Tralasciando la citazione da boomer nel titolo, concedetemi di parlare un attimo del gargantuesco elefante verde nella stanza, ovvero il prezzo dei giochi AAA che, negli ultimi anni, è salito a 70 euro. Tale aumento non sarebbe un problema, se la maggior parte dei blockbuster videoludici fossero all’altezza dello stesso. Ma, ammettiamolo, solo pochissimi riescono a giustificare il sovrapprezzo, un dato decisamente poco lusinghiero per l’industria AAA. Se aggiungiamo che tante produzioni dal budget elevato vengono rilasciate incomplete e piene di bug, solo per venire abbandonate poco dopo il lancio, la situazione assume tinte molto fosche.
Non è un segreto che i giocatori stiano gradualmente perdendo interesse per il settore tripla A proprio a causa di queste circostanze. Di contro, molti dei titoli recenti più apprezzati non arrivano nemmeno a costare i fatidici 70 euro: il popolare Baldur’s Gate 3 è prezzato a 59, mentre Helldivers 2 solo 39. Eppure, malgrado tutto, la macchina del marketing ingannevole, basata su promesse non mantenute piuttosto che sul gioco stesso, continua a funzionare. Microsoft presentò Redfall come imperdibile, dopo un periodo di siccità per il catalogo Xbox. I trailer artificiosi mostravano un gameplay promettente e privo di intoppi, la reputazione di Arkane era robusta e il costo “premium” sembrava giustificato. Dopodiché, è andata come tutti sappiamo, e Redfall è passato dalla sesta posizione dei top seller di Steam a scomparire da qualsiasi classifica nel giro di una manciata di giorni. Oggi il suo prezzo base è stato dimezzato e quasi tutte le mirabolanti caratteristiche da implementare sono andate perdute nel tempo, come lacrime nella pioggia: se fosse stato venduto così fin dall’inizio, credo comunque che l’utenza sarebbe stata più indulgente e, forse, Arkane Austin avrebbe avuto più margine per continuare a lavorarci anziché venire definitivamente sciolta.
Altro elemento negativo è l’inclusione delle microtransazioni negli AAA venduti a prezzo pieno: anche se si tratta di oggetti cosmetici, ci si aspetterebbe che il pagamento di una cifra simile consenta la loro acquisizione in-game senza esborsi aggiuntivi. Titoli come Helldivers 2, di nuovo, sono esempi di come integrare questo modello di business senza alcuna caratteristica predatoria. I pochi giochi AAA privi di microtransazioni sono considerati addirittura virtuosi, quando in realtà dovrebbe diventare prassi comune escluderle del tutto a fronte di un prezzo di base così elevato, fattore che potrebbe peraltro renderlo più tollerabile agli occhi degli acquirenti.
Per amor di chiarezza, la mia non vuole essere una crociata contro i 70 euro richiesti dalle produzioni AAA: anzi, la crescente inflazione probabilmente comporterà ulteriori aumenti negli anni a venire. Il punto fondamentale è che diversi titoli di un certo calibro, come ad esempio Red Dead Redemption 2, hanno saputo meritarsi un prezzo elevato offrendo persino più di quanto promesso, ma una buona parte dei giochi odierni ad alto budget non riesce a legittimare in maniera sensata il proprio costo.
Da consumatori, l’unica cosa che possiamo fare è “protestare col portafogli” e provare a invertire il trend, facendo capire agli editori che non siamo più disposti a tollerare l’acquisto di prodotti costosi, incompleti e farciti di microtransazioni, perché questa è l’unica lingua che molti di loro comprendono bene.
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