Dall’alba al tramonto: Meta stronca Ready at Dawn

La chiusura di Ready at Dawn, avvenuta all’inizio di questo torrido agosto, è un campanello d’allarme che echeggia nel vasto panorama della realtà virtuale. Dietro questa notizia, si nasconde una verità più profonda: il futuro di questa tecnologia è intrinsecamente legato alle sfide e alle promesse del Metaverso, un universo digitale che promette di rivoluzionare il modo in cui viviamo, lavoriamo e interagiamo.

Il sogno di vedere un sequel per The Order: 1886 degno di tale nome sembra essersi definitivamente infranto.

La fine di un’era

Nato nel 2003 da un gruppo di veterani dell’industria videoludica, Ready at Dawn aveva conquistato il pubblico dapprima con vari spin off di God of War per la prima console portatile Sony, e poi con titoli controversi ma memorabili come The Order: 1886 e la serie Echo per Meta Quest. L’acquisizione da parte di Oculus Studios nel 2020 sembrava destinare lo studio a un futuro roseo, ma le turbolenze interne a Meta hanno stravolto i piani. La decisione di Meta è legata alla volontà di ridimensionare la divisione Reality Labs, responsabile dello sviluppo dei visori VR e delle esperienze immersive. I tagli al budget e la necessità di ottenere risultati più rapidi hanno portato alla chiusura di diversi progetti e, di conseguenza, alla liquidazione di alcuni studi. La chiusura di Ready at Dawn solleva diversi interrogativi sul futuro della realtà virtuale e, più in generale, del Metaverso, l’ambizioso progetto di Zuckerberg che punta a creare un universo digitale interconnesso. Se da un lato Meta continua a investire in questa tecnologia, dall’altro i ripetuti tagli e le difficoltà nel trovare un modello di business sostenibile gettano ombre sull’intero settore: quest’ultimo è un passo fondamentale che attende ancora di essere compiuto, poiché consentirebbe alle aziende di investire in ricerca e sviluppo e di offrire contenuti di qualità agli utenti. Le sfide in tal senso sono numerose, dato che il costo dei visori VR è ancora elevato per molti consumatori, e il catalogo di giochi e applicazioni disponibili è limitato. Inoltre, la creazione di contenuti VR richiede competenze specializzate e finanziamenti significativi. Per superare queste sfide, sarà necessario esplorare nuove forme di monetizzazione, come gli abbonamenti, la pubblicità mirata e la vendita di oggetti virtuali. Sarà inoltre fondamentale creare ecosistemi aperti e collaborativi, che consentano agli sviluppatori di creare contenuti innovativi e di distribuirli facilmente. Ma le sfide non si limitano all’aspetto economico. La realtà virtuale solleva anche importanti questioni etiche e sociali. Come proteggere la privacy degli utenti in un mondo virtuale sempre più invasivo? Quali saranno le conseguenze psicologiche di una vita sempre più immersa nella realtà virtuale? E come evitare che il Metaverso diventi uno strumento di manipolazione e disinformazione? Tutte domande ancora in cerca di risposte, mentre Ready at Dawn è solo l’ultimo tassello di un puzzle che dipinge un quadro piuttosto desolante del mercato videoludico. L’industria, un tempo florida e in costante crescita, continua da anni a navigare in acque turbolente. La pandemia, con il suo boom iniziale seguito da un brusco calo delle vendite, ha accelerato un processo di ridimensionamento che stiamo continuando a monitorare sulle nostre pagine, e che purtroppo non accenna a fermarsi.

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Gioca da quando ha messo per la prima volta gli occhi sul suo Commodore 64 e da allora fa poco altro, nonostante porti avanti un lavoro di facciata per procurarsi il cibo. Per lui i giochi si dividono in due grandi categorie: belli e brutti. Prima che iniziasse a sfogliare le riviste del settore erano tutti belli, in realtà, poi gli è stato insegnato che non poteva divertirsi anche con certe ciofeche invereconde. A quel punto, ha smesso di leggere.