Ero piuttosto scettico riguardo Star Wars Outlaws fin dall’inizio: il declino percepito della qualità dei prodotti legati a Star Wars, unito alla reputazione recente di Ubisoft, non mi aveva infuso grande fiducia ma, nonostante le dubbiose aspettative, speravo comunque di ritrovarmi una sorpresa tra le mani, come era stato per Jedi: Fallen Order. E invece, le mie preoccupazioni si sono rivelate perlopiù fondate, a scapito di qualche aspetto oggettivamente ben riuscito.
Bene, dovrebbe essere facile
Star Wars Outlaws si propone come un’ambiziosa esplorazione dell’universo di Star Wars, proponendo ai giocatori la possibilità di vivere un’avventura open-world nei panni di un’abile ladra. Il gioco, canonico all’interno della saga, promette di colmare il gap tra l’Episodio V e l’Episodio VI, introducendo una nuova prospettiva sul conflitto tra l’Impero e l’Alleanza Ribelle. Uno degli aspetti più apprezzabili è senza dubbio il suo vasto mondo aperto, grazie al quale potremo esplorare liberamente pianeti, città e ambientazioni iconiche della saga, come Tatooine e Kijimi, interagendo con una varietà di personaggi a cavallo tra missioni cardinali e secondarie. La meccanica della reputazione, che influenza le relazioni con le diverse organizzazioni criminali, aggiunge profondità strategica al gameplay. Tuttavia, nonostante i pregi, il mondo di gioco non è esente da difetti: svariate ambientazioni finiscono per risultare ripetitive e le attività complementari, pur numerose, tendono a diventare monotone dopo essere state riproposte per l’ennesima volta. Inoltre, il sistema di combattimento, sebbene funzionale, non brilla certo per originalità. La trama che funge da collante per le vicende, incentrata sulla ricerca di riscatto della giovane Kay Vess nei confronti di un’organizzazione criminale, è piacevole e ben integrata nell’universo narrativo espanso della saga. I personaggi sono carismatici e gli incarichi principali presentano un buon ritmo narrativo, ma difficilmente raggiungono le vette emotive di altri titoli della saga e non contengono alcuna svolta degna di nota, o quantomeno capace di restare impressa nei ricordi di chi vi assiste. Se non altro, ogni azione compiuta influisce sulla nostra reputazione presso i diversi enti malavitosi: più siamo benvoluti e maggiori sono i vantaggi che otteniamo, come l’accesso a zone riservate, negozi esclusivi e informazioni preziose. È bene comunque ricercare un certo equilibrio tra le alleanze, poiché non possiamo piacere a tutti, e nel mio caso è stata proprio questa “giocoleria” a coinvolgermi più di tutte le altre meccaniche ludiche.
Star Wars Outlaws: la galassia non è un parco giochi, Kay
Il gameplay basilare si focalizza sull’infiltrazione e sul furto. Le meccaniche stealth sono ben implementate, con un arsenale di strumenti a nostra disposizione per superare ogni ostacolo, ma l’accento posto sulle stesse è talmente marcato che, di contro, le possibilità di scontri diretti sono ridotte all’osso e il combattimento viene relegato a opzione secondaria e poco soddisfacente. Possiamo usare il blaster di Kay, ma il sistema di combattimento è piuttosto limitato rispetto alla furtività e l’utilizzo di altre armi pesanti come fucili d’assalto o lanciarazzi annulla tutte le altre abilità di Kay, dunque siamo costretti a raccogliere e lasciare di continuo gli orpelli offensivi più interessanti. Vogliamo lanciare una granata? Prima dobbiamo posare la mitragliatrice che imbracciamo. Vogliamo cambiare arma durante uno scontro? Stessa cosa. Inoltre, i duelli con la pistola di base non sono molto entusiasmanti e il sistema di surriscaldamento è piuttosto semplicistico, mentre i miglioramenti sbloccabili e l’alberatura delle abilità torna di certo utile, ma non abbastanza per aggiungere quel pizzico di necessaria strategia alle sparatorie. Il piccolo alieno che ci accompagna, Nix, è un elemento distintivo del gioco, forse anche troppo, perché la sua costante vicinanza semplifica eccessivamente molte situazioni, che possono essere risolte facendogli compiere una rapida azione contestuale che smorza qualunque desiderio, o speranza, di affrontare sfide degne di tale nome. Il nostro compare possiede un arsenale di abilità sconcertante: può raccogliere oggetti, rubare, individuare i nemici attraverso i muri, distrarli, attaccarli e persino accedere a spazi ristretti. Sulla carta è un’aggiunta che potrebbe tradursi in una diversificazione di approcci, ma in pratica la sua presenza è talmente forzata e dominante da risultare quasi fastidiosa. Per concludere, i difetti di design non risparmiano nemmeno l’open world, che riesce a centrare l’obiettivo quantomeno a livello estetico ma, in termini contenutistici, va di pari passo con la ripetitività dei mandati opzionali, essendo infarcito di zone smisuratamente vuote che sembrano progettate solo per allungare con un espediente la durata dell’avventura. Ho avuto l’opportunità di testare Star Wars Outlaws su Xbox Series X, e posso almeno confermare che il gioco vanta un’esperienza visiva solida e coinvolgente: le ambientazioni e gli scenari, come già detto ispirati in buona parte ai classici lungometraggi della saga, sono ricchi di particolari grandi e piccoli e l’illuminazione contribuisce a creare atmosfere suggestive, soprattutto durante le sequenze notturne, senza che il frame rate si scosti troppo dai 60 fotogrammi al secondo, eccezion fatta per le sequenze d’azione più intense o in presenza di numerosi effetti particellari. Le texture sono generalmente di buona qualità, anche se si nota qualche imprecisione su alcuni dettagli ambientali. Il motore grafico Snowdrop, sviluppato internamente da Ubisoft, dimostra le sue potenzialità nel gestire mondi aperti vasti e complessi, per quanto non riesca a raggiungere l’eccellenza visiva di analoghi più recenti come Unreal Engine 5 o il Decima Engine di Guerrilla Games.
Conclusioni
Star Wars Outlaws soffre di numerosi problemi tecnici e concettuali che inficiano l’esperienza complessiva: l’intelligenza artificiale è limitata, il combattimento è molto carente e il mondo di gioco, pur vasto, risulta spesso vuoto e ripetitivo. Forse soltanto l’estetica e il nome che porta potrebbero renderlo apprezzabile ai fan più sfegatati.
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