ma se c’è qualcosa che sappiamo del mondo dei videogiochi quella è che il ‘redemption arc’ è spesso lungo e mai facile. Cronos The New Dawn rappresenta certo una promessa interessante, mantenerla intatta incontrando le aspettative che il pubblico s’è creato è però storia ben diversa. Riuscirà Bloober in questa impresa?


 

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