Star Wars

Blast from the Past – V mensile: L’Orlo Esterno

Star Wars: Outlaws ci ha trascinato ai margini del conflitto tra Impero e Ribellione, catapultandoci in quel sottobosco galattico popolato da contrabbandieri, mercenari e cacciatori di taglie disposti a tutto pur di trarre profitto dalle circostanze. Esplorati inizialmente in ambito letterario attraverso pubblicazioni canoniche e la più fantasiosa variante “Legends”, gli estremi di questa narrativa underground sono andati via via espandendosi anche in area fumettistica, per poi deflagrare in campo cinematografico e televisivo col varo di tutte le iniziative che Disney continua a sfornare a ritmi serrati. Che la “Galassia Lontana Lontana” ideata da George Lucas prestasse il fianco ad approfondimenti che andassero oltre il manicheistico confronto tra Jedi e Sith, noi gamer l’avevamo tuttavia scoperto molto prima che film come Star Wars: Rogue One o serie quali Andor lo rimarcassero, complici una lunga catena di produzioni volte ad esaltare il valore di tutti quegli eroi senza nome che contribuirono al favorevole esito dello scontro e che ricorderemo in questo viaggio nel famigerato Orlo Esterno.

Feccia ribelle

La parabola del milite ignoto calza come un guanto a qualsiasi guerra, si trattasse persino di un conflitto interplanetario ai confini del cosmo. Per ogni Luke Skywalker sono esistiti almeno cento anonimi valorosi. In ambito videoludico, la celebrazione di questi “gregari” che l’odiosa semantica imperiale ha sempre accorpato sotto la generica definizione di “feccia ribelle”, sarebbe iniziata piuttosto presto beneficiando, almeno in principio, di iniziative commerciali non esattamente limpide. Ci riferiamo al periodo compreso tra il 1977 e il 1981, quando il mercato dei Personal Computer fu invaso da almeno una dozzina di videogame intitolati “Star Wars” che, per quanto privi di alcuna licenza ufficiale, presentavano riferimenti palesi al primo capitolo della classica trilogia cinematografica. Sfruttando dinamiche di gameplay ispirate allo Space War del 1961 e, in seguito, a hit più “moderne” come Space Invaders e Asteroids, detti giochi ci avrebbero visto indossare quasi sempre le tute di indomiti piloti ribelli.

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Angeli supersonici

Se in ambito apocrifo il profilo del milite ignoto era stato già sdoganato da più d’un decennio, i cultori più rigorosi della Saga avrebbero dovuto attendere fino al 1992 l’occasione di interpretare in via ufficiale un eroe che non facesse Solo o Skywalker di cognome. Il riferimento va, stavolta, al funambolico Rookie-One, aviere tanto giovane quanto abile, che rubò la scena a Luke, Han e soci nei due acclamati episodi della mini-serie Rebel Assault (1992-1995, PC). Laser Game zeppi di filmati FMV e pattern d’azione pre-calcolati, detti titoli saranno anche invecchiati malissimo, eppure ci hanno lasciato in dote una verità destinata nel tempo a condurci all’odierno Outlaws: è, ovvero, possibile approcciare l’universo di Star Wars senza coinvolgere necessariamente i rispettivi avatar e le loro imprese. Liberi da questo vincolo, gli autori avrebbero anzi potuto ampliarne l’epica fino a rendere meno marcata quella netta frattura che, nel ciclo originale, separava le forze del Bene da quelle del Male. Sulla base di questo principio, sarebbero sorte alcune tra le produzioni a tema più amate dai gamer degli anni ’90. Inquadrando ancora una volta nella figura del pilota il proprio fulcro Star Wars: X-Wing (1993, PC), Star Wars: Tie Fighter (1994, PC) e il sontuoso Star Wars: X-Wing Vs. Tie Fighter (1997, PC) non si limitarono ad offrire una rappresentazione convincente delle pittoresche battaglie tra caccia stellari, ma riuscirono a spingersi oltre, concedendo all’utente l’opportunità di schierarsi dalla parte dell’Impero, con tutte le implicazioni etiche che ciò comportasse. Fu proprio allora che alcuni scoprirono il fascino del vivere gli estremi del conflitto da punti di vista opposti ed è sempre in virtù di quella svolta che, col passare degli anni, il pubblico maturò esigenze sempre più sofisticate sia in termini di soggettistica che di narrazione. Prima che dette aspettative si concretizzassero in produzioni rivolte ai simpatizzanti dell’Impero, vi sarebbe stato comunque spazio per prodotti volti ad esplorare ulteriori dimensioni degli scontri aerei tra le fazioni in campo. Sul finire degli anni ’90, il team tedesco dei Factor 5 avrebbe varato con Star Wars: Rogue Squadron 3D (1998, N64) una trilogia di grande impatto che trovò il proprio apice sui circuiti del Game Cube. Attraverso Star Wars: Rogue Squadron II – Rogue Leader (2001) i reduci dalle precedenti incursioni aeree avrebbero scoperto il piacere di solcare i cieli dei più noti panorami galattici ad un ritmo arcade più sostenuto, salvo poi assaporare, nel successivo Star Wars: Rogue Squadron III – Rebel Strike (2003), l’amaro gusto delle operazioni di fanteria.

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Fanteria dello spazio

Come suggerito da Rebel Strike, la guerra tra Impero e Ribelli non si consumò unicamente tra le stelle, ma anche sui tasselli di un immane scacchiere geologico in grado di estendersi dall’accidentato suolo di pianeti lontani agli gli asettici corridoi delle fortezze imperiali. In questo contesto, la figura del pilota avrebbe lasciato così spazio al soldato semplice. Distribuito nel pieno della prima età aurea degli FPS, Star Wars: Dark Forces (1995, PC) piegò con successo la struttura di un super classico come Doom alle esigenze di questo canovaccio. Mattatore assoluto dell’avventura fu Kyle Katarn, un personaggio dal background turbolento che l’aveva visto passare da ex ufficiale imperiale a mercenario e infine a miliziano ribelle nel giro di poche, sfiancanti mesate. Il successo riscosso da questa produzione si concretizzò rapidamente in Dark Forces II: Jedi Knight sequel altrettanto valido sotto il punto di vista tecnico, ma la scelta di attribuire al succitato eroe latenti abilità Jedi, finì inevitabilmente per sottrarre al tutto un pizzico di attrattiva. Un conto era, del resto, affrontare le truppe imperiali a colpi di blaster, ben altra cosa risultava invece farlo potendo fare appello ai poteri della Forza. A prescindere dalla svolta mistica impressa al franchise e dalla sua susseguente chiusura, la volontà di approfondire ulteriormente gli aspetti caratterizzanti il fronte terrestre della guerra sarebbe germogliata nel varo di nuovi progetti a tema. Se IP come Star Wars: Rebellion (1998, PC), Star Wars: Force Commander (2000, PC) e Star Wars: Galactic Battlesquadrons (2001, PC) strizzarono l’occhio alla sfera RTS proponendo dinamiche di gioco molto più strategiche, altri preferirono sfruttare l’hype della seconda trilogia cinematografica (gli Episodi I, II e II) per offrire al pubblico una rappresentazione più omogenea del conflitto che, sulla falsariga di Rebel Strike, alternasse combattimenti aerei a scontri terrestri di varia scala. Fu questo il caso di Star Wars: Episode I – Battle for Naboo (2000, N64) e dei ben più celebrati episodi della mini-serie Star Wars: Battlefront (2004, PC – 2005, PS2): un meltin’ pot bellico dalla marcata identità multiplayer che offriva la possibilità di vivere alcuni tra i momenti topici della nuova Saga scegliendo con disinvoltura quale causa sposare e che ruolo rivestire. Dovendo in ogni caso indicare un titolo che possa vantare il merito di aver inquadrato la pura essenza della vita da soldato nell’universo di Star Wars, punteremmo in ogni caso i riflettori su Star Wars: Republic Commando. Distribuito nel 2005 in solo formato X-Box ed incentrato sulle avventure di un quartetto di Cloni al servizio della Repubblica, questa produzione avrebbe infatti brillato per prestazioni tecniche e profondità tattica, andando a chiudere il cerchio intorno ad un’esperienza FPS persino superiore a quella proposta tra il 2016 e il 2017 dai due, contestati revival di Battlefront.

La seduzione del Lato Oscuro

Col passare degli anni il numero di giocatori interessati a vivere la Star Wars Experience dal punto di vista dell’Impero è andato aumentando, tanto da spingere i molteplici licenziatari del brand a realizzare prodotti che potessero in qualche modo assecondare detta esigenza. In analogia con quanto avvenuto per i titoli dedicati alla “manovalanza” ribelle, anche questo filone trovò, in ogni caso, le proprie origini in ambito non ufficiale: nel lontano 1981, i possessori di Atari 8-Bit provarono infatti l’ebbrezza di sedersi ai comandi del mastodontico AT-AT per far strage di ribelli in quel di Imperial Walker. A raccogliere l’ufficiale eredità lasciata sul campo dal succitato Star Wars: Tie Fighter sarebbero quindi subentrati, tra gli altri, l’RTS Star Wars: Empire at War pubblicato nel 2006 in ambito PC o il meno noto Star Wars: Imperial Ace (2006, J2ME) il quale ci avrebbe visti seduti nel cockpit di un caccia Tie nell’ambito di un coraggioso TPS. Altri validi esempi di celebrazione imperiale sarebbero infine emersi nel già citato Battlefront II del 2005 e da classici senza tempo come i due capitoli di Kinghts of the Old Republic (2003 – 2004, X-Box/PC) e la più controversa mini-serie The Force Unleashed (2008 – 2008). Pur riportando l’eterna sfida tra Forza e Lato Oscuro al centro delle rispettive trame, queste escursioni nelle frange imperiali ci avrebbero permesso di analizzarne la dottrina da un punto di vista meno fazioso, spingendoci talvolta a trovare persino “ragionevoli” alcune rivendicazioni dell’Imperatore. Allo stesso tempo, ci si sarebbe accorti del fatto che sotto le rigide corazze della milizia ordinaria si celassero spesso e volentieri combattenti simili in tutto e per tutto agli odiati ribelli: pedine sacrificabili di una faida al di fuori della loro portata e ben al di là della rispettiva sfera di comprensione.

Vita da Outsider

Quando una galassia delle dimensioni volute da George Lucas viene sconvolta da una guerra globale, la faccenda non può interessare soltanto piloti, cadetti, soldati e ufficiali. Che si trattasse della Guerra dei Cloni o del più epico scontro tra Impero e Forze Ribelli, ogni singolo essere vivente ne sarebbe rimasto coinvolto. Al netto delle povere vittime, miliardi di individui semplicemente travolti dagli eventi, molte figure dal passato nebuloso e la scorza dura sarebbero però riuscite a prosperare, tanto da arrivare spesso e volentieri a fungere da ago della bilancia in molte battaglie campali. Stiamo chiaramente parlando di cinici mercenari, spietati cacciatori di taglie e loschi tagliagole e avanzi di galera che funsero da protagonisti o comprimari di progetti piuttosto apprezzati. Se validi action-game come Star Wars: Bounty Hunter (2004, PS2) e Star Wars: Lethal Alliance (2006, PSP/DS) riuscirono rispettivamente ad omaggiare un personaggio cult come Jango Fett e a lanciare nello stardom galattico l’agguerrita rogue Twi’lek Rianna Saren, altrettanto intrigati si rivelarono, ad esempio, le incursioni nel torbido mondo delle corse clandestine. Ne sanno qualcosa i cultori della miniserie Star Wars: Racer (1998-2002, N64/PS2/Dreamcast) che si candidò come credibile rivale per hit di genere quali Wipe-Out ed F-Zero o magari i pochi, ma stoici reduci di Star Wars: Demolition (2000, PSX), i quali ebbero il coraggio di portarsi a casa questo clone di Vigilante 8 in salsa stellare!

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Galassia, maledetta galassia

Il nostro viaggio nella sfera underground della Star Wars Mithology non può che concludersi ai cancelli di un regno abbandonato, entro i cui confini ogni cultore della Saga avrebbe dovuto trovare il proprio Eden. Questa triste distesa desertica, che un tempo sembrava destinata a veder sorgere floride civiltà, porta il nome di Star Wars Galaxies: An Empire Divided e langue tutt’oggi alla deriva del cosmo, avvolta da un silenzio zuppo di amari rimpianti. Concepito come universo online persistente, l’MMORPG varato da Lucasarts e Sony Entertainment nel 2003 presentava, almeno sulla carta, tutti gli elementi in grado di assicurargli un futuro prospero: al di là dell’impareggiabile appeal del brand, il gioco beneficiava infatti di un’ambientazione tanto vasta quanto eterogena che ben si adattava al modello di gameplay proposto all’epoca da titoli affini. Grazie all’implementazione di un sistema di creazione del personaggio altrettanto articolato, sarebbe stato altresì possibile assumere identità e ruoli d’ogni tipo, con conseguente libertà di scegliere a quale fazione aderire. Pur incorporando tutto ciò che un fan di Star Wars avesse sempre sognato, gli 8 anni di sopravvivenza della piattaforma si rivelarono alquanto tribolati. Dopo l’iniziale entusiasmo, il milione di giocatori che aveva aderito al Day One sarebbe andato difatti incontro ad un rapido decremento che le tre espansioni rilasciate nei due anni successivi riuscirono ad arginare solo in parte. Sul fallimento del progetto, a cui Lucasarts staccò definitivamente la spina nel dicembre del 2011, si è detto e scritto di tutto. Secondo alcuni, escludere la figura dello Jedi dagli archetipi di creazione personaggio fu, ad esempio, un pessimo biglietto da visita. Mentre altri puntarono il dito contro il tardivo implemento di veicoli e velivoli utilizzabili, molti ebbero invece da ridire sia sulle complesse dinamiche di livellamento che sull’inefficacia del sistema di combattimento. L’iniziale presenza di soli 10 pianeti esplorabili finì per fare dunque il resto, conferendo all’intera operazione un profondo senso di incompiutezza.

Col senno di poi, è difficile resistere alla tentazione di inquadrate Galaxies come un progetto giunto sul mercato nel momento storico sbagliato: all’inizio degli anni 2000, la sfera MMORPG era del resto acerba e le risorse tecniche ancora inadatte a sostenere ambizioni tanto elevate. Anche se non siamo in grado di assicurare che, se fosse nata ai giorni nostri, l’iniziativa avrebbe avuto esito diverso, possiamo senz’altro ipotizzare che i tempi potrebbero essere ora maturi per considerare l’idea di un revival. Fino ad allora, proveremo in ogni caso a farci bastare IP come Outlaws ed eventuali declinazioni future…

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V MENSILE
V007 Mensile
Attivamente Impegnato nel settore editoriale dal 2003, ha scritto per le più note riviste videoludiche italiane, concentrandosi spesso nell'area Retrogaming. Dopo aver pubblicato il saggio Storia delle Avventure Grafiche: l’Eredità Sierra, svolge ruolo di docente presso l’Università degli Studi Link Campus di Roma in collaborazione con la Vigamus Academy rivestendo, in parallelo, la carica di Vice Direttore del mensile multipiattaforma V.