Ryan Reynolds ce l’ha fatta: ha “riesumato” Hugh Jackman, convincendolo a rivestire i panni di Wolverine. Un’impresa notevole, considerando che l’attore australiano aveva deciso di abbandonare il personaggio nel lontano 2017, anno dell’uscita dell’ottimo Logan. Superando ogni ostacolo, queste due celebrità sono riuscite a convincere il presidente dei Marvel Studios, Kevin Feige, a dare vita a un crossover storico: Deadpool & Wolverine. Per realizzare questa attesissima idea, è stato coinvolto il regista Shawn Levy, noto per pellicole come Una notte al museo e Free Guy – Eroe per gioco. Il risultato? Circa due ore di fanservice che intratterranno sicuramente i fan, ma che non aggiungono nulla di nuovo al mondo del cinema.
Deadpool & Wolverine, un accoppiamento tardivo
Il mondo cinematografico Marvel è un gran casino. Negli ultimi 25 anni, si è spalmato tra tre grandi aziende poco propense a tollerarsi reciprocamente: Disney, Sony e 20th Century Fox. Disney ha notoriamente sviluppato ciò che viene comunemente riconosciuto come l’Universo Cinematografico Marvel (MCU), Sony è riuscita a mantenere la presa su tutto ciò che riguarda Spider-Man, mentre Fox si è accaparrata gli X-Men, i Fantastici 4 e Deadpool. Negli ultimi anni, però, la faccenda è stata complicata da joint venture, acquisizioni e multiversi vari.
A livello cinematografico, Deadpool e Wolverine non erano destinati a incontrarsi successivamente a X-Men le origini – Wolverine, ancor più perché, nel canone, Wolverine si è sacrificato in maniera dolce e altruistica, risolvendo il suo arco narrativo con un epilogo che è uno dei punti più alti del cinema Marvel. Eppure, proprio la morte di Wolverine risulta essere l’elemento scatenante dell’intero film: muovendo una meta-critica nei confronti della vendibilità del brand, Deadpool & Wolverine rivela che la dipartita del personaggio si sia tradotta nell’annichilimento dell’universo Marvel fondato dalla 20th Century Fox. In pratica, la pellicola dice chiaramente che gli X-Men e i marchi associati non valgono niente, senza Wolverine. Si tratta della prima di molte, moltissime battute che sfondano la quarta parete.
Nel tentativo di salvare i propri amici dall’estinzione, Deadpool decide dunque di esplorare il multiverso alla ricerca di un Wolverine che possa sostituire l’originale, un disperato tentativo che ambisce a ribilanciare alla bene e meglio gli equilibri cosmici. Questo incipit solleva un dubbio immediato: come può la pellicola esplorare questo crossover senza svilire la potenza dell’epilogo di Logan? È una domanda che si pone lo stesso Deadpool, il quale, in pochi attimi, si rassegna al fatto che un sequel non possa trattare con rispetto quel film e accetta che sia legittimo dissacrarlo senza remora alcuna. Deadpool, con il suo caratteristico humor, non esita a commentare la situazione paradossale in cui si trova, offrendo al pubblico una riflessione sulle dinamiche di mercato che vorrebbe essere ironica, ma che giunge estremamente forzata, nel momento in cui ci si ricorda che Ryan Reynolds è co-autore e co-produttore della pellicola.
Memorie passate e pareti sfondate
Deadpool & Wolverine è, fondamentalmente, una collezione di camei, citazionismo e battute sulle erezioni maschili, il cui ritmo incessante diventa tanto intenso da essere estenuante. I trailer avevano sornionamente suggerito che la pellicola avrebbe in qualche modo posto fine alla scellerata tendenza Disney-Marvel di puntare su multiversi, battute autoreferenziali e buonismo infantilizzante, che Deadpool sarebbe stato il “messia”, il “Gesù Cristo” che avrebbe salvato dall’irrilevanza l’MCU. Ebbene, i trailer hanno mentito: Deadpool & Wolverine è l’apoteosi di tutti i lati cancrenosi di quell’MCU di cui avrebbe dovuto essere l’antidoto. L’unica differenza è che ci scherza costantemente sopra.
Gran parte delle gag presenti nel girato sono rimandi ai fumetti, alla cultura pop e all’intero spettro dell’universo cinematografico Marvel. Raramente le battute si appoggiano agli spunti di trama offerti dalla pellicola stessa. Se non sapete che il Wolverine del fumetto è alto 1,60 m, che Hugh Jackman è famoso per i suoi ruoli nei musical o che Chris Evans ha interpretato molteplici ruoli supereroistici, non avete a disposizione i mezzi per comprendere appieno le infinite inside joke.
Di fatto, Deadpool & Wolverine è nato come un progetto amicale tra Reynolds e Jackman, un presupposto che è a suo modo estremamente tenero, ma che avrebbe avuto un disperato bisogno di una forte guida autoriale, la quale è drammaticamente latitante. Per stessa ammissione del regista Shawn Levy, la stesura del copione è nata da un brainstorming in cui lui e i due attori hanno accumulato idee sciocche e dissacranti per il puro gusto di vedere fin dove potevano spingersi prima di irritare la Disney; peccato che Kevin Feige se ne sia lavato le mani, concedendo loro carta bianca. Il risultato è un film che sembra più una lunga serie di sketch di varietà cuciti insieme piuttosto che una narrazione coesa. Questo può divertire i fan sfegatati e coloro che amano l’umorismo di Deadpool, ma lascia molto a desiderare per chi cerca una storia strutturata o un’evoluzione significativa dei personaggi. La promessa di rompere con le convenzioni dell’MCU si traduce solo in un’ulteriore saturazione degli stessi elementi che ormai stancano una parte del pubblico.
Una rimpatriata dolceamara
Complice questa dimensione conviviale, guardare Deadpool & Wolverine è un po’ come partecipare a una rimpatriata di vecchi amici del liceo. Ci si diverte senza pensare troppo, si parla liberamente di eventi passati e si rievocano aneddoti divertenti che, tuttavia, risultano incomprensibili a chi non li ha vissuti in prima persona. Se si riesce a insinuarsi nella complicità di questa esperienza, si può certamente trarre un certo piacere dalla serata, ma nel complesso l’esperienza non può che risultare sterile e poco memorabile.
Nel film, Deadpool è peraltro nel pieno di una crisi di mezza età, è in cerca di uno scopo, un aspetto ulteriormente enfatizzato dal fatto che il copione sottolinea costantemente che gli attori coinvolti non sono più dei ragazzini, ma che sono comunque condannati a mettersi in costume “fino a novant’anni”. A questo si aggiunge una colonna sonora che attinge da una gamma musicale che passa dagli Nsync a Madonna, cementando ulteriormente la sensazione di avere a che fare con un film che è stato scritto da soggetti che guardano con nostalgia alla propria infanzia, crogiolandosi in un cringe-humor che appare più autocelebrativo che genuino. Si tratta di un inno d’amore e disperazione che cerca il cameratismo dei Millennial, ma che offre loro pochi contenuti e molta forma.
Anche i combattimenti non riescono a essere pienamente soddisfacenti. Le coreografie sono spettacolari e la violenza è squisitamente esagerata, tuttavia questi elementi contano poco quando si è consapevoli che i due protagonisti sono praticamente immortali. Non c’è tensione o pathos, Deadpool e Wolverine si limitano a eliminare chiunque osi ostacolarli. Peggio ancora, alcuni dei duelli più attesi dal pubblico vengono risolti in un battibaleno, disonorando i personaggi in favore di una sovversione delle aspettative. L’ennesima battuta leggera che prende forma a danno dei fan.
Quel che c’è di buono in Deadpool & Wolverine
Deadpool & Wolverine è gravato da molti difetti e non potrà certamente aspirare ad avvicinarsi a lungometraggi fumettistici quali i Batman di Tim Burton, il Sin City di Robert Rodriguez o lo Scott Pilgrim vs. the World di Edgar Wright. Tuttavia, questo non significa che il film non possa divertire e intrattenere. Come ben sappiamo, il fanservice non solo vende, ma piace anche molto. Vedere Wolverine finalmente indossare la sua uniforme è innegabilmente entusiasmante, così come lo è imbattersi in volti vecchi e dimenticati che riemergono inaspettatamente dal canone espanso.
Le battute possono occasionalmente strappare un sorriso, magari anche una risata, tuttavia la comicità presentata dal copione è perlopiù ancorata a una consapevolezza profonda del materiale trattato. Per valorizzarne al meglio le potenzialità, è necessario possedere una cultura cinematografica profonda o, cosa più verosimile, essere cresciuti per trent’anni con i prodotti filmici della Marvel. Anche tenendo conto di queste premesse, lo humor non si spinge mai verso vette particolarmente alte. Deadpool & Wolverine rappresenta più che altro un “guilty pleasure” nello stile di Land of the Lost che un lungometraggio capace di raddrizzare davvero le contorte sorti dell’MCU.
A livello tecnico, però, vale la pena rendere onore all’ottima Emma Corrin, che interpreta l’antagonista Cassandra Nova. Dopo un’infinità di villain femminili deludenti, la Marvel è riuscita finalmente a presentare una cattiva che, per trama e interpretazione, riesce a essere sinceramente inquietante. Corrin intavola un personaggio che è allo stesso tempo glaciale, ironico ed estremamente sadico, una creatura talmente dissociata dall’umanità da essere ineffabile e imperscrutabile, cosa che la rende inquietantemente imprevedibile. Basti sapere che nel tratteggiare il suo personaggio, Corrin si è ispirata al colonnello nazista Hans Landa interpretato dal magistrale Christoph Waltz in Bastardi senza gloria.
Nel 2018, il The Wall Street Journal aveva recensito Deadpool 2 definendolo “strapieno ed essenzialmente vuoto”. Sembra che Deadpool & Wolverine abbia preso quel commento a cuore, trasformandolo in una sorta di guida. Questo nuovo capitolo è traboccante di riferimenti, citazioni, ammiccamenti e battute infantili, di una violenza gratuita che non conduce da nessuna parte. Inoltre, il film non risparmia critiche a un sistema del quale fa però ipocritamente parte. Deadpool & Wolverine non è l’opera rivoluzionaria che prometteva di essere. Al contrario, si rivela semplicemente come un prodotto progettato per strappare qualche risata e attimo di entusiasmo ai fan, ben consapevole del fatto che sarà presto dimenticato dalla storia del cinema.
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