Visions of Mana

Visions of Mana Recensione V mensile

Il mio cuore ha saltato un battito durante l’introduzione: il gigantesco albero riflesso su uno specchio d’acqua, i fenicotteri che volano via, disturbati dalla presenza degli eroi: la perfetta riproduzione in movimento della cover di Secret of Mana per Super Nintendo. Un intento cristallino: dare seguito alla saga mantenendone le caratteristiche cardine, dopo più di 15 anni dall’ultima avventura. Vision of Mana, l’ultima fatica di Ouka Studios, è il quinto capitolo ufficiale della serie, senza contare spin off e remake vari. L’atmosfera fiabesca è ricreata alla perfezione e l’ambientazione mostra gli umani vivere in simbiosi con la natura, rispettandola e a volte anche adorandola. Ogni elemento ha la sua incarnazione divina, a diretto contatto con gli esseri umani: gli Elementali. Il tono dell’avventura è volutamente leggero, i dialoghi spensierati e poco impegnativi, i panorami splendidi e coloratissimi, con un design, sia dei mostri che dei personaggi, arrotondato e arricchito da un piacevole cel-shading. Le musiche sono leggere e sognanti fanno il loro dovere senza mai rubare la scena. Insomma, tutte le sue sfumature concorrono per renderlo il punto d’ingresso perfetto per la saga, moderno ma in piena continuità con i predecessori.

Visions of Mana
Davvero bella la storia di Morley (una volta ricostruita tutta), una delle porzioni che ho apprezzato di più.

Visions of Mana: un lungo viaggio

La trama ruota attorno al pellegrinaggio, che avviene ogni quattro anni, di un gruppo di persone scelte dagli Elementali per sacrificarsi e nutrire l’Albero del Mana per mantenere la stabilità del mondo. A proteggere i martiri ci sarà Val, insignito del ruolo di Guardia dell’Anima e proveniente dal villaggio del fuoco. Ovviamente questo è solo l’incipit di una storia ben più complessa, che in più di una circostanza assume tinte drammatiche. La trama non mi ha convinto appieno e mostra qualche ingenuità di troppo, ma ho trovato apprezzabile dare centralità alla narrazione in una saga che non ha dato importanza a questo aspetto. Visions of Mana stupisce, costruendo una storia sorprendentemente introspettiva e riflessiva e regalando diversi momenti intensi che toccano temi come l’elaborazione del lutto, la perdita, la banalità del male, il sacrificio personale per un bene superiore e il senso della collettività. Tutto questo in aggiunta ai temi portanti della serie, che tanto devono allo Shintoismo: il sacrificio del singolo per aiutare il prossimo, il rispetto della natura e del culto degli antenati. Non tutto è perfetto, sia chiaro. Oltre ad alcuni sporadici cali di frame rate (non solo nei momenti più concitati), l’esplorazione è infastidita da muri invisibili e spesso viene frustrata da un level design scolastico, nonostante le dimensioni delle locazioni. Tutto è segnalato come punto d’interesse sulle mappe, cosa che svilisce l’esplorazione riducendola a una corsa alla raccolta di quanto segnalato. Sotto il profilo tecnico e nelle scelte di design si poteva fare di meglio, escluso il colpo d’occhio che brilla grazie a una direzione artistica eccellente.

L’utilizzo degli artefatti elementali ci apre strade altrimenti precluse.

Il peso delle scelte

L’esplorazione ha un ruolo centrale nell’avventura e si svolge in mappe vaste che consentono l’utilizzo degli artefatti elementali per aprire passaggi altrimenti inaccessibili. È l’aspetto più riuscito della produzione, che mi ha consentito di perdermi e rilassarmi in un mondo colorato, bellissimo e lontano. Il combat system è un’evoluzione diretta di quello di Trials of Mana: gli scontri si svolgono in tempo reale e sono visibili durante l’esplorazione, con combinazioni che mescolano abilità e magie, utilizzabili tramite shortcut. Non mancano combo aree, salti, schivate, che si aggiungono a tutto il bagaglio classico degli action RPG di matrice nipponica. Il controllo del giocatore sarà sempre focalizzato su un singolo personaggio, intercambiabile in qualunque momento: sarà possibile interrompere l’azione per impartire comandi specifici ai compagni o impostare macro per gestirne il comportamento. In termini di difficoltà, va segnalata la presenza di un selettore modificabile in qualunque momento; a livello normale, l’avventura scorre via senza alcuna difficoltà, rendendo superfluo un sistema di combattimento stratificato e interessante, altamente personalizzabile e che si fonda su debolezze e resistenze elementali; È solo alzando a livello difficile che gli sforzi infusi in una strategia pianificata trovano soddisfazione: a voi la scelta. La durata della campagna principale si attesta sulle 35 ore, ma sono presenti numerosi contenuti extra: boss opzionali, missioni secondarie (semplici fetch quest purtroppo), e persino un capitolo di gioco aggiuntivo post credits. Tutti i dialoghi della quest principale sono doppiati con un buon lavoro, al contrario delle quest secondarie. L’italiano non è presente, né doppiato né come sottotitoli, anche se il livello d’inglese richiesto è davvero basilare.

Visions of Mana
Ed ecco a voi il personaggio più forte del gioco, nonostante l’aspetto.

Conclusioni

Visions of Mana è perfetto per chi volesse avvicinarsi a questa saga, iniziata nel lontano 1991, un’avventura imperfetta ma che è riuscita a risucchiarmi in un mondo da cui non sono riuscito a staccarmi fino alla conclusione, certo che sortirà lo stesso effetto a chiunque decida di incamminarsi verso il gigantesco albero.

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