Per quanto i soulslike siano ormai presenti in maniera massiccia sul mercato videoludico, rimane comunque una missione ardua e complessa riuscire a realizzarne uno, e che sia realizzato secondo tutti i crismi del suo genere. Non è facile soprattutto quando in questo genere vi è una pietra miliare importante come lo sono i titoli della saga targata da FromSoftware, e tutto quello che trae ispirazione da loro ha bisogno di un’intelaiatura ludica decisamente corposa e un sistema di combattimento calibrato con precisione chirurgica. Sarà riuscito nell’impresa anche Enotria The Last Song, il primo souls italiano? Gioco di cui abbiamo precedentemente trattato, nel corso delle sue fasi di sviluppo e pre-lancio, abbiamo messo le mani sulla versione finale dell’ambizioso progetto di Jyamma Games, team milanese che ci ha regalato oltre 20 ore di gameplay, delle quali vi raccontiamo nella nostra recensione.
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ToggleEnotria: tanta italianità, e altrettanti dubbi
Il sangue e la brutalità hanno macchiato per tanto tempo le terre di Enotria, ma qualcuno pronto a ribellarsi a questa situazione c’è, e sta lavorando dietro le quinte per generare un’arma che possa ribaltare lo status quo attuale. Si tratta nientemeno che di Pulcinella, un personaggio che pare essere sfuggito alle logiche imposte dal Canovaccio per creare il Senza Maschera, ossia il protagonista del nostro gioco. Questi è un potente guerriero, dotato di libero arbitrio e capace di assumere qualsiasi ruolo all’interno di quella che sembra essere una versione distorta e corrotta della commedia dell’arte, e soprattutto che è pronto a imbarcarsi in un viaggio alla scoperta del folklore e della tradizione del nostro Paese, riscoprendo l’italianità che difficilmente riusciremmo a trovare in altri prodotti dell’industria videoludica. Con queste premesse inizia il percorso del nostro eroe, alla ricerca di risposte sulla vera natura del Canovaccio e su quali siano le motivazioni che hanno animato il responsabile di tale situazione. L’impianto narrativo in Enotria The Last Song è uno dei punti di forza della produzione in questione, in grado di realizzare un immaginario inquietante e immersivo per i giocatori, il tutto offrendoci un contesto solo apparentemente luminoso e pacifico. La trama eredita sì la struttura criptica dei giochi FromSoftware in cui il racconto viene esposto attraverso le descrizioni degli oggetti e la narrazione, ma la affianca a un utile Compendio, consultabile in qualunque momento e che ci consente di accedere a una sintesi degli avvenimenti salienti e ai dettagli sui personaggi. Di sicuro, dunque, il team di Jyamma è riuscito nel compito non facile di scrivere un racconto intrigante e coeso, impreziosito da una serie di ambientazioni dal gusto estetico davvero ammaliante; almeno sotto questo aspetto, la promessa di adattare la filosofia dei soulslike alle influenze tipiche della tradizione nostrana è stata pienamente mantenuta.
Risvegliati, Senza Maschera…
Ma non ci sono solo luci, e paesaggi splendidamente tetri e affascinanti, in questo titolo. Le ombre si allungano sul comparto tecnico e sul sistema di combattimento, dove in quest’ultimo possiamo notare una selezione di abilità passive, per delineare la propria build, e quattro tecniche attive da inserire in altrettanti slot. Se la decisione di non prestabilire la classe del protagonista è apprezzabile, d’altro canto offrire così tanti dispositivi differenti rischia di lasciare spiazzati anche gli utenti più navigati, e pure senza trasformare all’atto pratico l’esperienza ludica. Se il sistema ci vuole spingere a cambiare costantemente Corredo, per poter sfruttare le debolezze elementali dei nemici e facilitarci nella missione, il problema sorge quando, già dopo pochi minuti di gameplay, ci accorgiamo che si tratta di una funzione di importanza secondaria e che può essere accantonata in favore di un Corredo unico, ben strutturato e potenziato con criterio, utile per arrivare fino alla fine del nostro viaggio in Enotria. I motivi per cui il sistema funziona solo in parte sono principalmente due: il primo riguarda le finestre di attivazione, il secondo sta nella risposta non sempre reattiva del comando di parata. Ci siamo ritrovati spesso a premere più volte il pulsante corrispondente, ottenendo esiti migliori rispetto a quando abbiamo tentato di padroneggiare questa tecnica di combattimento come il sistema avrebbe voluto che facessimo. Ultima nota tecnica, il motore di gioco: al netto di una modellazione poligonale di buona fattura, il framerate non è stato troppo stabile, indipendentemente dalla complessità delle scene mostrate a schermo e dalle situazioni di gioco in cui ci siamo trovati.
Conclusioni
Il soulslike di Jyamma Games regala un’esperienza di gioco con sentimenti contrastanti. Accanto a una trama gradevole e un comparto artistico di tutto punto, l’aspetto più ostico sta nel gameplay non costruito tecnicamente a puntino. Al netto di queste sbavature evidenti, Enotria The Last Song è riuscito per metà, con tanto potenziale inespresso.
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