Volgarr the Viking II

Volgarr the Viking II Recensione V mensile

Graditissimo ritorno quello del re dei barbari, il possente e inarrestabile Volgarr. Dopo undici anni dalla sua prima apparizione, impugna nuovamente la spada e, più feroce che mai, lo troviamo pronto ad affrontare nuove insidie della mitologia norrena nelle innevate terre nordiche.

Volgarr che sta per trasformare in sushi Davy Jones.

Il ritorno della leggenda

Come il suo predecessore, Volgarr the Viking II trova il suo punto di forza nella difficoltà estrema, quell’hardcore succulento tipico dei giochi da sala anni ’80-’90. Guarda i souls e ride. Guarda i souls e pensa “che giochetti per ragazzini”. Immaginate un Rastan o un ActRaiser, ma anche un Ghosts ‘n Goblins. Se ti toccano, muori. Se hai l’armatura e ti toccano due volte, muori. Se hai tutti gli upgrade possibili e immaginabili ma cadi in un buco, muori. E quando muori, devi rifare il livello da capo. Niente upgrade, solo mutande di peluche e spada, un po’ come i Manowar. A differenza del primo capitolo, però, Digital Eclipse ha avuto un po’ di pietà (molto umani…) per il giocatore moderno. Ed ecco che ci sono dei checkpoint intermedi, che puoi prendere a mazzate per renderli inefficaci se vuoi rimanere “true till death”. C’è anche una modalità zombie, che scatta in automatico quando muori troppe volte. Il gioco si stufa della tua inettitudine, rendendoti immortale (si fa per dire). Volgarr riemerge da Helheim con la pelle di colore verde marcio e gli attacchi dei mostri, a questo punto, non gli fanno più danno, ma le buche senza fondo non risparmiano nessuno. Ovviamente, per chi decidesse di proseguire da non morto, il finale non sarà mai quello giusto. Ma chi può dire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Alla fine, Volgarr II ti dà la possibilità di scegliere come affrontare l’avventura. Sta a te decidere se essere un vero uomo del nord o una mammoletta col moccio al naso. Il gameplay è drittissimo, senza troppi fronzoli, specie il combattimento, proprio come in un arcade vecchia scuola. Per proseguire tra i vari livelli è necessaria una buona dose di riflessi e una ancor più buona memoria. Chi dimentica è perduto. Conoscere il livello nei minimi dettagli, con tutte le sequenze platform e i pattern dei nemici, è fondamentale per la riuscita dell’impresa. Si muore tanto, ma morendo s’impara. Ed è proprio così che Volgarr II ti sprona ad andare avanti. Quando porti a termine un livello, non è perché te l’ha lasciato fare il gioco, ma perché te lo sei guadagnato e la soddisfazione è immensa. Tecnicamente, Volgarr the Viking II si potrebbe finire in poche ore. In pratica, con un catalogo di mostri variegato e di tutto rispetto e i suoi mega boss che definire impegnativi è assolutamente riduttivo, vi terrà impegnati per lungo tempo, specie se volete vedere tutti i finali.

Volgarr the Viking II
Volgarr che prende a mazzate un albero, perché da quelle parti gli alberi sono persone orribili.

Conclusioni

Crazy Viking Studio con il supporto di Digital Eclipse ha preso il gioco del 2013 e ne ha migliorato ogni aspetto, dalla pixel art raffinatissima all’epica colonna sonora. Violento, feroce e punitivo ma nel modo giusto, Volgarr II è tutto ciò che si può volere da un sequel.

Leggilo gratis in versione impaginata e sfogliabile sul numero 4 di V – il mensile di critica videoludica