A cura di Federica Farace ed Emiliano Caruso
Negli ultimi anni, l’Europa si è costruita un ruolo sempre più importante nel settore videoludico, ormai non più dominato soltanto da America e Giappone. I motivi, come vedremo, sono vari. Ma in questa crescita è impossibile non sottolineare l’importanza della Gamescom di Colonia, in Germania. Iniziata nel 2009 per volontà della Bundesverband Interaktive Unterhaltungssoftware (in inglese Federal Association of Interactive Entertainment Software), l’associazione federale del software interattivo per l’intrattenimento, nacque come sostituta della Games Convention di Lipsia. Pensata inizialmente per mantenere attivo il mercato videoludico tedesco, con il passare degli anni la Gamescom ha acquisito sempre più importanza fino a diventare la principale fiera del settore, soprattutto dopo la chiusura della storica E3, sostituita, solo nominalmente, dal Summer Game Festival. Da sempre si svolge nelle sale della Koelnmesse, un’enorme (230.000 mq di superficie) e ben organizzata struttura in grado di accogliere e generare quelli che ormai sono diventati grossi numeri. L’edizione di quest’anno anno ha visto la presenza di 1.400 espositori (quasi 200 in più rispetto al 2023) provenienti da 63 paesi, il 75% dall’estero e 335.000 visitatori provenienti da 120 paesi. Ormai anche i colossi dell’intrattenimento non videoludico si affidano alla Gamescom per annunciare i loro prodotti. Come Netflix, che ha approfittato della convention negli ultimi anni per presentare fenomeni di massa come Stranger Things e La casa di carta. Presenze che hanno portato ormai la Germania a detenere la leadership globale nel settore espositivo videoludico. Oltre all’ottima organizzazione, tra i motivi del successo della convention tedesca, utilizzata principalmente dagli sviluppatori per presentare le loro opere e le piattaforme videoludiche, ci sono la grande varietà del materiale presentato, il numero degli espositori e l’alto livello di coinvolgimento nei confronti dei visitatori: non solo conferenze, trailer e annunci, ma anche la possibilità di provare personalmente i vari titoli.
Devcom, International Games Week e le altre
A conferma del ruolo di primo piano che la Germania ricopre in questo settore, la convention di Colonia, pur essendo l’evento videoludico più importante, non è l’unico. Sempre negli edifici della Koelnmesse si svolge infatti anche la Devcom, sorta di anticamera della gamescom organizzata principalmente per sviluppatori e professionisti dell’ambiente videoludico. I dati dell’edizione di quest’anno (dal 18 al 21 agosto) riportano non pochi record: oltre 5.000 partecipanti, con un incremento del 45% rispetto al 2023, di cui 1.300 figure professionali e 350 relatori divisi in 1.660 aziende. Numeri che hanno confermato la Devcom come la più grande conferenza europea nel settore e la seconda a livello globale. Più o meno dello stesso genere, ovvero riservata ai professionisti, è il Gamescom Congress, che in questa edizione del 22 agosto ha visto la partecipazione di 150 esperti mondiali che si sono dati il cambio in 70 sessioni, davanti a 900 ospiti. Una tale presenza è stata possibile grazie al trasferimento della manifestazione nel nuovo centro congressi Confex, sempre negli edifici della Koelnmesse, sottolineando ancora una volta la sua posizione di conferenza leader a livello mondiale sulle potenzialità del settore. La caratteristica principale del Gamescom Congress è quella di utilizzare esempi pratici per dimostrare come la cultura, l’economia, la scienza e la società possono trarre vantaggio dalla forza innovativa dei titoli videoludici. In particolare, i temi dell’edizione di quest’anno, concentrati su “Giochi e intelligenza artificiale” e “Giochi e democrazia”, sono stati molto vari, passando dall’uso dei giochi nei viaggi spaziali, all’industria automobilistica e alla politica estera fino al rafforzamento dell’istruzione e alla protezione del clima.
Ma, anche limitandoci alla sola Germania, gli eventi sono ancora più numerosi. La capitale Berlino ospita infatti l’International Games Week, uno degli eventi più attesi sia dagli sviluppatori che dal pubblico. In genere si svolge nell’arco di una settimana, e una delle ultime edizioni ha generato anche una serie di ulteriori eventi dedicati, tra cui la Game Development & Business Conference QUO VADIS, il festival indipendente di videogiochi A MAZE. / Berlin, l’evento Gamefest, il VIP Matchmaking Dinner, l’Opening Breakfast e il Womenize!, un programma dedicato alla questione di genere nei titoli videoludici. Tra gli scopi di questi eventi, a conferma di come il settore si sia ormai esteso all’ambito socio-culturale, ci sono anche tematiche sociali come l’Hate Speech, la salute mentale, la sessualità, la diversità e l’inclusività.
L’Europa dei grandi numeri
Allargando il discorso al Vecchio continente, l’evoluzione del settore videoludico ha portato anche allo sviluppo di titoli non più considerati come semplici prodotti di intrattenimento, ma in grado di coinvolgere vari campi: dalla medicina all’educazione, dalla guida nei musei fino a varie forme d’arte e arrivando persino all’addestramento militare, segnando così la nascita di un’industria oggi considerata tra le più redditizie in Europa. Secondo una ricerca dell’European Video Games Society, commissionato dalla DG CNECT e intrapresa dalle società di consulenza Ecorys e KEA, nel solo 2022 il settore nel Vecchio continente ha raggiunto un fatturato di 24,5 miliardi di euro, con un incremento del 5% rispetto all’anno precedente e superando largamente i 21,6 miliardi generati nel 2019. Un gigante economico in grado di generare profitti persino superiori a quelli della musica digitale e dei video on-demand combinati, con un notevole impatto anche dal punto di vista sociale e culturale. Dalla ricerca, tra l’altro, sono emersi dati interessanti, oltre a quelli finanziari: la metà della popolazione europea, in una fascia di età tra i 6 e i 65 anni, gioca regolarmente a titoli videoludici e il settore impiega 74.000 persone, divise in 5.000 aziende. Numeri che, insieme alla pubblicazione di molti titoli eccellenti, hanno portato a un riconoscimento importante: nel novembre del 2023 il Consiglio Europeo ha approvato ufficialmente dei documenti sul rafforzamento della dimensione culturale e creativa del settore videoludico. Una cosa impensabile fino a una ventina di anni fa. Secondo l’associazione di settore Video Games Europe, tale crescita è legata anche alla diversificazione delle piattaforme, molto più vasta rispetto al mercato degli anni ’80 e ’90 fa, dominato in gran parte da Nintendo, Sega, Atari e Commodore. Oggi le console coprono solo il 42% dei proventi derivati da titoli videoludici, e una percentuale identica dei profitti è collegata al mercato dei dispositivi mobili. Un settore, quest’ultimo, in rapida crescita grazie a dispositivi sempre più potenti che consentono esperienze realistiche. Quel che rimane è diviso tra il 13% del PC e il 3% delle piattaforme digitali e dei servizi streaming.
Un’evoluzione lunga 40 anni
In realtà, il Vecchio continente ha una storia videoludica con radici lontane. Basti pensare che, già negli anni ’80, erano già attive varie aziende importanti come le francesi Ubisoft e Infogrames. Ma negli ultimi anni il mercato si è esteso a quasi ogni paese europeo, coinvolgendo ultimamente, e in modo massivo, anche l’est Europa, come vedremo più avanti. Non parliamo solo di titoli tripla A, come il Baldur’s Gate 3 dell’azienda belga Larian Studios, Alan Wake 2 della finlandese Remedy o i titoli della polacca CD Projekt RED, ma di migliaia di piccole e medie aziende (il 70% delle quali ha meno di 10 dipendenti) che, pur con qualche difficoltà, coprono una buona fetta di mercato, affidandosi principalmente al settore dei cellulari. A livello di finanziamenti la strada è ancora lunga. Per fare un esempio, i programmi Horizon Europe e Creative Europe hanno stanziato, insieme, 6 milioni di dollari per l’innovazione del settore videoludico. Ben poca cosa, specialmente in confronto ai miliardi di introiti generati in totale nel settore videoludico europeo. Ma è un buon inizio, anche grazie alle azioni individuali intraprese dai singoli stati. Pur non potendo rivaleggiare ancora con colossi di questo settore, l’Europa sta quindi creando un suo robusto mercato, grazie soprattutto all’asse Francia, Germania e paesi dell’est.
Il potere teutonico
Come la Francia, anche la Germania era attiva nel settore videoludico già negli anni ’80, grazie ad aziende come Rainbow Arts e Factor 5. Ma, a partire dai primi anni del 2000, ha avuto una netta crescita nel settore grazie a titoli come Lords Of The Fallen e le saghe di Gothic, Deponia e Sacred. Secondo le ricerche della German Games Industry Association, sulla base dei dati raccolti da gamesmap.de, nel paese sono attive più di 700 aziende videoludiche, la maggior parte (circa 200) con sede a Berlino. È un mercato in continua crescita, che attira sempre più sviluppatori, specialisti qualificati e talenti da tutto il mondo. Molte aziende oggi scelgono Berlino come trampolino di lancio, dal momento che la capitale tedesca offre visibilità a livello internazionale (grazie soprattutto alla gamescom) e ottime opportunità di formazione e confronto per i professionisti, in un mercato locale che fattura più di 250 milioni di euro all’anno e impiega circa 28.000 dipendenti. Un settore che ormai non coinvolge solo il lato dell’intrattenimento, ma anche quello artistico, creativo e culturale, ospitando sedi e succursali di aziende come Ubisoft, Wooga, Bigpoint, GameDuell, Epic Games e Riot Games. Anche qui la diversificazione delle piattaforme ha aiutato gli sviluppatori.
La rivoluzione che viene dall’Est
Tra i paesi che si sono ritagliati un ruolo recente nell’ambiente videoludico, un discorso a parte va fatto per quelli dell’est europeo che solo di recente, a causa del regime comunista dell’Unione Sovietica (che vietava qualsiasi forma di importazione e capitalismo) hanno potuto affacciarsi in questo settore. Tra questi paesi spiccano in particolare gli sviluppatori polacchi e rumeni, che da soli hanno un fatturato di quasi 4 miliardi di euro all’anno. Tra l’altro, il basso costo della manodopera locale ha convinto molte aziende importanti, tra cui Ubisoft, King, Bandai Namco ed Electronic Arts, ad aprire varie succursali in Romania, alimentando ulteriormente lo sviluppo locale del settore. Al punto che il ministro delle Comunicazioni e dell’Informazione Petru Bogdan Cojocaru ha stanziato 94 milioni per le aziende rumene attive nei campi tecnologici e videoludici. Ma se in tale ambito la Romania è ancora agli inizi e senza una vera, grossa azienda di riferimento, ben diverso è il discorso della Polonia, dove sono attive 80 piccole e medie aziende (molte delle quali riunite all’interno della Romanian Game Developers Association) in grado di sviluppare titoli eccellenti e di successo internazionale come Dying Light e This War Of Mine. Senza trascurare i contributi di Techland, 11 Bit Studio e Flying Wild Dog, la maggior parte del fatturato nel settore videoludico polacco proviene da CD Projekt RED. Nonostante abbia sviluppato pochi titoli, l’azienda (nata come divisione di CD Projekt, che si occupa solo di tradurre titoli stranieri per il mercato polacco) è riuscita a ritagliarsi un ruolo importante nel mercato mondiale grazie Cyberpunk 2077 e alla saga di The Witcher, il cui successo ha spinto altre aziende e paesi dell’est europeo ad entrare nel settore. Spostandoci di poco, al confine con la Polonia, c’è un altro paese che da pochi anni si sta affacciando sempre più in questo ambiente, al punto che lo stesso Governo si è reso conto di come il settore possa essere benefico per l’economia nazionale: la Lituania. Non ha ancora raggiunto grandi numeri: parliamo 2.700 dipendenti divisi un centinaio di aziende. Alcune locali, come Nordcurrent, altre estere che hanno scelto Vilnius per estendere il proprio mercato, come la bielorussa Wargaming e l’americana Unity Technologies, che in Lituania ha inaugurato degli uffici dedicati allo sviluppo del motore grafico che porta il suo nome. Nonostante sia ancora giovane in questo mercato, il paese ospita quattro università che formano nuovi talenti nel settore videoludico e, da ormai 15 anni, ha una sua fiera del settore, la DevGamm. Inaugurata in Ucraina, poi spostata a Vilnius in seguito al conflitto tra Mosca e Kiev, la convention venne inizialmente creata con lo scopo di far incontrare i professionisti dell’industria videoludica dei paesi baltici, e si è poi evoluta fino a diventare una sorta di Gamescom locale in grado di attirare anche finanziamenti esteri e offrire opportunità di impiego: una delle caratteristiche della fiera, infatti, è quella di esporre centinaia di offerte di lavoro nel settore videoludico in bacheche sparse per le sale.
Ottime prospettive future
Alla luce della pur parziale panoramica fatta finora, è innegabile che l’ambiente videoludico rappresenti ormai una parte importante del quadro culturale europeo. Dai primi tentativi degli anni ’80, che riguardavano il solo scopo dell’intrattenimento, in questi ultimi anni il settore si è evoluto fino a includere altri aspetti, come quello educativo, terapeutico e artistico, impiegando decine di migliaia di figure professionali e generando profitti miliardari. Al punto che ormai anche i singoli Governi hanno iniziato a capirne l’importanza. Gran parte del merito deriva dalla gamescom, ormai diventato l’evento più importante del settore, che ha portato l’Europa a raggiungere un ruolo di primo piano nell’ambiente videoludico. Ma gli ottimi progressi vengono anche da una sempre maggiore presenza di aziende di sviluppo, di figure altamente professionali e dal coinvolgimento, in alcuni casi, degli stessi Governi. È un palcoscenico in cui alcuni attori, come Francia e Germania, hanno un ruolo di primo piano. Altri faticano ad emergere, mentre altri ancora, come i paesi dell’est Europa, in pochi anni hanno saputo ritagliarsi una fetta importante di mercato e promettono bene per il futuro. Qualche difficoltà c’è ancora: il 40% degli sviluppatori ha difficoltà nel reclutamento del personale specializzato, e buona parte del mercato è coperta da grosse aziende in genere ubicate al di fuori dell’Unione europea. La strada da fare è quindi ancora lunga, soprattutto per quel che riguarda i finanziamenti alle aziende di alcuni paesi, tra cui l’Italia, ma le premesse che l’Europa riesca a diventare uno dei colossi mondiali del settore videoludico ci sono tutte.
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