L’accesso anticipato di Dragon is Dead, promettente roguelite a scorrimento orizzontale, è iniziato il 6 giugno. L’ambientazione dark fantasy richiama immediatamente The Last Faith o Symphony of the Night, prendendo elementi da Diablo, con esecuzioni cruente in pixel art in stile Blasphemous. Il gameplay invece ricalca fedelmente quanto visto in Dead Cells. L’uscita è prevista per il primo quarto del 2025: c’è tempo per limare e perfezionare quanto fatto, tempo per ritoccare, bilanciare e sistemare un impianto di gioco che già ora crea dipendenza. Si inizia col botto: il “Successore” arriva nella città di Cliffshire, o quel che ne rimane. A seguito di una gigantesca invasione demoniaca, la città è ridotta a un cumulo di macerie, teatro di un massacro. Cadaveri e frattaglie ovunque sottolineano la mancata tempestività d’ arrivo sul campo di battaglia, ritardo che sarà prontamente sottolineato dal mercenario Duvane, uno dei pochi superstiti. Ci viene subito fatto notare quanto l’Ordine della Luce sia disperato ad ingaggiarci, manifestando un evidente disprezzo e apostrofandoci come un abominio in grado di manipolare le rune, considerato alla stregua di un demone. A mali estremi, estremi rimedi.
Dragon is Dead: repetita iuvant
È così che si parte, con tante domande, nessuna risposta e un solo obiettivo: morire. Il sistema di progressione è infatti pensato per aprirsi man mano che si resuscita: non tutto sopravvive alla morte, ma quello che resta nel giro di qualche run farà la differenza e vi aprirà le porte ai vari potenziamenti inizialmente preclusi. Nuovi personaggi e mercanti ci permetteranno pian piano di investire le nostre risorse in potenziamenti permanenti di vario genere, da alchimisti in grado di aumentare le cure a disposizione, passando per armaioli e mercanti di artefatti. Tutto concorre ad agevolare il tentativo successivo. Progredendo, saranno numerosi gli elementi gradualmente aggiunti: un albero di abilità simil Diablo IV, un sistema di tesori che permette di scegliere tra diverse ricompense, il sistema di sinergie degli artefatti, i bonus ottenuti dalle armi leggendarie. Tutti questi elementi andranno accordati per massimizzarne l’efficacia e permettervi di fare almeno un passo in più. Le combinazioni sono davvero tante ed è molto divertente sperimentare. Anche la conoscenza del giocatore è fondamentale: la distanza e la tattica corretta per ogni nemico e sfruttare appieno l’albero delle abilità in sinergia con gli artefatti. Non vi sto descrivendo nulla di nuovo, lo so, ma è curioso come un impianto di gioco così classico e senza particolari novità funzioni così bene. Una formuletta semplice che, volendo banalizzare, è fatta di run veloci in cui vi lancerete di testa contro lo stesso muro più e più volte, sperando ogni volta che sia quella buona. Funziona così dannatamente bene che vi ritroverete in men che non si dica esterrefatti a guardare i raggi dell’alba filtrare dalle tapparelle, lo dico per esperienza diretta. Piccole cose, ritocchi.
La morte ti fa bello
I roguelite fatti bene sono così, un’immersione in apnea dopo una lunga fase preparatoria: fatta di studio delle statistiche e raffronti, per capire quale abilità funziona meglio con gli artefatti trovati e con le armi raccolte. In questo, Dragon Is Dead ha fatto bene i compiti e fornisce un sistema chiaro che, però, ad ogni progresso si divertirà a mescolare le carte, aggiungendone sempre di nuove e privandoci delle certezze acquisite. Quando avevo finalmente deciso come impostare il mio “Successore,” pronto a tentare di procedere nella storia, sono stato messo di fronte alla scelta di cambiare personaggio. Tutto diverso: abilità, attacchi, tutto da valutare daccapo. Errore di sistema. Si riparte da capo. La sperimentazione paga, perché le scelte, quando ponderate a dovere, restituiscono risultati tangibili e danno tanta soddisfazione. Tuttavia, ci sono alcune note dolenti. Le armi tutte mostrano il medesimo attacco a schermo; cambiano solo la velocità d’esecuzione e danno. Che si tratti di un pugnale o di un’ascia a due mani, l’impatto visivo è identico. L’unica modifica possibile all’attacco è grazie all’uso di armi leggendarie che offrono una singola variante, il che risulta troppo elementare e limitante. Anche la risposta ai comandi soffre di un lieve input lag, che però non rovina l’esperienza complessiva, facilmente riscontrabile negli attacchi aerei. Inoltre, le run sono ancora troppo dipendenti dai drop ottenuti e dalla fortuna; sebbene esista già la possibilità di reroll dei bottini, sarebbe utile abbassarne ulteriormente il costo per dare un’opzione in più al giocatore. Alcune animazioni risultano legnose, contrastando con una qualità generale più che buona. Le musiche, pur essendo un buon accompagnamento, mancano di incisività e non riescono a distinguersi come potrebbero. In buona sostanza, Dragon is Dead è un progetto che seguirò con attenzione in attesa della sua versione definitiva, una creatura che ha un potenziale davvero elevato e che ha tutto il tempo di essere corretto e bilanciato a dovere. La roadmap promette di aggiungere ancora materiale, personaggi e capitoli di gioco. Sinceramente, non vedo l’ora.
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