Creare un’opera straordinaria è un grande onore, ma anche un grande onere. Con la chiusura del ciclo di Banner Saga, Stoic ha lasciato ai giocatori un’opera non proprio per tutti ma indiscutibilmente straordinaria, dotata di una profondità narrativa che non ha nulla da invidiare ai titoli più blasonati. The Banner Saga ha lasciato il segno nel cuore di coloro i quali ne hanno fatto esperienza, grazie a un comparto creativo dalla fortissima carica emotiva e un gameplay complesso e stratificato. Una volta chiuso questo capitolo, è stato chiaro fin da subito che le aspettative sulla nuova IP del team sarebbero state altissime, ma l’annuncio delle prime caratteristiche del progetto ha lasciato tutti perplessi. Con Towerborne, Stoic è passata da un gioco di ruolo strategico a turni fortemente incentrato sulla componente narrativa a un action-RPG free-to-play che fa del multiplayer uno degli elementi cardine. Un cambiamento quasi traumatico, che dimostra la volontà di non cadere nella trappola del more of the same in cui troppi validi team sono purtroppo finiti. Dopo una lunga serie di immagini, video e interviste, finalmente Stoic ha deciso di lasciar provare Towerborne alla stampa specializzata tramite una ricca demo che é stata seguita poco dopo da un costoso early access su Steam.
Il destino dell’umanità
Senza voler indagare su questa scelta di proporre a pagamento la demo di un titolo che alla sua pubblicazione sarà free to play, cominciamo col chiarire che se in The Banner Saga a tenerci incollati allo schermo erano le storie dei suoi protagonisti mentre il gameplay era qualcosa che richiedeva tempo per essere padroneggiato e, nonostante la pratica, era sempre dietro l’angolo la possibilità di perdere qualcuno dei nostri comprimari preferiti a causa di uno scontro non ben preparato, in Towerborne la situazione è completamente ribaltata. Bastano pochissimi minuti per familiarizzare con il gameplay action del titolo, mentre, nonostante le lunghe ore che ho trascorso vagabondando nelle lande infestate di mostri della Città dei Numeri, non sono riuscita a legarmi emotivamente a nessuno dei personaggi che ho incontrato. La struttura di Towerborne è estremamente semplice: da un lato, abbiamo la colossale torre-città di Belfrey, ultimo baluardo dell’umanità, e unico rifugio sicuro dove la nostra specie può condurre una vita serena, e poi abbiamo il resto del pianeta, popolato da orribili mostri. In queste terre selvagge operano gli Aces, gli unici guerrieri che si oppongono alle creature mostruose e che combattono per liberare (quando possibile) i territori infestati e condurre a Belfry altri superstiti. Ecco, narrativamente, questo è Towerborne, niente di più, niente di meno. Come la trama stessa suggerisce, al centro di tutto c’è la Torre, vero e proprio hub, dove il giocatore e il suo Ace, totalmente personalizzabile, possono migliorare l’equipaggiamento, acquistare nuovi oggetti, avviare missioni secondarie e acquisire missioni ripetibili. Il resto del tempo lo dedichiamo a girovagare per la mappa, combattendo contro i mostri alla ricerca di altri essere umani da salvare.
Search and destroy
La mappa della Città dei Numeri viene gestita dal giocatore su due livelli. Quello macroscopico è composto da esagoni adiacenti che devono essere liberati o conquistati, per poter procedere oltre e raggiungere la destinazione designata. Una volta “entrati” all’interno di un esagono, l’ambiente si presenta come un quadro a scorrimento laterale, dove il giocatore combatte contro i propri avversari procedendo sempre verso destra, in pieno stile beat ‘em up. Oltre agli esagoni di questo tipo ci sono anche esagoni dove è possibile trovare tesori, incontrare PNG con missioni secondarie o, addirittura, boss specifici. Essendo il free roaming il cuore pulsante del titolo, per limitare le libertà assoluta e creare un minimo di struttura, Stoic ha anche escogitato un sistema per impedire ai giocatori di accedere ad aree della mappa troppo complesse, inserendo esagoni che richiedono un livello minimo per l’equipaggiamento o il possesso di una particolare abilità. Dalla descrizione fatta fino ad ora sembrerebbe ridicolo parlare di gioco di ruolo e invece uno degli elementi più interessanti di Towerborne è proprio la gestione delle classi e dell’equipaggiamento. A differenza della maggioranza dei GdR, a determinare la classe del nostro guerriero non è né la sua origine, né il suo skill set, bensì la sua arma. Il grande vantaggio di questo atipico assetto è l’agilità nel cambiare stile di combattimento. Un elemento che si rivela fondamentale non tanto nelle partite in solitaria, quanto nella co-op. In queste fasi, avere un party eterogeneo rende non solo lo scontro più dinamico, ma anche più accessibile, a prescindere dall’abilità dei singoli giocatori.
Nonostante la maggior parte della mia prova sia stata caratterizzata da esplorazioni in solitaria, di certo non la modalità per cui Towerborne è stato pensato, devo ammettere che il gameplay del titolo crea facilmente dipendenza proprio grazie alla sua immediatezza. Resta solo da capire quanto a lungo Stoic riuscirà a nutrire la sua natura free to play con continue aggiunte e novità.
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